12 Novembre, 2024
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Covid hotel, altri otto alberghi pronti a riconvertirsi a Roma

Alcuni mesi dopo, nel pieno della seconda ondata, la strada dei Covid hotel sembra più obbligata che mai, e trova un valido alleato nelle buone prassi delle scorse settimane

Di fronte agli ultimi dati della Banca d’Italia, che registrano nei primi nove mesi del 2020 un crollo del 77,1% delle presenze turistiche, l’ultima possibilità per molti albergatori della capitale sembra quella di trasformare i loro hotel in ristori per i contagiati. Un’idea che per molti, costretti a combattere con un tasso di occupazione delle camere sceso al 23%, ha le sembianze dell’opportunità e che – sul fronte della Regione – rappresenta una valida occasione per decongestionare gli ospedali, e gestire in modo più organico molti isolamenti fiduciari.

Il tema non è nuovo, anzi il primo schema di convenzione che tiene dentro i privati “non sanitari” nella gestione del Covid, la Regione lo ha siglato il 30 marzo scorso. Obiettivo: individuare “alcune strutture per l’accoglienza della popolazione da porre in isolamento domiciliare fiduciario”. Fin dall’inizio della pandemia, l’idea è quella di affidarsi ad alcune strutture alberghiere, organizzate per l’accoglienza di malati Covid da porre in isolamento domiciliare fiduciario. Il corrispettivo previsto dalla Regione è di 30 euro e obbliga la struttura ad assicurare il servizio di manutenzione delle stanze, il servizio di reception e vigilanza e la fornitura di saponi da bagno e carta igienica.

Alcuni mesi dopo, nel pieno della seconda ondata, la strada dei Covid hotel sembra più obbligata che mai, e trova un valido alleato nelle buone prassi delle scorse settimane. È il caso dell’Hotel Alba di Roma, diventato struttura Covid il 31 ottobre e già con 30 assistiti, o ancora dell’Urban Garden, un tre stelle in zona Rebibbia, tra i primi ad aderire alla convenzione. “Quella dei Covid hotel – spiega Antonella De Gregorio, titolare dell’Urban Garden – è stata un’esperienza più che positiva. Nessun problema per il personale e per gli ospiti, e nessun problema con il vicinato. Ad oggi abbiamo 23 stanze occupate su 50 disponibili e quindi in caso di emergenza, che speriamo no ci sia, abbiamo la disponibilità di accogliere altre persone”.

A fare da tramite è Federalberghi, con la quale la Regione Lazio ha sottoscritto l’intesa. L’associazione sostiene la diffusione dei Covid hotel, pur rilanciando il grido di allarme sulla gravissima crisi che il settore sta vivendo. “A Roma – spiega il presidente di Federalberghi, Giuseppe Roscioli – abbiamo messo a disposizione 15 Covid hotel e al momento ne vengono utilizzati 6, 7. Ci siamo fermati con la ricerca vedendo che non c’era altra richiesta, altrimenti se ci chiedono 20 alberghi la disponibilità c’è, li troviamo subito anche con un maggior numero di camere”.

Gli alberghi ci sono, perché i turisti sono assenti e le camere restano vuote. Il punto centrale, però, è capire fino a che punto il servizio dei Covid hotel possa essere valido per rispondere alle richieste dei pazienti ed evitare nuove occasioni di contagio. Su questo tema è intervenuto il vice segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale, Pier Luigi Bartoletti. “Il Covid hotel – ha spiegato – è un domicilio, non un ospedale. Una struttura protetta rispetto a casa per quei pazienti che non hanno supporto sociale o familiare. Ma le regole d’ingaggio devono essere chiare: ci possono entrare solo persone con un quadro clinico stabilizzato e che non necessitano di reparti di degenza anche se a bassa intensità”.

(La Repubblica)

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