«Con grande spirito di sacrificio, dando prova di uno straordinario senso di unità nazionale, l’Italia ha fronteggiato la minaccia invisibile. Molti di noi provengono da Paesi che hanno gestito il virus in maniera diversa, dove i battibecchi, la mancanza di unità o l’arroganza hanno ostacolato il bene pubblico. L’Italia, invece, è assurta ad esempio».
Lo scrive Trisha Thomas, presidente dell’associazione Stampa Estera in Italia,
per introdurre la mostra e il bellissimo volume che raccontano con le immagini mesi di grandi sacrifici e sofferenze compiuti dall’intera comunità italiana.
Sfogliando queste pagine, scorrendo queste immagini si ricavano le testimonianze di un’Italia resiliente, di un Paese che, quando le sfide diventano particolarmente drammatiche, riesce a fare ricorso a tutte le sue risorse e le sue potenzialità, anche sottostimate e inesplorate, e a rilanciarsi con speranza, coraggio, determinazione. La pandemia è ancora in corso. La curva epidemiologica proprio in questi ultimi giorni sta segnando un innalzamento dei contagi. Dobbiamo per questo mantenere altissima la soglia dell’attenzione e continuare a essere rigorosi nei nostri comportamenti. Non possiamo abbassare la guardia e abbandonarci alla tentazione di allentare l’impegno per contrastare il Covid. Dobbiamo continuare a mantenere solida la convinzione che è impossibile tutelare il motore della nostra economia senza prima salvaguardare la salute e la sicurezza dei cittadini.
Ma questo è anche il tempo in cui non possiamo limitarci a sfogliare il libro delle cose già fatte. Dobbiamo già ora impegnarci con il massimo sforzo per scrivere nuove pagine della nostra storia. Devono essere pagine capaci di affrontare apertamente le deficienze strutturali e le contraddizioni del nostro Paese, senza aver paura di affrontare tutte le criticità che si trascinano da anni. Se ci ponessimo l’obiettivo di rialzarci in piedi per ripercorrere strade già esplorate non renderemmo onore ai tanti grandi e piccoli gesti con cui gli italiani ci hanno fatto capire che si può ricostruire un’Italia più forte, all’altezza delle potenzialità dei nostri giovani.
La necessità, oggi più che mai, è quella di intraprendere nuovi sentieri realizzando una rivoluzione “gentile”, ma frutto di una visione chiara e di un percorso coraggioso.
Dobbiamo affrontare un cammino che non può certo prescindere dal cambio di prospettiva che si è realizzato in sede europea anche grazie al contributo del nostro Paese. Ho sempre considerato un errore l’adesione a un europeismo di tipo “fideistico”, privilegiando l’impostazione di un europeismo “critico”, che ha veramente a cuore le sorti del nostro continente. Insomma, piuttosto che adagiarci e lasciarci cullare dal grande sogno dei Padri fondatori, dobbiamo impegnarci per affermare, a tutti i livelli, la dignità dell’uomo e le molteplici dimensioni della sua libertà e dei suoi diritti sociali, allargando gli orizzonti della giustizia sociale.
Il Consiglio europeo dello scorso luglio ha impresso una svolta risoluta alla nostra storia comune: per la prima volta l’Europa ha abbandonato le politiche di austerità, che in questi anni hanno sacrificato i diritti e la spesa sociale e scoraggiato l’iniziativa economica, per lanciare un modello di sviluppo verde e digitale, consentendo ai Paesi membri di pianificare, come mai accaduto prima, investimenti e riforme strutturali. Il fatto che a sostenere in Italia la Commissione guidata da Ursula von der Leyen sia un ampio ventaglio di partiti che va anche al di là del perimetro delle forze di maggioranza, non può che rafforzare ulteriormente le ragioni e la posizione del nostro Paese in Europa. Aprire in Italia una nuova stagione di investimenti attraverso i 209 miliardi del Recovery Fund europeo significa quindi restituire visione, prospettiva e speranza alle ambizioni di una nuova stagione di crescita che allontani dai cittadini il senso di ansia, precarietà e incertezza.
Una delle leve di questa crescita è la transizione ecologica.
Dobbiamo ribaltare definitivamente la convinzione, purtroppo ancora diffusa e radicata, che parlare di ambiente ed ecologia significhi porre degli argini alla crescita e all’iniziativa economica. La transizione green a cui stiamo lavorando destinerà almeno il 37% delle risorse del Recovery Fund a tutti quegli investimenti in grado di ridurre l’impatto sull’ambiente e sul clima, ma anche di produrre innovazione, occupazione e crescita. Penso alla decarbonizzazione di cicli produttivi essenziali come la siderurgia, al sostegno alla transizione del settore automotive, agli investimenti attesi da anni per il contrasto all’inquinamento e al dissesto idrogeologico, al potenziamento e all’innovazione della rete idrica. Abbiamo un esempio simbolico e concreto di questa nuova alleanza fra economia ed ecologia: il superbonus edilizio al 110%, che proveremo a estendere con le risorse del Recovery Fund e che ci consentirà di realizzare l’efficientamento delle case degli italiani, garantendo sviluppo economico e tutela ambientale.
