Un’azienda italiana su 4 ha adottato modalità di lavoro ibrida e due lavoratori su 3 resteranno a lavorare da remoto almeno un giorno a settimana anche dopo la pandemia. Ma il costo potrebbe essere alto
Un’azienda italiana su 4 ha adottato soluzioni di smart working e anche dopo la pandemia due dipendenti su tre lavoreranno da remoto almeno un giorno a settimana. Ma la flessibilità alla quale le imprese italiane si sono dovute adattare in fretta e furia non viene senza un prezzo, soprattutto in termini di ridotto tasso di innovazione e di senso di isolamento.
Secondo una ricerca realizzato da Microsoft su Remote Working e Futuro del Lavoro e che ha coinvolto oltre 600 manager e dipendenti di grandi imprese italiane, il lavoro flessibile e il lavoro ibrido sono già la normalità.
Il numero di organizzazioni italiane che hanno adottato modelli flessibili di lavoro è aumentato in modo esponenziale, passando dal 15% del 2019 al 77% del 2020 e i manager intervistati si aspettano che il 66% dei dipendenti continui a lavorare da remoto almeno un giorno alla settimana.
In questa “nuova normalità”, i leader aziendali hanno registrato benefici sia in termini di produttività sia di efficienza: l’87% degli intervistati ha riscontrato una produttività pari o superiore a prima del lockdown e il 71% è convinto che le nuove modalità “ibride” di lavoro comportino significativi risparmi in termini di costi. Inoltre, sei intervistati su dieci (64%) credono che garantire modalità di lavoro da remoto possa essere un modo efficace per trattenere i collaboratori migliori.
Sia i manager sia i dipendenti stanno apprezzando i vantaggi del lavoro da remoto e nessuno di essi intende tornare alle vecchie abitudini. L’88% dei manager si aspetta l’introduzione di modalità di lavoro più ibride nel lungo periodo e i dipendenti prevedono di trascorrere in media un terzo del proprio tempo (37%) al di fuori del tradizionale luogo di lavoro.
Tra i principali benefici si annoverano la possibilità di vestirsi in modo più casual (77%) e di personalizzare il proprio ambiente di lavoro (39%), avere più tempo per i propri hobby (49%), per i propri figli (36%) ma anche per gli animali domestici (22%).
Il rovescio della medaglia
Tuttavia, gli italiani di tutte le fasce d’età hanno dichiarato di apprezzare l’ambiente lavorativo tradizionale, specialmente per la possibilità di socializzare e condividere esperienze e informazioni più facilmente con i colleghi. Una delle principali sfide del lavoro da remoto è, infatti, la sensazione di essere più isolati e meno in relazione con i colleghi, un fattore che potrebbe comportare anche un importante calo nel tasso di innovazione.
La ricerca di Microsoft ha evidenziato come il lavoro da remoto possa inibire la condivisione di idee tra le persone e porti i dipendenti a essere meno invogliati a chiedere aiuto o a delegare in modo appropriato. In particolare, è fondamentale supportare il middle management nel superare questi limiti per promuovere una cultura del lavoro che favorisca l’innovazione: il 61% dei manager intervistati riconosce di aver avuto problemi a delegare in modo efficace e a supportare i team virtuali e il 63% confessa di avere difficoltà nella promozione di una forte cultura di squadra in questo scenario di remote working.
La difficoltà nel rimanere connessi con il proprio team influenza, quindi, la capacità di condividere nuove idee e innovare: rispetto allo scorso anno è stato registrato un calo sensibile nel numero di manager che dichiarano che la propria azienda possiede una cultura innovativa, passando dal 40% nel 2019 al 30% nel 2020. Allo stesso modo, è stato rilevato un calo anche nella percezione dell’innovazione di prodotti e servizi, che è passata dal 56% nel 2019 al 47% nel 2020.
(Agi)