Avviso pubblico:
Interventi a sostegno dell’editoria
I temi del Bullismo e Cyberbullismo sono, purtroppo, sempre più attuali.
L’agone è impegnato da tempo in una attività culturale e di diffusione – da ultimo nell’ambito di un progetto della regione Lazio, “Avviso pubblico: Interventi a sostegno dell’editoria” – per contribuire a contrastare questo odioso fenomeno.
Pubblichiamo 4 articoli di altrettanti specialisti nostri preziosissimi collaboratori
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Claudia Della Ceca: «L’obiettivo primario è quello di prevenire il rischio»
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Gianluca Di Pietrantonio: «Una richiesta di sostegno è atto di responsabilità verso sé stessi. Nessuno si salva da solo»
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Benino Argentieri: «Cyberbullismo, come riconoscerlo e cosa fare»
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Azzurra De Luca: «Obesità infantile, dati sempre più allarmanti»
L’obiettivo primario è quello di prevenire il rischio
Il termine bullismo deriva dall’inglese bullying e seppur privo di una sua puntuale definizione tecnica, giuridica e sociologica, è usato unanimemente per indicare tutta quella serie di comportamenti, caratterizzati da intenti violenti, vessatori, e
persecutori tenuti da soggetti giovani (bambini, adolescenti) nei confronti di loro coetanei, ma non solo.
Può essere descritto come un’oppressione, emozionale o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona o da un gruppo di persone più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole, ove si “è oggetto di bullismo, ovvero è prevaricato e vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni” (Olweus).
Nella dinamica tipica del bullismo, il gruppo di spettatori riveste una notevole importanza nel creare e fissare i ruoli: l’essere bullo, così come l’essere vittima, corrisponde ad assumere un “ruolo sociale” che costituisce “l’insieme delle norme e delle aspettative che convergono su un individuo che occupa una determinata posizione in una più o meno strutturata rete di relazioni sociali, ovvero in un sistema sociale.
Rispetto alle caratteristiche psicopatologiche, il bullo presenta alcune peculiari aspetti: incapacità di immedesimarsi nella vittima; bisogno di dominare gli altri, anche maggiori di età; incapacità di riconoscere le espressioni non verbali manifestate dagli altri; deficit socio-cognitivi; tendenza a vivere la vittima, per lui sempre colpevole, come un capro espiatorio; sottovalutazione dei propri comportamenti violenti; capacità manipolativa e abilità nel catturare le simpatie del gruppo; stile educativo familiare di tipo coercitivo, incoerente, anaffettivo, con relazioni intrafamiliari ambivalenti, individualistiche, limitate, permissive.
Le caratteristiche della vittima sono invece l’immaturità, la timidezza, la paura, il disagio e il disadattamento nonché uno stile educativo familiare immaturo, non formativo, iperprotettivo. La vittima manifesta paura, incapacità di affrontare le situazioni e di rispondere alle prepotenze, ed è sempre alla ricerca di protezione esterna e rassicurazione. L’autostima della vittima è molto bassa; il carattere è ansioso e solitario.
Dal punto di vista di una fenomenologia dissociale individuabile, le caratteristiche del bullismo sono: intenzionalità, persistenza nel tempo, asimmetria della relazione.
Si può manifestare sotto diverse forme: bullismo diretto, quando è caratterizzato da attacchi, relativamente aperti nei confronti della vittima, di tipo fisico e/o verbale; bullismo indiretto, quando è caratterizzato dall’isolamento sociale e dall’intenzionale esclusione dal gruppo (Stalking, Cyberbulling o bullismo elettronico). Quest’ultimo, il cyber-bullismo potrebbe essere definito come bullismo verbale e/o relazionale supportato elettronicamente, in accordo con il coniatore del termine, Bill Belsey: “Il cyber-bullismo comporta di tecnologie di informazione e di comunicazione come per esempio e-mail, telefoni cellulari, pager, messaggistica istantanea, siti web diffamatori per sostenere deliberatamente e ripetutamente comportamenti ostili da parte di un individuo o di un gruppo, destinato a nuocere gli altri.” Tuttavia, come suggeriscono Dehue, Bolman and Vollink (2008) devono coesistere principalmente tre fattori per cui l’atto si possa definire cyber-bullismo: il comportamento deve essere reiterato, si deve registrare la presenza di un’afflizione psicologica e deve essere messo in pratica intenzionalmente.
