25 e 28 novembre 2020
giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e di genere
NON UNA DI MENO OVUNQUE: SE CI FERMIAMO NOI SI FERMA IL MONDO!
In occasione della giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e contro la violenza di genere, il 25 e il 28 novembre, il movimento femminista NON UNA DI MENO organizzerà iniziative dislocate, flashmob, presidi, campagne social e assemblee virtuali.
Sono prima di tutto le donne a pagare il prezzo dell’emergenza sanitaria in corso. I numeri parlano in generale di vite a rischio e di responsabilità collettiva “ma non siamo tutt* sulla stessa barca”.
Le conseguenze del lockdown si misurano nei dati della violenza domestica destinati ad aumentare ancora con le nuove misure di confinamento, con i centri anti-violenza femministi e le case rifugio che hanno dovuto far fronte a un’emergenza nell’emergenza per non lasciare nessuna da sola e con l’accesso all’aborto che è diventato ancora più complicato.
Come in tempi di “normalità”, la famiglia e la casa continuano ad essere luoghi di oppressione e di conflitto, i tribunali e gli ospedali luoghi di violenza istituzionale. I cimiteri dei feti ne sono l’emblema.
“In questi mesi le nostre vite sono state travolte,
non ci siamo mai fermate“.
Lavoratrici e madri sono obbligate a un’impossibile conciliazione tra lavoro e famiglia, tra salario e salute. Ma sono soprattutto le donne e le persone lgbtqia+, migranti, precarizzate e non garantite a pagare la crisi e a perdere per prime il lavoro. Il ricorso sistematico al lavoro gratuito, precario o malpagato non è corrisposto da nessuna valida misura di sostegno al reddito e al salario, dall’inclusione nel welfare, dal supporto per la cura di bambini, malati e anziani. Oggi, Confindustria continua a difendere gli interessi padronali e si parla esclusivamente di un «ristoro» per chi, con le nuove misure restrittive, perderà i propri profitti.
La tenuta della sanità e della scuola mostra un sistema sociale distrutto dalle politiche di austerity e fondato sulle diseguaglianze. Il corpo delle donne e gli ecosistemi condividono lo stesso destino: risorse gratuite, inesauribili e a disposizione. Questa violenza sta arrivando oggi a un punto di non ritorno, l’emergenza sanitaria ne è solo un segnale.
È necessario un cambio di rotta radicale già a partire dall’utilizzo del Recovery Fund.
Pretendiamo che le risorse vadano a finanziare sanità e scuola pubblica, a garantire un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare veramente universale e non familistico che liberi le donne dal carico esclusivo del lavoro di cura. Lottiamo per un permesso di soggiorno europeo slegato dalla famiglia e dal lavoro, per le risorse ai centri anti-violenza femministi e alle case rifugio, per un nuovo piano antiviolenza che metta al centro autonomia e autodeterminazione.
“Non vogliamo essere solo una statistica sulle “nuove povertà”;
non siamo «angeli», non siamo «eroine».
Se abbiamo una missione non è quella di accudire una società
che ci opprime e ci sfrutta, ma di trasformarla radicalmente“.
Il 20 novembre si svolgeranno iniziative in connessione con il Transgender day of Remembrance.
Il 25 e il 28 novembre, contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere, faremo risuonare, di nuovo, un grido altissimo e feroce: Se ci fermiamo noi, si ferma il mondo!
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