23 Novembre, 2024
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Trump resiste nel fortino e nomina ‘fedelissimi’ al Pentagono

Il presidente degli Stati Uniti uscente continua a rifiutarsi di concedere la vittoria a Joe Biden e la decapitazione dei vertici del Pentagono, rimpiazzati da uomini di fiducia, suscita interrogativi sulle sue intenzioni

A Washington non si vedono ancora i presupposti di una transizione rapida e pacifica, in un momento delicatissimo che vede l’epidemia di coronavirus accelerare la sua espansione. Il presidente degli Stati Uniti uscente, Donald Trump, continua a rifiutarsi di concedere la vittoria a Joe Biden e la decapitazione dei vertici del Pentagono, rimpiazzati da fedelissimi, suscita interrogativi sulle intenzioni del magnate, che oggi ha proseguito i suoi impegni istituzionali deponendo una corona di fiori sulla tomba del milite ignoto, nel cimitero di Arlington, accompagnato dalla consorte Melania, dal vicepresidente Mike Pence e da sua moglie Karen.

Se il segretario di Stato, Mike Pompeo, prevede una “placida transizione” verso un secondo mandato per Trump, nel Partito Repubblicano non tutti sono disposti a corrergli in soccorso nel suo fortino e c’è chi teme che, dopo il Pentagono, possa toccare a Fbi e Cia. Il licenziamento di Esper, sostituito dal capo dell’antiterrorismo Christopher Miller, non è stato una sorpresa.

Il capo del Pentagono, in rotta di collisione con Donald Trump per essersi rifiutato di dispiegare l’esercito contro le proteste di Black Lives Matter, aveva la lettera di dimissioni già pronta da tempo, avevano scritto i media americani nei giorni scorsi. Con lui sono stati allontanati i massimi vertici della Difesa Usa: il sottosegretario responsabile della politica James Anderson, il sottosegretario con delega all’intelligence Joseph Kernan e il capo dello staff Jen Stewart.

A prendere il loro posto, rispettivamente, il generale in pensione Anthony Tata, spesso ospite su Fox News; Ezra Cohen-Watnick, in passato vicino al’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, e Kash Patel, ex funzionario del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Testate Usa di ogni orientamento politico

continuano a rilanciare le voci su un imminente benservito anche al capo dell’Fbi, Christopher Wray, e alla direttrice della Cia, Gina Haspel.

Si tratta di cambi della guardia che il magnate avrebbe avuto già in programma, se rieletto. Le indiscrezioni sulla volontà di sostituirli comunque, nonostante l’esito delle presidenziali, hanno messo pero’ in allarme i repubblicani del Congresso, che appaiono intenzionati ad alzare le barricate contro una mossa che temono possa avere pesanti conseguenze sulla sicurezza nazionale. La transizione, spiega alla Cnbc Martha Joynt Kumar, dell’associazione no profit White House Transition Project, “è un periodo di vulnerabilita’, è il momento in cui i tuoi nemici potrebbero metterti alla prova”.

I precedenti nella storia recente non mancano: la crisi degli ostaggi in Iran avvenne durante la transizione tra Carter e Reagan, l’abbattimento del volo Pan Am 103 coincise con l’interregno tra Reagan e Bush padre e quando quest’ultimo si preparava a lasciare le redini della nazione a Bill Clinton truppe Usa vennero inviate in Somalia.

Una mossa come il licenziamento di Esper, spiega alla Nbc Nick Rasmussen, ex capo dell’antiterrorismo Usa, offre un senso di “maggiore vulnerabilita’” e crea “preoccupazione e incertezza”.

Ancora più netto l’ex direttore della Cia, John Brennan, secondo il quale “succederanno tante cose nei prossimi 75 giorni, mentre Trump porta avanti vendette, chiude conti e cerca di posizionarsi per il prossimo atto”. “È una persona del tutto priva di principi ed etica, credo sia disposto a tutto e cio’ e’ davvero spaventoso”, ha aggiunto.

Su un allontanamento di Wray e Haspel, potrebbe però consumarsi una frattura impossibile da comporre con i Repubblicani del Congresso. Voci di un imminente cambio della guardia all’Fbi erano state rilanciate dal Wall Street Journal il giorno stesso delle elezioni. Il senatore Jerry Moran, repubblicano del Kansas a capo della commissione che controlla il bilancio dell’Fbi, chiarì al quotidiano finanziario che Wray aveva il pieno sostegno del ‘Gop’ in Senato e che ogni tentativo di rimuoverlo avrebbe potuto ritorcersi contro il presidente.

Dai Repubblicani della Commissione all’intelligence del Senato, da Marco Rubio a John Cornyn non arrivano che parole di lode per l’operato di Gina Haspel che, come Wray, è incorsa nelle ire del presidente per non aver sposato del tutto la sua linea sul ‘Russiagate’. ‘Politico’ scrive che Haspel è stata vista nelle scorse ore entrare nell’ufficio del capo della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, che sarà uno degli uomini chiave dei prossimi giorni.

Intanto Biden continua a lavorare al ‘transition team’. I nomi dei suoi 500 componenti sono stati pubblicati sul sito web dell’organizzazione: sono esperti in politica, ma anche diplomazia, cultura, istruzione, esplorazione spaziale, e spianeranno la strada nelle varie agenzie federali al lavoro che attenderà la futura amministrazione.

Biden potrebbe, secondo la stampa americana, fare i due primi nomi della sua squadra prima ancora del Thanksgiving, il 26 novembre. Crescono le quotazioni di Antony Blinken, ex uomo dell’amministrazione Obama, con una storia familiare fatta di rapporti personali ad altissimo livello, a cui potrebbe essere affidato il compito di guidare il Dipartimento di Stato.

(Il Riformista)

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