Doppio dramma alla periferia della città: il piccolo aveva il cordone ombelicale attaccato e il cranio fracassato. Identificata la madre: ha 17 anni. Ieri un piccolo è stato salvato a Ragusa
Ci sono almeno due vittime, nella tragica storia che arriva da Trapani: un neonato appena partorito gettato dalla finestra e la sua mamma, una ragazza di 17 anni, troppo sola e troppo disperata per capire la strada senza ritorno che ha imboccato con il suo gesto.
I fatti. Un residente scorge un corpicino nell’atrio del cortile del suo condominio di via Francesco De Stefano, alla periferia est di Trapani, sopra al Raccordo autostradale. Avverte la polizia, che accorre e fa la drammatica scoperta: è un piccino appena nato, con il cordone ombelicale ancora attaccato e la testolina fracassata. La prima ipotesi è che il neonato sia stato gettato giù dalla finestra di uno degli appartamenti che si affacciano sul cortile.
Non è difficile risalire alla madre: è una 17enne che aveva nascosto la gravidanza ai genitori e che probabilmente, nel tentativo disperato di cancellare ogni traccia, si è liberata del bambino appena partorito. La giovanissima è stata portata in ospedale. I genitori, incredibilmente, hanno detto di non essersi accorti di nulla, complice anche la corporatura robusta della figlia.
Per chiarire ogni dettaglio di questa vicenda indagano due procure: quella ordinaria di Trapani e e la Procura dei minori di Palermo. Secondo l’Adnkronos la 17enne avrebbe detto che temeva di dire alla famiglia che aspettava un bambino e che per questo avrebbe tenuto nascosto il suo stato.
Ieri a Ragusa era stato ritrovato un altro neonato, dentro un sacchetto della spazzatura, fortunatamente lasciato in una strada di passaggio. Ritrovato da un passante, il piccolo, a cui i medici hanno dato il nome di Vittorio Felice, è in ospedale e sta bene. Una sorte molto diversa da quella che è toccata al neonato di Trapani.
Due episodi in due giorni, che hanno interpellato don Ferdinando Di Noto, presidente di Meter. “Non c’è solo tristezza, ma un senso di smarrimento e di ‘sconfitta’ che impone sempre di più come, nel territorio delle nostre periferie esistenziali, tanti molti giovani vivono, possono essere aiutati e accompagnati per amare la vita anche se la percezione della stessa è un errore, uno sbaglio, un rifiuto. Queste storie ci interpellano come comunità ecclesiale e come società”.
(Avvenire)