Sia il ‘candidato’ di Pfizer/Biontech che quello di Moderna sono vulnerabili alla degradazione a temperatura ambiente. Per questo è necessario che le dosi vengano congelate a temperature estremamente basse
La temperatura necessaria alla conservazione delle dosi potrebbe rendere più complicata la distribuzione dei nuovi vaccini. È quanto emerge da un rapporto pubblicato sulla rivista Science, in cui si ripercorrono le caratteristiche dei principali protagonisti della “caccia al vaccino”, Moderna e Pfizer/BioNTech, i cui recenti annunci sembrano indicare un’efficacia delle dosi che supera il 90 per cento delle somministrazioni.
“Entrambe le sostanze utilizzano una tecnologia basata sui filamenti di RNA messaggero (mRNA), contenuti all’interno di particelle lipidiche – spiega Alana Gerhardt, dell’Istituto di ricerca sulle malattie infettive (IDRI) – che sono vulnerabili alla degradazione a temperatura ambiente. Per questo è necessario che le dosi vengano congelate temperature estremamente basse”.
La condizione termica per la conservazione dei vaccini richiede solitamente un livello di –70 ° C, ben al di sotto delle possibilità dei dispositivi di stoccaggio in ospedali e farmacie, mentre per la soluzione di Moderna potrebbe essere sufficiente raggiungere una temperatura di circa –20 ° C, il che faciliterebbe la distribuzione e l’immagazzinamento delle dosi, specialmente nelle zone in cui non si dispone di congelatori speciali o dell’elettricità necessaria a refrigerare i composti”.
Come riporta l’articolo di Science, esistono oggi diverse alternative per conservare i vaccini, e una di queste potrebbe essere il thermos Arktek, un dispositivo ad alta tecnologia che da diversi anni permette la distribuzione di vaccini contro l’Ebola nell’Africa subsahariana nonostante la necessità di raggiungere temperature di – 70 ° C. “Con ogni probabilità – commenta Daniel Lieberman, ingegnere meccanico con Global Health Labs a Seattle, un’organizzazione no profit creata dalla Bill & Melinda Gates Foundation, che ha finanziato lo sviluppo di Arktek – avremo bisogno di un’ampia gamma di strumenti per la catena di approvvigionamento, ma i dispositivi che raggiungono temperature estremamente sotto zero possono essere piuttosto costosi”.
“I requisiti di temperatura non sono del tutto chiari – sostiene Barney Graham, ricercatore presso l’Istituto nazionale di allergia e malattie infettive degli Stati Uniti, che ha progettato l’mRNA utilizzato sia da Moderna che da Pfizer / BioNTech – alcune aziende potrebbero essere in grado di documentare che l’mRNA può sopravvivere a temperature più elevate rispetto ai –70 ° C”. Farmacie e studi medici che non dispongono di congelatori in grado di raggiungere le temperature necessarie possono conservare le dosi in scatole termiche, versando ingenti quantità di ghiaccio secco ogni cinque giorni. I vertici di Moderna, invece, sostengono che il vaccino potrebbe essere in grado di restare stabile per un arco di tempo di circa sei mesi a temperature di circa –20 ° C e potrebbe essere conservato alle normali temperature di frigorifero fino a 30 giorni. La società tedesca CureVac ha dichiarato che il loro vaccino potrebbe resistere per tre mesi a 5 ° C.
“Riteniamo che una maggiore compattezza dell’mRNA – spiega Sarah Fakih, portavoce di CureVac – possa portare a una minore suscettibilità alla degradazione”. L’azienda tedesca prevede di lanciare una sperimentazione su 30 mila partecipanti entro la fine di quest’anno per testare l’efficacia del vaccino.
(Agi)