24 Novembre, 2024
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I sondaggi danno in calo Lega e Forza Italia e un nuovo record per la Meloni

Supermedia AGI/YouTrend: in crescita M5s e Fratelli d’Italia che sfiora il 16%. Lieve crescita del centrodestra: 48,5%

 

Passato il voto del 20 e 21 settembre, sono tornati – finalmente – i sondaggi sulle intenzioni di voto. E torna così anche la nostra Supermedia, che dopo la pausa estiva aveva potuto essere aggiornata solo per una breve apparizione a inizio settembre prima della nuova interruzione, stavolta imposta dal “blackout” previsto dalla legge nelle settimane che precedono elezioni di rilievo nazionale.

I dati di oggi fanno riferimento a 4 sondaggi, realizzati da altrettanti istituti e usciti nei giorni successivi al voto referendario (e regionale). Il confronto va fatto quindi sulla Supermedia dello scorso 3 settembre, quasi esattamente un mese fa: rispetto ad allora, la Lega perde mezzo punto, scendendo al 24,7% e vedendo ridursi a meno di 5 punti il suo vantaggio sul Partito Democratico, che rimane quasi esattamente dov’era (20,1%). Crescono invece sia il Movimento 5 Stelle (+0,6%) sia soprattutto Fratelli d’Italia, che fa un balzo di quasi un punto portandosi al ridosso del 16% e facendo segnare il suo nuovo record.

 

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A Flourish chart

Più staccata Forza Italia, che vede un rimbalzo verso il basso (-0,5%), mentre alle sue spalle si riporta Italia Viva che risale sopra il 3% (+0,2%) superando Azione di Calenda (-0,3%) e la Sinistra. Il dato di quest’ultima è da approfondire: l’arretramento di oggi (-0,7%) è infatti probabilmente un ritorno alla normalità dopo il dato – anomalo – di un mese fa, piuttosto che il segnale di una vera e propria perdita di consensi.

 

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Questa variabilità a livello di liste si traduce però in una sostanziale staticità dei rapporti di forza a livello aggregato. L’area giallo-rossa di Governo (PD-M5S-IV-Sinistra) rimane infatti esattamente dov’era un mese fa, al 42,6%. Cresce leggermente l’area di centrodestra (+0,3%), che ora ha un vantaggio di quasi 6 punti percentuali.

 

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Il vantaggio del centrodestra è ancora più ampio se consideriamo le coalizioni formato 2018: sono oltre 20 i punti di vantaggio su quella che fu la coalizione di centrosinistra che due anni e mezzo fa si raccolse intorno al PD (all’epoca guidato ancora da Matteo Renzi).

Se ci fermassimo a questi dati, potremmo pensare ad una situazione sostanzialmente immobile. Eppure, allargando lo sguardo alle tendenze di lungo periodo, possiamo notare come vi siano oggi meno di 9 punti tra il primo partito (la Lega) e il quarto (FDI). Un anno fa, i due partiti erano separati da ben 25 punti. Ancora all’inizio di quest’anno, i punti di distacco erano 20. Il consenso politico nel nostro Paese è dunque tutt’ora in pieno movimento, anche se l’emergenza Covid ha certamente “congelato” la situazione per qualche mese.

 

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Siamo ormai abituati, all’indomani delle elezioni, a commentare dei dati da cui risulta evidente un effetto “bandwagon” che premia il vincitore “percepito” e talvolta penalizza – in modo speculare – chi viene invece visto come sconfitto. Proviamo allora a leggere i dati di oggi con questa lente. Il calo della Lega non sorprende: Salvini aveva puntato molto sulla Toscana, sperando di strappare un’importante regione rossa al PD con la sua candidata Susanna Ceccardi. Obiettivo fallito, così come era fallito l’assalto all’Emilia-Romagna di Lucia Borgonzoni lo scorso gennaio. La (straripante) vittoria di Zaia in Veneto e quella di Giovanni Toti (ex forzista “filo salviniano”) in Liguria non bastano a compensare un bilancio che per la Lega di Salvini è piuttosto deludente, soprattutto alla luce delle aspettative della vigilia. Altrettanto poco sorprendente è il “boom” di Fratelli d’Italia: nell’unica regione passata dal centrosinistra al centrodestra (le Marche) il candidato presidente era infatti di FDI, che in generale ha fatto bene in tutte le regioni facendo segnare quasi ovunque un aumento in termini di voti assoluti rispetto alle Europee dello scorso anno.

Che questa sia la percezione degli elettori lo conferma un sondaggio Ipsos presentato la scorsa settimana a “Di Martedì”: a poche ore dalla pubblicazione dei risultati, solo il 25% degli intervistati dichiarava che la “sfida” Zingaretti-Salvini era stata vinta dal leader leghista (contro il 32% che indicava il segretario democratico), mentre nella sfida tra Giorgia Meloni e Luigi Di Maio la leader di FDI risultava vincitrice per ben il 54% del campione contro il 18% che invece indicava il Ministro degli Esteri (autore di una conferenza stampa in cui rivendicava la vittoria del Sì al referendum costituzionale come un successo personale). Nello stesso sondaggio, il “derby” Salvini-Meloni per la leadership del centrodestra vedeva un ulteriore successo della seconda, indicata dal 29% contro il 25% del primo.

Molti osservatori e analisti hanno parlato di un governo Conte uscito rafforzato dall’esito del voto nel suo complesso. È questa anche l’opinione della maggioranza degli italiani, ben il 68% secondo l’istituto Demopolis. Al punto che, nonostante le insistenti voci della vigilia, la maggioranza degli italiani non ritiene opportuno un rimpasto in seno all’esecutivo: 37% i favorevoli, 44% i contrari secondo un sondaggio Euromedia. Secondo lo stesso sondaggio, quasi 4 italiani su 10 (38,6%) ritengono che questo esecutivo sia ormai destinato a durare fino alla scadenza naturale della legislatura, nel 2023.

Al netto dell’esito delle Regionali che avrebbe messo al sicuro il Governo l’altro grande risultato del voto del 20 e 21 settembre è stata però l’approvazione della riforma costituzionale che ha ridotto i parlamentari da 945 a 600. Riforma che ora, in base agli accordi tra PD e M5S, dovrà essere seguita da una serie di “correttivi”, primo di tutti una nuova legge elettorale. Su questo punto, però, le opinioni degli italiani non sembrano sposare i desiderata della maggioranza giallo-rossa, che ha già messo in cantiere un progetto di legge di impianto proporzionale, il cosiddetto “Brescellum”. Forse anche a causa delle recenti elezioni regionali, dove chi prende un voto in più diventa Presidente, il 51,5% degli italiani intervistati da Euromedia dichiara che preferirebbe un sistema maggioritario, mentre meno della metà (24,6%) gradirebbe maggiormente un sistema proporzionale. Anche – ma non solo – a causa di questi numeri, la ricerca di un accordo sui suddetti “correttivi” da parte della maggioranza potrebbe rivelarsi più ostica del previsto.

NOTA: La Supermedia YouTrend/Agi è una media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto, realizzati dal 16 al 30 settembre dagli istituti Demopolis, Ipsos, SWG e Tecnè. La ponderazione è stata effettuata il giorno 1° ottobre sulla base della consistenza campionaria, della data di realizzazione e del metodo di raccolta dei dati. La nota metodologica dettagliata di ciascun sondaggio considerato è disponibile sul sito ufficiale www.sondaggipoliticoelettorali.it.

(Agi)

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