I ricercatori hanno iniziato a investigare sulle motivazioni del cyberbullismo, le due principali motivazioni comuni e interrelate includono: l’anonimato e l’effetto di disinibizione. L’anonimato è un costrutto composto da due elementi: la non identificabilità e l’invisibilità. “La non identificabilità contribuisce maggiormente alla disinibizione tossica, dal momento che chi legge i post avrà scarse informazioni sulla posizione geografica, la professione, il genere, l’etnia o l’età dell’autore, a meno che questi non fornisca i propri dati volontariamente[…]. In rete, poi, l’invisibilità può avere effetti disinibitori analoghi a quelli della vita reale, quando ad esempio al buio si è pronti ad abbandonare norme e vincoli sociali (Wallace, pp.140-141).
Vari autori, inoltre, hanno investigato le differenze esistenti sulla differenziazione di genere. Alcune ricerche hanno attribuito maggiormente il comportamento del cyber-bullismo al sesso maschile (Wong et al 2014). Tuttavia all’interno della letteratura sono stati segnalati anche riscontri contrastanti, ad esempio in uno studio canadese le ragazze sono risultate essere più coinvolte nel cyber-bullismo (Pettalia et al. 2013) ciò perché loro preferiscono vittimizzare indirettamente (Nelson, 2003). Altri ancora, invece, hanno registrato punteggi simili per entrambi i generi, per concludere poi che le ragazze siano maggiormente le vittime (Cappadoccia et al. 2013,, Sourander et al. 2010).
Ulteriori motivazioni del cyber-bullismo possono includere omofobia, razzismo e vendetta. Gli adolescenti hanno riportato di ingaggiare il cyber-bullismo cosicché possono ottenere soddisfazione e piacere dall’aver ferito le loro vittime.
La prevenzione è attuabile innanzitutto attraverso il lavoro sulle emozioni ed affettività: Interventi maturativi sulla famiglia, sul gruppo, nella interculturalità, alterità, biodiversità e nelle situazioni di crisi anche attraverso vettori immaginifici come: Film, lettura di libri o percorsi artistici (Teatro Pedagogico) o sportivi. Lo scopo è di facilitare il processo di empatizzazione, mentalizzazione e riduzione dei conflitti irrisolti. Risulta, importante adottare già a partire dall’età evolutiva una comunicazione efficace, coerente ed autorevole e non autoritaristica e repressiva; aiutare il bambino ad esprimere le proprie emozioni; aiutare il bambino a riflettere; non inibire l’aggressività ma canalizzarla verso mete costruttive in senso culturale; dare regole chiare, precise e motivate.
Dott.ssa Claudia Della Ceca
Una richiesta di sostegno è atto di responsabilità verso sé stessi.
Qualche giorno fa, in un tranquillo comune del torinese, c’è stato l’ennesimo festival della follia: un uomo ha sparato alla moglie, ai due gemellini di appena due anni e al cane prima di suicidarsi. Leggendo gli innumerevoli rilanci di cronaca, si apprende di una storia come mille altre: relazione coniugale estinta, un nuovo coinvolgimento di una donna qualsiasi che scatena la reazione imprevedibile di un uomo comune, mite e onesto lavoratore, che in una manciata di minuti realizza un concentrato di orrore da trattato di psichiatria: nessuna pietà per gli innocenti, bambini uccisi nel sonno, ammazzato addirittura il cane. Un simbolico reset senza logica con cui esorcizzare la perdita di ciò che è considerato proprio e immutevole, l’insana rivalsa per una lesa maestà che non ha mai ridimensionato un sé esagerato ma essenzialmente fragile.
