9 Novembre, 2024
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Assunzione dei farmaci: quella per via orale 

“Basta un poco di zucchero e la pillola va giù…” Non per tutti, viene da precisare. Ci sono persone, infatti, per le quali ingoiare le compresse è complicato, se non del tutto impossibile. Non sono soltanto i bambini ad avere difficoltà, spesso anche gli adulti non riescono proprio a deglutirle. La via orale, in generale, rappresenta la via di somministrazione più pratica, economica e sicura per assumere un farmaco, ma non è così accessibile per coloro che hanno difficoltà a ingoiare, per i pazienti scarsamente disposti a cooperare. Oppure nei momenti in cui questa via di assunzione risulta impraticabile in presenza di vomito o diarrea. Il professor Andrea Gazzaniga, professore Ordinario, Facoltà di Farmacia, Università degli Studi di Milano ci spiega come regolarsi per unire praticità ed efficacia nel consumo dei medicinali prescritti dal medico curante.

 

Soluzioni orali, compresse effervescenti o bustine?

 

«Andrebbe sempre ricercato il consiglio del medico o del farmacista perché si deve fare attenzione alla possibilità che il cambio di formulazione comporti anche un cambio di modalità di rilascio. Non deve, per esempio, in nessun caso essere consentito un passaggio automatico da una forma di dosaggio a pronto rilascio ad una a rilascio prolungato. In ogni caso si deve far riferimento al foglietto illustrativo del medicinale che riporta questo tipo di informazioni».

 

Se il farmaco è disponibile in capsule, si possono aprire e scioglierne  il contenuto in acqua?

 

«Questa è un’operazione che potrebbe essere in linea di principio accettabile. E’ da evitare nel caso in cui l’involucro della capsula non sia immediatamente solubile in ambiente acquoso e abbia una sua specifica funzionalità. Una possibilità piuttosto remota, ma che non può essere esclusa (per esempio capsule gastroresistenti)».

 

Che differenza passa fra una bustina e una compressa effervescente?

 

«Da un punto di vista biofarmaceutico non dovrebbero esserci differenze, ci si aspetta che quantità di farmaco assorbita e velocità di assorbimento siano comparabili».

 

Pastiglie che si sciolgono in bocca oppure nell’acqua di un bicchiere: è la stessa cosa?

 

«Dal punto di vista della biodisponibilità, a parità di caratteristiche fisiche del principio attivo, non ci dovrebbero essere differenze significative, si può presumere che l’effetto farmacologico sia comparabile».

 

Se il farmaco è disponibile solo in compresse, si possono frantumare?

 

«Solo nel caso si tratti di compresse a pronto rilascio, questa operazione non deve essere assolutamente applicata per compresse a rilascio modificato. Il riferimento ancora una volta è il foglietto illustrativo. L’assunzione di queste forme dopo triturazione comporta grandi rischi di effetti collaterali dovute al raggiungimento di concentrazioni plasmatiche superiori a quelle comunemente tollerate. Grande attenzione andrebbe posta anche alle compresse gastroresistenti, la loro frammentazione potrebbe portare a inefficacia del prodotto e/o anche a importanti reazioni avverse. In ogni caso, per medicinali diversi da quelli  da banco, ogni eventuale manipolazione degli stessi va sottoposta al giudizio del medico che li ha prescritti».

 

Per chi non può o non riesce ad ingoiare, meglio ripiegare su una formulazione liquida o in supposta?

 

«E’ una opzione accettabile solo nel caso si tratti di medicinali da banco facendo comunque attenzione al dosaggio. La biodisponibilità e quindi la dose utile per l’effetto terapeutico può essere funzione anche della via di somministrazione».

 

Formulazioni liquide, sciroppo o gocce: per quanto tempo sono efficaci dopo l’apertura?

 

«Non è possibile alcuna generalizzazione. Ogni medicinale ha un suo specifico profilo di stabilità: gli unici riferimenti attendibili sono quelli relativi alla data di scadenza riportata sulla confezione e alle condizioni di conservazione che si possono trovare nel foglietto illustrativo».

(La Stampa)

 

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