Il vaccino per il Covid 19 potrebbe essere pronto entro pochi mesi.
Ci sono circa 40 vaccini alla stadio di studi clinici, incluso uno sviluppato dall’Università di Oxford
«C’è la speranza che entro la fine di quest’anno potremo avere un vaccino». Lo ha detto il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus al termine di una riunione di due giorni del comitato esecutivo dell’organismo. Attualmente – ricorda la Bbc – ci sono circa 40 vaccini allo stadio di studi clinici, incluso uno sviluppato dall’Università di Oxford che è già in una fase avanzata di test. Ma il direttore dell’Oms non ha specificato quale vaccino potrebbe essere disponibile entro la fine dell’anno.
Contagiato il 10% della popolazione
Altra importante affermazione dell’Oms è stata sulla diffusione del coronavirus nel mondo: avrebbe colpito il 10 per cento della popolazione mondiale, circa 770 milioni di persone, contro la cifra di 35,5 milioni di casi di Covid-19 confermati a livello globale, secondo la mappa compilata e aggiornata dalla Johns Hopkins University.Lo ha detto lunedì Mike Ryan, il massimo esperto di emergenza dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) rivolgendosi all’Executive Board dell’agenzia. «Le nostre migliori stime attuali ci dicono che circa il 10% della popolazione mondiale potrebbe essere stata infettata da questo virus. Varia a seconda del paese, tra città e campagne, e varia a seconda dei gruppi. Ma ciò significa che la maggior parte del mondo rimane a rischio. Stiamo entrando in un periodo difficile. La malattia continua a diffondersi», ha specificato Ryan.
Che i casi reali di coronavirus siano più di quelli conteggiati è noto. Durante l’estate i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) hanno affermato che la sottostima nel Paese probabilmente era arrivata al 90%. In Italia si era paventato ci fossero 10 volte tanto i casi registrati, in realtà erano 6-7 volte maggiori.
Una cifra alta rispetto ad altre stime
La cifra prospettata dall’Oms, però, calcola 20 volte i contagi ufficiali. Sembra un numero davvero alto, soprattutto se parametrato al milione di morti ufficiali, perché porterebbe la letalità del Covid-19 a livelli simili a quelli dell’influenza stagionale, ma in ogni Paese colpito dal coronavirus i decessi invece sono stati molti di più.
Attraverso il suo ufficio stampa l’Oms ha chiarito al Corriere come è stato effettuato il calcolo: «L’Oms ha utilizzato la sieroepidemiologia per comprendere l’entità dell’infezione da SARS-CoV-2. La maggior parte degli studi mostra che la sieroprevalenza risulta inferiore al 10%, ma gli studi sui lavoratori in prima linea e in alcune aree ad alta intensità stimano che sia superiore al 20%. La stragrande maggioranza del mondo, però, rimane a rischio», si legge nella nota inviata.
In Italia prevalenza al 2,5%
Anche le indagini di prevalenza effettuate con criteri statistici hanno stimato, però, che, pure in Paesi dove il virus si è diffuso maggiormente, sia stato colpito circa il 5% della popolazione e non il 10%. In Italia l’indagine di sieroprevalenza da virus SARS-CoV-2 effettuata dal ministero della Salute e dall’Istat ha stimato ad agosto che avessero incontrato il virus un milione e 482mila italiani, il 2,5% dell’intera popolazione. Anche in Lombardia, la regione con la più alta prevalenza , non si arriva al 10% ma al 7,5%. Ovviamente studi su singole popolazioni o comunità presentano cifre differenti: l’indagine del gruppo Humanitas su 4 mila lavoratori dei sette poli ospedalieri ha scoperto che era venuto in contatto con il virus tra l’11 e il 13% dei dipendenti, con punte del 43% nelle sedi di Bergamo.
Altri calcoli arrivano al 3,1% della popolazione
«Potrebbero aver ipotizzato una diversa prevalenza per i Paesi africani, dove la popolazione è più giovane e anche meno sottoposta ai tamponi e quindi controllata», dice Matteo Villa, analista e ricercatore dell’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale). «Il messaggio è giusto: il 90% della popolazione non è stata infettata e quindi l’immunità di gregge non è stata raggiunta. Quello che stona sono i rapporti numerici in relazione ai decessi. Con questi numeri sembrerebbe che la letalità del virus sia minore di quello che ormai ci dicono gli studi, circa quattro volte più bassa. Se -all’inverso- applico le stime della letalità ufficiali per classe di età, viene fuori che la popolazione contagiata al mondo sarebbe il 3,1%», conclude Villa.
Non è un’influenza
Nella passata stagione influenzale in Italia ci sono stati 8.072.000 casi con 812 persone ricoverate in terapia intensiva e 205 morti. Il Covid-19 in Italia ha causato 36.000 decessi. «Al di là delle stime, il milione di morti da Covid-19 nel mondo ci fa capire che non siamo di fronte a un’influenza, soprattutto perché nessuno è vaccinato e nessuno aveva gli anticorpi», commenta Paolo Bonanni epidemiologo e professore di Igiene presso il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Firenze. E con un appello alla cautela si conclude anche la nota Oms: «Il virus ha il potenziale per causare danni enormi a meno che non intraprendiamo tutte le azioni necessarie per fermare la sua diffusione».
(Corriere della Sera)