Infruttifera qualsiasi considerazione postuma, l’analisi della psico genesi e psico dinamica degli eventi, le considerazioni morali, etiche, le espressioni di sdegno e di pietà.
Perché il sacrificio degli innocenti non sia vano, occorre concentrare ogni sforzo sui frame che registrano gli stati d’animo, le piccole reazioni, le sensazioni, le letture non verbali del periodo che segue la crisi e la rottura.
Nasce per questo lo spazio dedicato alla prevenzione della violenza (espressa in ambito familiare, ma anche scolastico e lavorativo) messo a disposizione da L’agone; esperti capaci di ascoltare e affiancare quei passaggi difficili in cui avviene il cambiamento; professionisti pronti ad accogliere i bagagli emozionali gravosi, disposti a esaminare i dubbi, i timori, ma anche offrire le strategie opportune, indirizzare alle diverse articolazioni di volta in volta necessarie a mantenere composti i distacchi.
Facendo una decisa tara sui sensi di colpa, di vergogna e di timore, il netto di una richiesta di sostegno potrà solo essere un atto di responsabilità verso sé stessi e le persone che si amano, un contributo significativo all’impoverimento di quella cronaca brutale che nessuno vorrebbe più leggere ma soprattutto, il ridimensionamento di matasse che possono essere meno ingarbugliate di quanto lo sconforto e la stanchezza ce le possano far apparire allorché a doverle dipanare siamo noi.
Le storie di ognuno, protette da un rigoroso grado di riservatezza, saranno un prezioso patrimonio per tutti, perché nessuno si salva da solo.
Gianluca Di Pietrantonio
Cyberbullismo, come riconoscerlo e cosa fare
“Scuole chiuse o scuole aperte?”. Questa sembra una delle domande più pressanti in questo autunno di seconda ondata di coronavirus. Ma alcuni dei problemi dei nostri ragazzi non scompaiono solo perché rimangono a casa. Anzi, si trasformano e diventano più insidiosi. È il caso del bullismo, ovvero i comportamenti reiterati di aggressione verbale e fisica ai danni di coetanei. Telefono Azzurro riceve almeno una chiamata al giorno da parte di vittime di bullismo (sempre più giovani, a partire dai 5 anni) ma si tratta di un fenomeno sommerso. Anche per la didattica a distanza, i nostri figli passano sempre più tempo allo smartphone o al pc. Ed è qui, su social e app come WhatsApp, che avviene il cyberbullismo: messaggi di molestie, offese, provocazioni ma anche emarginazione e diffusione pubblica di informazioni personali o foto (come il sextortion, ovvero ricattare i ragazzi per non diffondere foto\video che li ritraggono nudi o in atteggiamenti sessuali). Nel 2019 i casi di vittime minorenni trattati dalla Polizia Postale sono stati 460 (+18% rispetto al 2018). È dunque importante conoscere i rischi specifici del cyberbullismo: età sempre più precoce dell’uso degli smartphone; scarso controllo da parte dei genitori; diffusione e pervasività delle aggressioni, che diventano visibili a tutti e senza limiti di tempo; minore senso di responsabilità per quello che viene detto in rete.
Cosa possono fare gli adulti? Essere attenti ai segnali diretti e indiretti dei ragazzi: perdita di interesse nelle attività preferite o nell’uso di pc e smartphone, cambiamenti nelle abitudini alimentari e del sonno, salto delle lezioni. Inoltre occorre controllare le attività dei figli sugli apparecchi elettronici. Infine, mostrarsi sempre aperti al dialogo non giudicante e parlare anche in famiglia del problema. Spesso i ragazzi si rivolgono ad un insegnante per chiedere aiuto: anche in questo caso, quindi, la scuola rimane una preziosa alleata.
