18 Luglio, 2024
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Tivoli, trasfusioni di sangue a testimone di Geova contro la sua volontà,

Medico condannato. E’ il secondo in Italia

La denuncia dei familiari di una donna poi deceduta. Il sanitario scelse di ignorare le disposizioni della paziente per tentare di salvarle la vita

Ha fatto delle trasfusioni di sangue a una paziente di 36 anni testimone di Geova, contro la volontà della donna, e dopo essere stato denunciato un medico dell’ospedale di Tivoli è ora stato condannato dal giudice del locale Tribunale, Chiara Pulicati, a due mesi di reclusione, con sospensione condizionale della pena, per violenza privata.

Si tratta della seconda sentenza del genere emessa in Italia e pronunciata tre giorni prima che il reato andasse prescritto. L’imputato è stato inoltre anche condannato a pagare un risarcimento danni ai familiari della paziente, il marito e i genitori, che si sono costituiti parte civile. I fatti risalgono al 2013. Michela, una 36enne di Montelanico, piccolo centro della provincia di Roma, venne ricoverata all’ospedale di Colleferro e poi trasferita d’urgenza a quello di Tivoli per una grave insufficienza respiratoria.

La donna venne messa in coma farmacologico, una situazione gravissima, e le vennero fatte cinque trasfusioni di sangue. La paziente nelle Dat, le Disposizioni anticipate di trattamento, confermate anche dall’amministratore di sostegno che aveva designato e che era stato nominato dal giudice tutelare di Velletri per far rispettare la sua volontà, aveva però specificato di non voler essere sottoposta a emotrasfusioni.

Dopo l’ultima trasfusione la paziente morì e ora per il medico, che scelse di ignorare le volontà della donna e fare comunque tutto quello che riteneva opportuno per provare a salvare una vita, è arrivata la condanna. I Testimoni di Geova sostengono che la sentenza conferma “la centralità del diritto all’autodeterminazione terapeutica” sancito dalla stessa Costituzione, e chiarisce che, “anche se il paziente è incosciente, trascurare le sue volontà espresse tramite Dat e oltretutto ribadite dall’amministratore di sostegno espone il medico a una condanna penale”. Una condanna che segue quella emessa per fatti analoghi nel 2018 in Sicilia, dal Tribunale di Termini Imerese, ai danni di un chirurgo

(La Repubblica)

 

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