Con la nuova versione della app l’errore nella app è stato corretto. Fino ad ora trovati 55 focolai e inviate 50 mila notifiche. Ma il tracciamento dei contatti resta ancora poco integrato nel sistema sanitario
Non arrivavano le notifiche, bisognava aprire l’applicazione per vederle e nessuno lo faceva visto che in teoria quegli allerta sarebbero dovuti comparire sullo smartphone in maniera automatica. Ma fonti legate al dipartimento dell’Innovazione fanno ora sapere che i problemi di Immuni sugli iPhone sono finiti. Questione risolta, grazie all’intervento degli sviluppatori Bending Spoons e all’aiuto di Apple. Con la nuova versione della app per iPhone, la 2.1.3, le cose pare siano tornate in ordine.
A quanto pare l’errore di programmazione, il bug, era nell’app stessa
e non nel sistema operativo iOs dell’iPhone.
Non si sa quante persone ha riguardato, solo che non ha toccato tutti. Basta scaricare l’ultima versione dell’app per non correre rischi.
Germania, Olanda e Irlanda, che fra gli altri usano la stessa piattaforma Apple e Google sulla quale è stata costruita Immuni, non hanno riscontrato problemi simili.
L’ipotesi avanzata, ma tutta da verificare, è che nel loro caso si è partiti da una versione del software, l’application programming interface (Api) per esser precisi, successiva alla nostra. L’Italia infatti è stata fra le prime ad usare la piattaforma dei due colossi della Silicon Valley destinata al tracciamento dei contatti.
Il dipartimento che fa capo alla ministra Paola Pisano conferma che Apple, rispetto a Google, ha procedure di intervento più macchinose ma che sia una falsità che non collabori. Conferma anche i 9,5 milioni di download dell’applicazione. Sul possibile numero di persone che potrebbero averla cancellata, rimanda invece al Ministero della salute che è l’unico ad avere i dati in dettaglio.
In linea generale si può arrivare ad un tasso di disistallazione del 20 per cento nel campo delle app. Dunque, Immuni potrebbe essere attiva in Italia su circa sette o otto milioni di smartphone. Ma sono solo stime.
Questa incertezza sui numeri sarebbe preoccupante, per usare un eufemismo, se non fosse il male minore. Con 55 focolai individuati, 50 mila notifiche e 19mila persone che hanno avvertito chi avevano incontrato sempre via app, Immuni è sulla carta una delle armi da usare in prima linea per contenere i contagi, soprattutto in una fase come questa. E’ un tracciamento quasi immediato dei contatti a rischio, eppure non funziona come potrebbe perché non è inserita adeguatamente nel sistema sanitario.
Ricordiamo come funziona. Supponete che la app vi comunichi che siete entrati in contatto con una persona risultata positiva. Non vi dirà il nome ovviamente né il luogo, i dati sono sempre criptati e anonimi, solo che siete a rischio. Vi consiglia di chiamare il medico di base, il quale valuterà se è meglio entrare in auto isolamento o prescrivere un tampone molecolare. Nel secondo caso, se dovesse esser riscontrata la positività, l’Asl dovrebbe attivare la notifica che dalla vostra app avvertirà le persone che avete incontrato. Peccato che spesso si limiti al risultato del test.
Il call center attivato di recente imitando il modello tedesco serve proprio per superare questo problema: potrà avviare la procedura basandosi sull’esito del tampone senza passare per la Asl.
Dal dipartimento dell’Innovazione, ovviamente, insistono sull’utilità di Immuni. Un’attività fondamentale in una fase di crescita della pandemia che non consente il tracciamento manuale dei possibili contagi considerando i numeri così alti. Ricostruire tutti i movimenti di un positivo richiede infatti 24 ore di lavoro per un operatore. Con Immuni è questione di attimi, quando funziona.
(La Repubblica)