Terrorismo è una parolaccia che andrebbe maneggiata con estrema cautela.
Evoca tempi bui fatti di sangue, un clima cupo, una violenza che a tratti sembrava ineluttabile e non arginabile.
No grazie, con quel terrore non vogliamo più aver nulla a che fare. Ma negli ultimi mesi la parola terrorismo è riaffiorata sulle labbra di politici e opinionisti associata al virus. Senza il dolore di un tempo e con più rabbia. Ma di quale terrorismo si tratta?
Abbiamo conosciuto il terrorismo ideologico, di sinistra e di destra, dei gruppi grandi e piccoli, che tra gli anni Settanta e Ottanta insanguinarono soprattutto Italia e Germania. Il terrorismo nazionale, in parte rivoluzionario, dell’Eta basca e dell’Ira irlandese. Il terrorismo etnico degli hutu contro i tutsi e altri hutu non disposti a unirsi al massacro. Il terrorismo con forte impronta religiosa – spesso paravento per intenti più banalmente politici – di al-Qaeda e del Daesh, il terrorismo islamico che nei giorni scorsi è tornato a insanguinare Parigi, Nizza e Vienna. Quanti terrorismi hanno seminato paura, e sempre per spaventare la gente e renderla inerte, controllabile, manipolabile. A quale terrorismo si grida oggi, al tempo della pandemia?
Potremmo definirlo, con molta approssimazione, “terrorismo sanitario”.
La giornalista Annalisa Chirico, su twitter, l’11 ottobre scorso parla di
«dittatura sanitaria attraverso il terrore»,
mettendo insieme la parolaccia di domenica scorsa, dittatura, con quella di oggi.
Dobbiamo prenderla sul serio? Essendo laureata in Scienze politiche alla Luiss e dottoranda in Political Theory, collaboratrice di testate come “Panorama” e “Giornale”, non può usare le parole a casaccio e quindi va assolutamente presa sul serio, anche quando su Instagram, dove ha 17mila followers, così definisce se stessa: “La mente è la mia chiesa, i tacchi il mio paracadute” (fonte: controcampus.it). Annalisa Chirico non è sola. Può godere della solida compagnia di Maria Giovanna Maglie: “Il terrorismo indiscriminato operato dai tg è da denuncia penale” (twitter, 17 ottobre). “Quarta Repubblica” (7 settembre) non ama le sfumature e questo piace, piace, piace tanto alla folla inferocita: «Stanno facendo terrorismo» e «il governo ha soltanto diffuso terrore». Il crescendo è degno di un Rossini in splendida forma, magari perfino un po’ dopato. Giorgia Meloni denuncia «questo terrorismo che si sta facendo sulla faccenda del Covid, secondo me per spaventare le persone perché non vadano a votare» (Genova, 15 settembre). Matteo Salvini, nell’intervista al “Sussidiario” del 21 agosto, aveva aperto le danze: «Il governo fa terrorismo soltanto per tenersi il potere» e non c’è alcuna emergenza, «ora il Covid è gestibile senza allarmismi».
Il “terrorismo sanitario mediatico globale” esiste?
Gli allarmi, gli avvertimenti, i provvedimenti di un po’ tutti i governi del mondo vanno ricondotti a una pratica terroristica volta a “spaventare e controllare” la popolazione? A prepararla a una “dittatura”? Ci sono analogie con le altre forme storiche di terrorismo? Anche le ipotesi apparentemente più assurde – come questa, per noi – vanno esaminate, prima di scartarle. E questo è il primo esercizio. Assieme a un altro: non è che proprio un uso disinvolto di “terrorismo” sia un atto “terroristico” lessicale, volto a far gonfiare la rabbia, scatenare il dissenso verso il governo e guadagnare consensi, in vista della conquista del potere? I cadaveri, gli ospedali sull’orlo del tracollo, gli anziani “sacrificabili” potrebbero essere pedine sulla scacchiera dove una regina ingorda punta allo scacco matto, costi quel che costi?
(Avvenire, Umberto Folena)