Ripeto spesso che, se i Padri soventemente evocati fossero oggi ancora viventi, sarebbero i primi a tracciare nuovi orizzonti, impegnandosi a far si che tutti i principi e gli obiettivi scritti nelle nostre belle carte costituzionali, anche nella Carta europea dei diritti fondamentali, siano perseguiti e attuati in una dimensione di “effettività”. La velocità, unita alla semplicità, è una delle forze principali per la nostra ripresa. Non a caso uno dei primi atti della fase di ripartenza è stato il cosiddetto “decreto semplificazioni”. Abbiamo inteso creare corsie a scorrimento veloce dove far viaggiare le grandi opere e infrastrutture che cambiano le prospettive di sviluppo dei territori e valorizzano le aree depresse. Siamo pronti ad accelerare i tempi e a sbloccare subito le opere, anche attraverso la nomina dei commissari. Abbiamo già programmato, per esempio, investimenti che cambieranno per sempre la vita dei giovani del Sud, aumentando l’attrattività dei territori. Penso all’alta velocità e all’alta capacità con le tratte Salerno-Reggio Calabria, la Messina-Catania-Palermo, la Napoli-Bari, la Lecce-Taranto, al potenziamento della Roma-Pescara e a tanti altri interventi destinati a sprigionare il potenziale dei territori su scala nazionale ed europea.
Un Paese non diventa più veloce e più semplice solo viaggiando su infrastrutture nuove e moderne. Aprire una stagione di investimenti senza pensare a come trasformare i “freddi numeri” di bilancio in un concreto cambio di vita e prospettiva per gli italiani e le loro città sarebbe miope. Saremo vigili e inflessibili sulle modalità e i tempi di attuazione del Piano di ripresa e resilienza, perché una spesa rallentata (o male indirizzata) delle risorse, in un momento così critico, sarebbe imperdonabile. A questo scopo, sarà premura del Governo creare un assetto normativo ad hoc per la realizzazione del Piano e una struttura normativa dedicata, con specifici soggetti attuatori. Attraverso il “decreto semplificazioni” abbiamo compiuto i primi decisi passi per sbloccare il sistema degli appalti pubblici e per riformare in profondità la pubblica amministrazione.
Dobbiamo rendere più efficiente la giustizia civile, penale e tributaria
e, più in generale, rendere più semplice e attrattivo l’intero quadro normativo italiano a beneficio di cittadini, imprese e investitori. Anche il rapporto degli italiani con le tasse va indubbiamente semplificato. Lavoriamo su un progetto di riforma del fisco per renderlo più equo ed efficiente, con l’obiettivo di alleggerire la pressione fiscale sui redditi medi e bassi, andando incontro alle esigenze delle famiglie e delle giovani coppie. La riforma sarà disegnata in maniera coerente con il Family Act e con la legge delega in materia di assegno unico, anche per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e aiutare le giovani famiglie a progettare con serenità il futuro. Le curva demografica che l’Italia sta attraversando è preoccupante e dobbiamo creare le condizioni affinché il calo in corso possa essere superato quanto prima possibile.
Entro quest’anno partirà un progetto di modernizzazione del Paese, il piano “Italia cashless”,
attraverso incentivi ai pagamenti elettronici capaci di dare ossigeno ai cittadini tramite un meccanismo premiale, incentivare i consumi a vantaggio dei commercianti, incidere nella lotta all’evasione fiscale. Dobbiamo realizzare queste riforme e perseguire questi obiettivi secondo una articolata strategia, che coinvolga tutte le migliori risorse del “sistema Italia”. È per questo che dobbiamo salutare con favore l’avvenuta fusione di Sia e Nexi, che sotto il controllo lungimirante di Cassa Depositi e Prestiti, ha dato vita a un campione europeo nel campo dei pagamenti digitali. Allo stesso modo, siamo davvero lieti che l’Italia sia tornata a dotarsi di una infrastruttura fondamentale nel settore finanziario, con l’operazione riguardante la Borsa italiana, compiuta anch’essa sotto l’egida di Cassa Depositi e Prestiti con Euronext. Il completamento della rete unica per realizzare la banda ultra-larga sarà un ulteriore tassello che rientra in questa più complessa e articolata strategia.
