18 Novembre, 2024
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Federalisti solo quando conviene

La faccia dura la vogliono tutti, basta che che sia quella degli altri. Federalisti a intermittenza, i nostri governatori.

Quando capiscono che “non andrà tutto bene”, che il Paese è sull’orlo di una crisi di nervi e vedono il presidente del consiglio Conte perdere ben sette punti di gradimento in una settimana, quando insomma sentono puzza di bruciato, ecco che i presidenti di regione chiedono una “linea nazionale” e vogliono che sia il governo centrale ad assumersi l’onere di un lockdown generale e misure drastiche. E dire che nella maggior parte sono i governatori che si erano spinti avanti nel rivendicare l’autonomia, addirittura promuovendo modifiche costituzionali o referendum.

Invece adesso, no. Il federalismo diventa un’opzione tra le tante.

Nonostante che la tutela della salute sia materia regionale per eccellenza e nonostante la pandemia abbia assunto proporzioni e caratteristiche differenziate a seconda dei territori. Non solo regionali, peraltro, ma addirittura provinciali. Nonostante infine che una delle critiche più serrate, e anche giustificate, rivolte lo scorso marzo a Conte da numerose regioni fosse proprio quella di aver affrontato realtà diverse con provvedimenti analoghi. La scure del lockdown si abbattè con la medesima forza sul lazzaretto della Lombardia e su un sud ai tempi immune al virus.

In questa seconda fase della pendemia – la più difficile e impopolare, perché rispetto a marzo il Paese è più stanco e molto meno disposto a sacrificarsi – di fughe in avanti i governatori ne hanno compiute più di una, ma sempre o quasi sempre per allargare la maglie dei provvedimenti nazionali. Dallo sport alle mascherine, per non parlare dei ristoranti aperti degli altoatesini, i diversamente italiani. Senza l’intenzione di mancare all’invito che più volte Mattarella ha rivolto ai presidenti di regione, quello di marciare uniti con il governo nazionale, quanto piuttosto per scarso coraggio politico per assumersi la responsabilità che loro competono. Inevitabilmente con scelte impopolari.

Certo, anche il governo ha contribuito a questo stato di perenne conflitto istituzionale,

dando l’idea di praticare alternativamente l’arte dello scaricabarile o della prevaricazione più che perseguire quel coinvolgimento degli enti locali previsto almeno in materia sanitaria dal Titolo V della Costituzione. Le cronache degli ultimi mesi sono piene di esempi di questo atteggiamento.

Si possono infatti affrontare certi periodi di crisi con un’ottica centralista o federalista, l’importante è che ci sia un’idea, un metodo di governo coerente. L’idea italiana, da una parte e dall’altra, pare essere stata la Babele.

(Quotidiano.net)

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