La corsa per la Casa Bianca è finita. Il repubblicano rinuncia al riconteggio in Arizona. Le congratulazioni di Pechino a Biden
L’ultimo Stato americano a finire di contare i voti è stata la Georgia. Ed è andata a Joe Biden. Dieci giorni dopo l’Election day, lo scrutinio delle schede è finalmente giunto al termine, sancendo la vittoria del candidato democratico, che in realtà già da una settimana è stato dichiarato presidente eletto. La conquista della Georgia, uno Stato tradizionalmente repubblicano, rende però più schiacciante il suo trionfo. L’ex vice di Barack Obama si è aggiudicato così 306 grandi elettori in tutto, quando per aggiudicarsi la Casa Bianca ne bastano 270. Il presidente uscente, Donald Trump, ne ha ottenuti 232. Biden inoltre ha «ribaltato» cinque Stati che Trump aveva vinto nel 2016, oltre alla Georgia anche l’Arizona, il Michigan, la Pennsylvania e il Wisconsin. Particolarmente storica la riconquista democratica dell’Arizona, a 24 anni dall’impresa di Bill Clinton. Trump invece non ha preso alcuno Stato che quattro anni fa era andato ai democratici, confermando ieri solo la presa della Carolina del Nord, come nel 2016. Alla luce dei risultati elettorali e della dichiarazione di diverse autorità elettorali statali e locali che «non c’è alcuna prova» di schede perse o modificate o di sistemi di voto violati, appaiono sempre più infondate e pretestuose le accuse di elezioni fraudolente da parte di Trump, così come il suo rifiuto di ammettere la sconfitta e di avviare il passaggio di poteri nei confronti dell’Amministrazione entrante.
Ma se pubblicamente il presidente Usa resta trincerato (e sempre più isolato) nel suo diniego, privatamente sembra cercare una via d’uscita dignitosa.
«Farò la cosa giusta», nel rispetto della Costituzione, avrebbe confidato Trump a un giornalista della Fox news, Gerardo Rivera, in una telefonata, ammettendo per la prima volta le sue intenzioni di accettare una realtà sempre più impossibile da negare.
Poco prima infatti i suoi avvocati avevano ritirato l’azione legale volta al riconteggio dei voti in Arizona. E un giudice statale del Michigan aveva respinto la richiesta repubblicana di bloccare la certificazione dei voti a Detroit. Respinta anche l’istanza di una revisione delle schede. Questo dopo che diverse autorità elettorali statali e locali, tra cui l’Agenzia della cyber sicurezza e della sicurezza delle infrastrutture (Cisa), che dipende dal dipartimento della Sicurezza interna, avevano sentenziato in una nota congiunta che «l’elezione del 3 novembre è stata la più sicura della storia degli Stati Uniti». E Mark Zuckerberg diventava il primo esponente dei giganti della tecnologia a riconoscere la vittoria di Biden.
Trump intanto prometteva via Twitter ai suoi sostenitori di unirsi a loro oggi in una manifestazione per le strade di Washington e faceva dire alla sua portavoce che «parteciperà al proprio insediamento per un secondo mandato» il 20 gennaio. Più tardi, ribadiva: «Il tempo dirà chi sarà presidente». L’idea è di far dimenticare la sconfitta annunciando una ricandidatura nel 2024 e trasformando i 72 milioni di voti ricevuti in ascoltatori per una tv digitale che lancerà il prossimo anno.
La nuova Amministrazione non restava però a guardare, nonostante il boicottaggio del governo uscente. Alcuni esperti di sicurezza nazionale (non vincolati dal divieto di comunicare con la squadra di Biden) hanno fatto sapere che la prossima settimana cominceranno a informare regolarmente il presidente eletto, perché ulteriori ritardi potrebbero mettere a rischio la sicurezza nazionale, come il ritardo nel passaggio di poteri del 2000 preparò il terreno all’11 settembre 2011.
Pechino si congratula con Biden. Putin e Bolsonaro no
Alla fine anche la Cina si è congratulata con il presidente eletto Usa Joe Biden, pur evitando con attenzione ogni menzione diretta alla presidenza. «Rispettiamo la scelta del popolo americano», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, rilevando che «allo stesso tempo la convinzione della Cina è che il risultato delle elezioni sarà determinato nel rispetto delle legge e delle procedure statunitensi». La Cina era rimasta in silenzio, alimentando le voci che Pechino stesse aspettando una conferma del voto in modo da non apparire a favore di alcun candidato per evitare tensioni con Washington. Non si sono ancora complimentate con il presidente eletto né la Russia di Putin né il Brasile di Bolsonaro. Anche la populista francese Marine Le Pen ha dichiarato di non riconoscere «assolutamente» la vittoria di Biden.
(Avvenire)