Non avrebbe senso, tuttavia, correre veloci lungo il binario delle infrastrutture e della digitalizzazione lasciando indietro ampie fasce della popolazione. Non tutti hanno condiviso l’ampiezza dell’azione di protezione sociale ed economica messa in campo durante i mesi più duri dell’emergenza per fronteggiare gli effetti economici del lockdown. Si è parlato di una “pioggia” di sussidi e bonus, laddove invece il Governo ha cercato di costruire un ombrello, una rete di protezione in grado di riparare cittadini, famiglie e imprese dalla tempesta che ha travolto l’Italia. Credo fermamente che si tratti di provvedimenti necessari e che sia doveroso, per il futuro, rendere ben efficienti gli strumenti di welfare già esistenti.
È fondamentale, in questa direzione, dare piena attuazione al progetto riformatore del reddito di cittadinanza.
Si tratta di uno strumento universale di protezione sociale e di contrasto alla povertà di cui l’Italia aveva bisogno, anche per allinearsi ai migliori standard di welfare europei. Questa riforma va ora perfezionata soprattutto per quel che riguarda la realizzazione di efficaci politiche attive del lavoro. Le azioni messe in campo hanno difeso la nostra economia e, attraverso gli aiuti alle famiglie, hanno prodotto anche una tenuta dei consumi. Non sono stati meri sussidi, non è stato assistenzialismo fine a se stesso: sono stati interventi diretti a preservare il tessuto sociale ed economico, favorendo la maggiore resilienza dell’intero sistema. In questa medesima direzione, si inquadrano i 39,5 miliardi a favore delle imprese con contributi a fondo perduto, la cancellazione di tasse come il saldo e acconto dell’Irap, agevolazioni e sospensioni fiscali con il duplice obbiettivo di sostenere e stimolare una prima ripartenza. La nuova Italia deve rafforzare anche il sistema sanitario, non abbiamo intenzione di continuare a ragionare in base a logiche emergenziali.
È obbligatorio programmare uno sviluppo che passi per un deciso rafforzamento dell’assistenza di prossimità,
per un migliore e maggiore accesso alle cure, per nuove assunzioni, per l’innovazione e la digitalizzazione dell’assistenza sanitaria. Non è un libro dei sogni ma un chiaro indirizzo che trova testimonianza negli otto miliardi fin qui impiegati per rafforzare le strutture sanitarie, oltre che nella scelta – attesa da anni – di abolire il superticket per inaugurare una nuova stagione del rapporto fra il cittadino e l’offerta di assistenza. Nell’ambito del Piano di ripresa, un capitolo determinante sarà quello della scuola. Se gli ospedali sono le trincee in cui l’Italia ha protetto il suo presente assistendo i cittadini, le scuole sono le trincee per difendere il futuro. Lo testimonia l’investimento imponente per consentire ai nostri istituti scolastici di tornare a far suonare la campanella per i nostri bambini, per i nostri ragazzi.
Guardando oltre l’emergenza l’obiettivo è potenziare la didattica,
portare la banda ultra-larga e i collegamenti veloci nelle scuole, offrire nuovi spazi e strumenti innovativi capaci di creare i lavoratori digitali del futuro. Intendiamo investire in maniera massiccia nella ricerca, puntando sia sulla ricerca di base, sia sulle più innovative applicazioni industriali e innovative, e su quella formazione avanzata fondamentale per la modernizzazione. Ora più che mai i decisori politici non possono permettersi passi falsi nella sfida della ripartenza. È per questo motivo che ho affermato, senza girarci intorno, che se perderemo il treno del Piano di ripresa avremo fallito e dovremo farci da parte, io per primo. Avremmo tradito le speranze e la fiducia di un intero Paese e il danno sarebbe irreparabile per tutta la comunità, non riguarderebbe solo singole forze politiche.
Durante la pandemia i medici del Centro e del Sud non hanno esitato a partire volontariamente per rafforzare la risposta sanitaria affiancando i loro colleghi del Nord. Durante il lockdown, i lavoratori dei servizi pubblici e privati essenziali hanno messo da parte le proprie preoccupazioni e i propri comprensibili timori per mettersi al servizio dei loro concittadini e dell’Italia intera. Allo stesso modo le forze politiche non dovrebbero oggi indugiare a lavorare insieme, con spirito costruttivo, favorendo un franco e sincero dialogo.
È fondamentale il contributo di tutti, maggioranza e opposizione, così come è centrale il ruolo del Parlamento per disegnare le grandi riforme e i grandi cambiamenti che l’Italia non può più rimandare. Lo dobbiamo ai nostri cittadini, lo dobbiamo a una comunità che rinasce e che vuole costruire un Paese ancora più forte.
(Il Riformista)