E’ successo a Teheran il 7 agosto scorso, i dettagli rivelati dal New York Times
Cinque colpi esplosi da una pistola con il silenziatore in una calda notte di agosto: così è stato freddato il numero due di Al Qaeda, Abdullah Ahmed Abdullah, nome di battaglia Abu Mohammed al-Masri, nel cuore di Teheran, a pochi passi dalla sua casa nel quartiere dei pasdaran.
A premere il grilletto è stato uno dei due agenti del Mossad, i servizi segreti israeliani, che erano a bordo di una moto che ha affiancato la Renault L90 (Logan) bianca, lato guidatore, su cui viaggiavano al-Masri (58 anni) e la figlia Miriam, la vedova di Hamza Bin Laden, figlio di Osama.
Quattro colpi sono finiti nell’abitacolo, uccidendo i due occupanti. Il quinto si è conficcato in un’auto vicina. E’ la ricostruzione del New York Times che per primo – e finora unico – ha dato la notizia dell’omicidio voluto dagli Stati Uniti che per anni avevano inseguito Abdullah. Sulla sua testa pendeva una taglia di dieci milioni di dollari. Era ritenuto il possibile erede di Ayman Al-Zawahiri alla guida del gruppo terroristico che aveva contribuito a fondare.
La missione – degna di un film di James Bond – è stata portata a termine alle 21 del 7 agosto scorso. Probabilmente un giorno non casuale: è l’anniversario degli attentati alle ambasciate americane di Kenya e Tanzania in cui furono uccise 224 persone e rimasero ferite altre centinaia. Il primo grande attacco terroristico firmato da Al Qaeda. Al-Masri ne era ritenuto la mente e per questi era stato incriminato negli Stati Uniti
Secondo i funzionari dell’intelligence americana, che hanno confermato la notizia al Nyt, al-Masri era in custodia dagli iraniani dal 2013 e almeno dal 2015 viveva da uomo libero a Teheran. Una notizia che le autorità sciite smentiscono. Così come, scrive sempre il quotidiano di New York, hanno coperto l’uccisione. Che finora non è stata confermata nemmeno da Israele, Usa o Al Qaeda.
Appena diffusa la notizia dell’assassinio a Teheran, i media ufficiali hanno fornito la loro versione: le vittime sono state identificate in Habib Daoud, un professore libanese di storia, e sua figlia di 27 anni, Maryam. Il canale di notizie libanese Mtv e gli account dei social media affiliati ai pasdarn hanno riportato che Daoud era un membro di Hezbollah, l’organizzazione militante libanese sciita sostenuta dall’Iran. E, in un’estate di sabotaggi e tensioni, sembrava plausibile.
Ma la storia del professore libanese ha retto poco: di lui non c’era traccia sui media del Libano. Così come non risulta nessun insegnante con il suo nome in tutti i database libanesi. Secondo la versione dell’intelligence Usa, Habib Daoud era uno pseudonimo che i funzionari iraniani avevano dato ad al-Masri e la professione di insegnante non era altro che una copertura. L’Iran avrebbe avuto – e ha ancora – tutto l’interesse a non rendere pubblica l’ospitalità data a membri di Al Qaeda, sulla carta acerrimi nemici anche se sulla base di diversi report dei servizi non sarebbe una novità.
Abu Muhammad al-Masri è nato nel distretto di Al Gharbiya, nel nord dell’Egitto, nel 1963. Da qui l’appellativo al-Masri, in italiano “l’egiziano” in riferimento alla terra natia. Da giovane, secondo le carte processuali americane, è stato un calciatore professionista nella massima lega egiziana. Dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979, si è unito al movimento jihadista che si stava coalizzando per assistere le forze afghane.
Dopo il ritiro dei sovietici, 10 anni dopo, l’Egitto ha rifiutato il suo rientro in patria. Al-Masri è rimasto in Afghanistan dove si è unito a Bin Laden nel gruppo che sarebbe poi diventato il nucleo fondatore di Al-Qaeda. È stato indicato come il settimo dei suoi 170 fondatori.
(Agi)