Piercamillo Davigo non farà più parte del Csm. Da domani sarà in pensione come magistrato, e i colleghi del Consiglio, dopo una drammatica discussione, hanno deciso che debba lasciare anche il suo ruolo di componente proprio perché non avrà più la toga sulle spalle, quindi non sarà né un consigliere togato, né tantomeno un consigliere laico.
Determinante contro di lui la posizione netta e univoca del vice presidente David Ermini, e dei vertici della Cassazione, il primo presidente Pietro Curzio e il procuratore generale Giovanni Salvi.
Finisce con 13 voti contro Davigo, 6 a favore della sua permanenza in consiglio, 5 astensioni. Contro di lui votano Ermini, i due vertici della Cassazione, Nino Di Matteo, i due consiglieri di Unicost, i tre di Magistratura indipendente, i 2 laici di Forza Italia, il laico della Lega Basile, Donati laico di M5s. Contro tre di Autonomia e indipendenza, la corrente di Davigo (Ardita, Marra e Pepe), due di Area (Dal Moro e Chinaglia), il laico di M5S Gigliotti. Si astengono tre di Area (Cascini, Suriano e Zaccaro), il laico della Lega Cavanna, il laico di M5S Benedetti,
Ha detto Ermini: “Questa è una decisione dolorosa, amara, ma inevitabile”. Poiché “la Costituzione ci costringe a rinunciare a Davigo”. In quanto essa “prevede come requisito soggettivo il possesso dello status di magistrato ordinario, posseduto al momento dell’elezione e mantenuto in seguito per l’equilibrio necessario tra togati e laici. Se i togati perdono questa qualità si altera il rapporto tra togati e laici di due terzi e un terzo, violando l’equilibrio tra i poteri, al punto da ipotizzare un Csm senza magistrati e quindi una magistratura eterogovernata. Gli eletti durano in carica 4 anni anni, ma mantenendo il loro status”.
Molto duro l’intervento di Curzio: “Il pensionamento fa venir meno lo status di magistrato ordinario e comporta quindi il venir meno delle funzioni giudiziarie e di componente del Csm. La durata di 4 anni riguarda l’organo nel suo complesso, e non i suoi componenti., la cui durata può essere più breve”. Curzio condivide la sentenza del Consiglio di Stato, che nel 2011 è andata in questa direzione. Sostiene che a fondamento della sua decisione c’è “una ragione costituzionale, in quanto se per uno di loro viene meno la condizione di magistrato, viene meno anche il rapporto tra togati e laici e si altera l’equilibrio previsto di due terzi e un terzo previsto dalla Costituzione”. Conclude Curzio: “Se passa questo principio c’è il rischio che più magistrati prossimi alla pensione restino consiglieri con un ulteriore alterazione degli equilibri del Consiglio”.
Chi è Davigo
Piercamillo Davigo è famoso soprattutto per essere stato uno dei pubblici ministeri dell’inchiesta Mani pulite di Milano che tra il 1992 e il 1994 ha rivelato i rapporti di corruzione tra la politica e gli imprenditori. Era considerato il “dottor Sottile” del gruppo per la sua esperienza giuridica. Uomo dalla battuta facile e caustica, a Davigo è stata cucita addosso la camicia di giustizialista, anche attribuendogli battute che lui ha sempre smentito. Prima di passare in Cassazione, è stato giudice in corte di appello a Milano. Iscritto a Magistratura indipendente, la corrente più conservatrice della magistratura, nel 2015 è entrato in polemica con Cosimo Maria Ferri, attuale deputato renziano, ma da sempre uomo forte e più votato del gruppo, prima di diventare sottosegretario alla Giustizia. Proprio il suo passaggio ha determinato lo scontro con Davigo che ha fondato una sua corrente, Autonomia e indipendenza. Nel marzo 2016, alle elezioni dell’Anm, è stato eletto con 1.041 voti ed è diventato presidente per un anno. Nel 2018 ha corso per il Csm nel collegio della Cassazione e ha preso 2.522 voti. Era già noto in quel momento che il 20 ottobre di quest’anno avrebbe compiuto 70 anni, età in cui i magistrati – a seguito della legge Renzi del 2014 – vanno in pensione. E qui nasce il caso.
(La Repubblica)