Il dem Stefano Ceccanti rilancia la proposta sul voto a distanza già sottoscritta da 114 deputati e avverte che se i casi si moltiplicano “l’istituzione non potrà più funzionare”.
Gelmini (FI) contraria: “La chiusura della Camera sarebbe un fatto estremamente grave.
Il centrodestra dice no”
L’aumento del numero dei contagi fuori e dentro i palazzi della politica rilancia l’appello sul voto a distanza per i parlamentari in quarantena. Stefano Ceccanti, costituzionalista e capogruppo del Partito democratico in commissione Affari costituzionali della Camera, non usa mezzi termini e su Facebook lancia l’allarme: “Sul Parlamento in emergenza stiamo arrivando al punto di non ritorno oltre il quale l’istituzione non potrà più funzionare”.
Voto a distanza? Saranno consultati alcuni esperti
Ceccanti è il primo firmatario della proposta per regolamentare il lavoro da remoto dei parlamentari. Un documento già sottoscritto da 114 deputati. Della questione si è occupata nei giorni scorsi la Giunta per il regolamento che ha deciso di audire alcuni esperti.
“Le riunioni in sede politica vanno fatte per decidere chiaramente se si vuole lavorare nell’unico modo possibile, consentendo il voto a distanza degli impediti oppure no, accettando che il Parlamento si blocchi”, aggiunge l’esponente dem che chiede tempi rapidi. “Eventuali audizioni di esperti, una volta deciso il se, devono servire – spiega – solo a stabilire il modo migliore del come farlo, ma non si può rinviare ne’ alle audizioni di esterni ne’ alla tecnostruttura la scelta del se, che è solo politica. Rinviare la scelta con pregiudiziali costituzionali inconsistenti o coi classici benaltrismi significa solo assumersi la responsabilità di bloccare il Parlamento. Nel caso le responsabilità sono già evidenti”.
Chi è a favore e chi è contro
Di segno opposto le considerazioni della capogruppo di Forza Italia alla Camera, Mariastella Gelmini, che ieri ha scoperto di essere positiva al Covid e asintomatica. Il Parlamento, dice in un’intervista al Giornale “è un luogo di lavoro come moltissimi altri. Siamo persone che viaggiano, si spostano, incontrano persone. Non vorrei fare allarmismo sulla Camera: potrei averlo preso li’, come è successo a tanti in ufficio, ma potrebbe essere capitato sui mezzi pubblici a Milano. Il virus è molto contagioso”.
La parlamentare azzurra critica la proposta di Ceccanti: “Credo che la maggioranza cerchi di nascondere i problemi politici e le divisioni interne dietro il voto da remoto e anche dietro l’allarme sanitario. Certamente bisogna monitorare l’andamento del virus, ma noi, come centrodestra, siamo contrari al voto da remoto. La chiusura della Camera sarebbe un fatto estremamente grave”.
Tra i deputati a favore c’è Gloria Vizzini, del Misto. “A Montecitorio stiamo assistendo a veri e propri focolai che però vengono gestiti un po’ come le discoteche estive, con estrema superficialità” sottolinea. “La Presidenza tentenna – ribadisce – e non ha finora preso in considerazione alternative al voto in presenza, solo nelle ultime ore mostra timide aperture annunciando la possibilità di audire tecnici e informatici. Operazione che potrebbe durare mesi, ossia ere geologiche in una pandemia”.
Parole che Flora Frate, sempre del Misto, condivide in pieno: “Visti i numeri, la Camera rischia di diventare un grande focolaio”, dice a Repubblica sottolineando che “le misure adottate non sono sufficienti. Basta guardare le cifre dei contagiati, e di conseguenza quelle ancor più grandi degli isolati, per farsi un’idea. In un momento di emergenza chi è impossibilitato a votare in presenza è giusto che lo faccia da casa”.
(Agi)