Benino Argentieri, psicologo
Obesità infantile, dati più che allarmanti
L’incidenza dell’obesità infantile negli ultimi anni è in rapida ascesa, anche in Italia. Un’indagine promossa dal Ministero della Salute (OKkio alla Salute) stima infatti che circa il 10% dei bambini di età compresa fra i 6 e gli 11 anni sia obeso e che il 22% sia in sovrappeso. Numerosi studi dimostrano che sovrappeso e obesità durante l’infanzia e l’a
dolescenza sono altamente correlati con sovrappeso e obesità in età adulta. Il sovrappeso durante l’adolescenza è infatti associato a un aumento dell’incidenza di patologie e della mortalità da adulti per malattie cardiovascolari ed altri disturbi cronici. Inoltre, anche i soggetti che perdono peso in età adulta a seguito di condizioni di obesità sviluppate durante l’adolescenza, rischiano gravi problemi di salute, suggerendo che è proprio durante l’adolescenza che l’obesità può attivare meccanismi associati a rischi in età adulta. Si sta anche rivelando il ruolo potenziale della crescita nel periodo intrauterino e durante il primo anno di vita come predittore di rischio cardiovascolare e obesità in età adulta.
Così come gli adulti, i bambini in moderato sovrappeso mostrano un aumento nei livelli di colesterolo LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”), mentre bambini obesi mostrano anche aumenti nei livelli di trigliceridi ed a volte un aumento della pressione arteriosa, oltre al diabete di tipo 2. Altri problemi di salute associati con l’obesità e il sovrappeso nei bambini sono steatosi epatica ed epatiti, infezioni fungine della pelle, problemi osteoarticolari e, non per ultimi, problemi del comportamento, che includono mancanza di autostima, depressione, ansietà, tendenza all’isolamento.
Spesso non è possibile individuare le vere cause dell’obesità infantile, poiché solo raramente essa è dovuta ad alterazioni nei livelli ormonali. Più spesso, invece, è il risultato di più fattori, quali una cattiva alimentazione, una scarsa attività fisica, sbagliate abitudini di vita e disagi nella sfera emotiva. Senza dubbio, infatti, un ruolo chiave nell’obesità infantile è svolto dall’ambiente familiare, ossia dalle abitudini alimentari e dallo stile di vita che la famiglia propone al bambino. E’ fondamentale offrire al bambino un’alimentazione adeguata alla sua età sia in termini di quantità che di qualità degli alimenti, insegnargli a mangiare e ad apprezzare i cibi della nostra tradizione e coinvolgerlo nella preparazione dei pasti. E’ necessario insegnare ai bambini e agli adolescenti a mangiare in modo sano e ad apprezzare i sapori semplici e non quelli che l’industria e il marketing ci propongono quotidianamente. Basta dedicare ai nostri bambini unpo’ del nostro tempo e non lasciarli a se stessi di fronte ad un frigorifero, spesso pieno di “calorie vuote”. A ciò si deve naturalmente associare l’attività fisica, nel rispetto dell’età e delle preferenze del bambino stesso, allo scopo di evitare la sedentarietà e l’isolamento. A volte l’atto di mangiare smisuratamente nasce come reazione a situazioni di disagio di vario genere, sia all’interno della famiglia che nell’ambito della vita sociale, fino a forme di vero bullismo. Il cibo può facilmente diventare il rifugio in cui rinchiudersi lontano dai problemi e un modo per riempire il senso di vuoto, solitudine e frustrazione. Dal momento che i bambini, per loro natura, hanno più difficoltà degli adulti a gestire le proprie emozioni, possono essere facilmente preda di vari disturbi che si riversano nella sfera alimentare. Osservare criticamente i nostri bambini è la chiave per intervenire in tempo evitando loro seri problemi.
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Azzurra De Luca, nutrizionista