Il presidente della Figc Gravina ha scritto al governo chiedendo di inserire il calcio tra i settori in crisi. Il n.1 della Lega A Dal Pino lancia l’allarme.
E c’è una strategia per provare a salvarsi anticipando a tutti i 20 club il “paracadute” per non retrocedere.
Braccio di ferro con i dilettanti
Il calcio è sull’orlo del default. Dopo le illusioni di tornare a popolare gli stadi cullate a settembre, il pallone italiano non vede luci in fondo al tunnel. Il 16 novembre scade il termine per pagare gli stipendi di settembre e, a oggi, almeno 15 società su 20 di serie A non saprebbero come fare. La questione riguarda tutto il movimento, per questo Gravina ha scritto al premier Conte e ai ministri della Salute Speranza, dell’economia Gualtieri e dello Sport Spadafora. Che a oggi hanno ignorato le richieste, respingendo anche la possibilità di congelare l’irpef per i club. Secondo indiscrezioni Gualtieri in una telefonata con il presidente della Federcalcio Gravina si sarebbe impegnato a rivalutare la questione nel prossimo intervento, visto che questo sarà concentrato principalmente sull’attività delle piccole aziende e dei ristoranti.
Stipendi a rischio e 600 mln di perdite
Il presidente della Serie A lancia un allarme: “Siamo vicini al collasso, temo che l’economia del Paese pagherà a caro prezzo le misure restrittive poste in essere”. Il problema dei club è principalmente uno. La mancanza di liquidità è arrivata a livelli tossici, un Everest da scalare senza i mezzi per farlo. La sola Serie A denuncia una perdita dal lockdown in poi di 600 milioni di euro. Di questi (200 nella parte finale della scorsa stagione, altri 400 fino a dicembre), il 65% è frutto dei mancati incassi da botteghino, il 35% da mancati incassi da sponsorizzazione. Di fatto, da marzo sono crollate le voci che, in questa fase, consentono normalmente di avere riserve di cassa a cui attingere per i pgamenti, ossia gli abbonamenti allo stadio, i biglietti delle partite, e anche una rata dei diritti tv, visto che Sky non ha mai versato l’ultima della stagione scorsa. Il cappio è stretto, le risorse esaurite, gli sponsor hanno ridotto se non annullato i versamenti visto che la visibilità negli stadi è azzerata. C’è stato il calciomercato, in cui chi poteva ha speso le ultime risorse contando su una ripresa degli eventi col pubblico. Che non verrà, non a breve. E poco c’entrano con la questione le risorse investite per Hakimi o Osimhen, Chiesa o Smalling: nulla o quasi incidono sulla disponibilità liquida, ma certo dimostrano ancora una volta come il sistema sia sempre pronto a fare il passo più lungo della gamba.
Il ruolo del governo
A questo punto, l’unica scialuppa di salvataggio all’orizzonte appare la possibilità dell’ingresso dei fondi d’investimento e l’offerta di Cvc di realizzare una media company con la Serie A, acquistandone di fatto il 10% per 1,6 miliardi. Ma se fino a ieri pareva un’occasione per crescere, oggi appare più prosaicamente l’unica strada per non fallire. Anzi, in via Rosellini, durante l’ultima assemblea, i 20 club di Serie A hanno già iniziato a ragionare su come spartirsi una prima fettina della torta. La soluzione è di “regalarsi” un anticipo sotto forma di paracadute anticipato per la retrocessione: l’anomalia è che dovrebbero chiederlo tutte e 20 le società, dallo Spezia alla Juventus. In più l’idea è di spalmare il resto della cifra come dividendi per i prossimi 9 anni, in modo da distribuirli anche mano a mano alle varie società che dalla Serie B saliranno in Serie A. Insomma, rimedi contro la crisi, nel caso in cui le misure chieste al governo – un contributo diretto, ossia fondi liquidi, ma anche in alternativa un’apertura alle pubblicità di scommesse, possibilità cancellata dai 5Stelle e vecchia battaglia di Di Maio e Spadafora – dovessero restare lettera morta.
Il braccio di ferro tra Figc e Dilettanti
In questo contesto, i Dilettanti – dopo la chiusura di tutti i campionati dilettantistici esclusa la Serie D – per bocca del presidente della LND Cosimo Sibilia hanno accusato (senza nominarla) la Federcalcio di pensare solo al calcio di vertice, con quella lettera scritta al governo: “La misura adesso è colma e qualcuno dovrà prendersi la responsabilità di un disastro annunciato, invece di continuare a lanciare numeri e fare proclami come se il calcio a cui pensare fosse solo quello di vertice”. Il n.1 della Federcalcio Gabriele Gravina però ha risposto: “Sibilia dice che è il tempo delle responsabilità? Ha pienamente ragione, le responsabilità io me le sono sempre assunte e continuerò a farlo. Da quando questo maledetto virus ha iniziato a condizionare le nostre vite, nonostante sia spesso mancato il supporto di altri protagonisti, ho manifestato particolare attenzione per il mondo dilettantistico. I contributi diretti arrivati alle società della LND sono stati stanziati proprio dalla Figc durante il lockdown in primavera e, anche grazie al nostro lavoro con le istituzioni, la dimensione del calcio di base è in cima alle attenzioni del Ministero per lo Sport e dell’intero Esecutivo. Ma senza le adeguate tutele e gli immediati provvedimenti per il calcio di vertice, è tutto il calcio a non avere futuro. Non farò mai l’errore di dividere il nostro mondo in ricchi e poveri”. Gravina si riferisce prevalentemente ai 9 milioni fatti arrivare al mondo dilettantistico a maggio. Ma non solo: ci sarebbero anche i 6,8 milioni della mutualità della Serie A dalla stagione 2017/18. E, come previsto dal decreto Lotti, la Figc li ha messi a disposizione del mondo dei Dilettanti.
(La Repubblica)