Una croce bianca, sopra una data e un nome di donna “ma questa non è la mia tomba, è quella di mio figlio”. Una storia assurda quella raccontata da una donna su Facebook in un post a cui affida la sua rabbia e il suo sgomento nell’aver scoperto che dopo un’interruzione terapeutica di gravidanza, pur avendo precisato di non volere né le esequie né la sepoltura del feto, questi invece ha avuto sepoltura nel cimitero Flaminio di Roma con una croce su cui è stato iscritto il nome della madre. Un post al quale la donna allega la foto, amara e macabra, della croce col sopra il suo nome e la data dell’interruzione di gravidanza.
Il racconto
“Nel momento in cui firmai tutti i fogli relativi alla mia interruzione terapeutica di gravidanza, mi chiesero: “Vuole procedere lei con esequie e sepoltura?”. Risposi che non volevo procedere – ricorda la donna – Dopo circa sette mesi ritirai il referto istologico, e pensando ai vari articoli sulle assurdità su sepolture di prodotti del concepimento, ebbi un dubbio. Decisi di chiamare la struttura nella quale avevo abortito e di contattare la camera mortuaria”.
Dopo avere fornito il suo nome e cognome la donna scopre che pur non avendo dato nessun consenso il feto avrà sepoltura. “Mi dissero al telefono: ‘Stia tranquilla anche se lei non ha firmato per la sepoltura, il feto verrà comunque seppellito per beneficenza: avrà un suo posto con una sua croce e lo troverà con il suo nome'”, racconta la donna ricostruendo il momento in cui scopre che sulla croce c’è il suo di nome essendo il figlio “nato morto e dunque mai registrato”.
“È tutto scandalosamente assurdo, la mia privacy è stata violata – conclude la donna – … Il campo in questione del cimitero Flaminio di Roma è pieno di croci con nomi e cognomi femminili. Ci tengo a dire che, nonostante tutto, non dimenticherò mai l’umanità e la gentilezza del personale della camera mortuaria che ha seguito la mia vicenda per mesi”.
Cirinnà: “Questa diventa violenza”
“Ogni donna ha il diritto di scegliere se e come portare avanti una gravidanza. E ogni donna che abortisce, a prescindere dalla ragione per cui lo fa, deve avere il diritto di decidere il destino del feto. C’è chi sceglie, liberamente, di seppellirlo. Ed è una decisione che va rispettata. Ma non può essere una procedura automatica e imposta a tutte, senza comunicazione, senza richiesta, senza consenso. Perché questa diventa violenza. E vedere il proprio nome stampato sulla croce di un feto è una evidente violazione della privacy. Come a dire a tutti: “La signora ha abortito”, ha commentato su Facebook la senatrice Pd Monica Cirinnà. “Questo non è accettabile. Gli attacchi alla libertà delle donne riguardo alla scelta di diventare o non diventare madri arrivano ormai da ogni parte, continuamente. La 194 minata da piccole, silenziose, ma insidiose procedure come questa. L’accesso alla RU486 messo in discussione con un uso strumentale della “salute della donna”. A oltre 40 anni dall’affermazione della libertà di scelta delle donne, si sta tentando di rimettere tutto in discussione. Non lo permetteremo”.
(La Repubblica)