Il famoso coreografo delle star che ha collaborato con nomi come Madonna e Michael Jackson durante il podcast “One more time” di Luca Casadei, si è lasciato andare ad una serie di racconti sulla sua infanzia
È una storia di violenza fisica e psicologica quella che si cela dietro la confessione di Luca Tommassini, famoso coreografo delle star che ha collaborato con nomi come Madonna e Michael Jackson. Durante la puntata del 3 novembre del podcast “One more time” di Luca Casadei, si è lasciato andare ad una serie di racconti sulla sua infanzia che coinvolgono suo padre. E che risalgono a prima che lui si avvicinasse alla danza. “Mi diceva di stare zitto – dice – spaccava oggetti e alzava le mani su di me e su mia madre. E si vergognava di me, della mia ‘S’ moscia, era il primo a chiamarmi ‘frocetto'”. Col tempo, racconta il coreografo, il padre si arricchì: da meccanico nei dintorni di Primavalle divenne campione di Formula 3 e quei soldi cominciò a spenderli per donne e auto.
“Cominciò a non stare quasi mai in casa, ma quando c’era usava molto le mani e mia madre finì diverse volte in ospedale. Una volta mi tirò in faccia un posacenere di cristallo. Non parlai per settimane e, di nascosto da lui, mi portarono da uno psicologo per superare il mutismo”. Si arrabbiò parecchio, suo padre, quando scoprì che il figlio si era iscritto a una scuola di ballo. Era a “cento metri da casa mia, era la scuola di Enzo Paolo Turchi”, la cui retta veniva pagata coi soldi che la madre “riusciva a risparmiare di nascosto da mio padre”. In famiglia fu la goccia che fece traboccare il vaso: “Rimproverò me e mia madre per l’iscrizione, mia madre iniziò a difendermi, lui prese una bottiglia di vetro, la spaccò contro il muro e andò verso mamma. Mi misi in mezzo e gli gridai ‘Vattene’. Se ne andò”.
Il coreografo delle stelle del pop mondiale nato a Roma 50anni fa ne ha subite diverse, nell’ultimo periodo. A fine ottobre due rapinatori gli hanno puntato la pistola in faccia e in gola. E a febbraio ancora insulti sulla sua sessualità: ignoti avevano attaccato sul citofono del suo appartamento a Trastevere un post-it con scritto “Frocio vattene”, bloccando anche il pulsante e quindi facendo rumore ininterrottamente.
(La Repubblica)