Emily ha imboccato la via golden gate all’1,34 del mattino assieme al fidanzato, la guida dell’Everest Adrian Ballinger, e ad Alex Honnold, l’amico che l’aveva assistita durante l’incidente, anch’egli provetto arrampicatore, capace di scalare nel 2017 El Capitan in solitaria e senza assistenza. Era il quarto tentativo di sedurre la forza di gravità e il fascino brutale di una parete prevalentemente liscia e senza appigli, che prende il nome dal capo di una tribù di indiani nativi. Il tempo medio per salire in cima a El Cap va dai quattro ai sei giorni. «Non ero mai stata così pronta — ha raccontato Emily dopo l’impresa — e durante la salita mi sono passati per la testa mille pensieri. Questa montagna rappresenta tutto ciò per cui ho lavorato nella mia vita». Il passaggio più difficile verso mezzogiorno, quando le dita delle mani sudate le hanno fatto mancare la presa. Si è riposata mezzora, ha riprovato. È ricaduta, sbattendo la testa: «All’improvviso c’era sangue dappertutto. E ho rivisto il film di un anno fa». Dopo un bendaggio di fortuna, Emily è ripartita verso la vetta.
Fonte: La Repubblica