Orlando: «Saviano no agli insulti, nè alle valutazioni culturali e morali dell’interlocutore»
Replica del vicesegretario del Pd alle accuse lanciate dallo scrittore a Nicola Zingaretti e al partito
«Sono un ammiratore di Saviano, l’ho sempre difeso quando per il suo impegno civile è stato aggredito. L’ammiro per il suo coraggio, per ciò che ha scritto e per come lo ha scritto, senza stereotipi e luoghi comuni. Non posso dire altrettanto dello stile delle sue considerazioni politiche. Ieri ha mandato “a cagare” un partito politico e il suo segretario perché non lo aggradano. Oggi copre di insulti un ministro dello stesso partito perché si permette di difendere una comunità politica dai suoi insulti». Lo scrive su Facebook il vicesegretario del Pd Andrea Orlando.
«Gli insulti sono peraltro singolari. Non so, infatti, se al tempo della disintermediazione e della post democrazia dire che uno è “il più accreditato garante dei potentati dc” abbia ancora un qualche nesso con qualche fenomenologia esistente. Non so nemmeno, alla luce dell’esito non proprio esaltante della cosiddetta seconda repubblica, se si possa considerare un insulto il riferimento alla Dc. Lo dico io che democristiano non sono mai stato. Ma non sono tanto gli insulti, che ormai sono norma, a colpirmi. Quello però che mi sorprende di più – prosegue Orlando – è che Saviano si produce in esercizio che ha brillantemente descritto in molte occasioni. E soprattutto subito.Non si limita, infatti, a replicare agli argomenti altrui. Si incarica di valutare se in ragione di requisiti morali, culturali, curriculari l’interlocutore abbia titolo appunto ad interloquire».
«Saviano sa dove porta questa china. E speriamo che in futuro si sottragga. Sì Saviano, non abbiamo risolto tutto, c’è ancora molto da fare. Il Pd in Parlamento ha poco più del 10% dei seggi, ma raccoglie il 90% per cento degli strali. Degli avversari, ca va sans dire. Degli “amici” opinionisti, perché si “poteva fare di più” e che nella fattispecie ci indicano la via della toilette, mentre siamo impegnati in una campagna elettorale niente male, per difendere anche le ragioni di chi la pensa come Saviano. Per fortuna ci sono tante persone che si sono accorte che un anno fa eravamo a Visegrad e ora siamo in Europa dove dobbiamo stare, aiutando l’Unione a cambiare. Basterebbe alzare un poco il capo per guardare che cosa è toccato a chi ha dovuto affrontare il virus sotto la conduzione della destra. Questo non cancella i limiti ma questo non può essere cancellato neppure dalla più indignata critica. Saviano può permettersi il lusso di non tener conto delle condizioni date. Forse l’Italia no» conclude Orlando.
(La Stampa)