23 Dicembre, 2024
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Trump il mandante, Netanyahu l’esecutore. Così nasce l’operazione “Terra bruciata”

Contro l’Iran una guerra per procura, in una prima fase, affidata all’amico e sodale di Tel Aviv: il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Terra bruciata” attorno al presidente eletto Joe Biden.

L’operazione “Terra bruciata” ha avuto inizio. E, come rimarcato da Globalist, il vero, disperato, ricorso di Donald Trump è quello alla guerra. Contro l’Iran. Guerra per procura, in una prima fase, affidata all’amico e sodale di Tel Aviv: il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Terra bruciata” attorno al presidente eletto Joe Biden.

Terra bruciata

Per comprenderne la portata non serve inseguire i roboanti propositi di vendetta scanditi dai vertici del regime di Teheran. Più utile è leggere quanto scritto su Haaretz da uno dei giornalisti israeliani più addentro alle segrete cose d’intelligence: Zvi Bar’el “L’assassinio dell’esperto nucleare iraniano, il gen. Mohsen Fakhrizadeh, è stata solo una questione di tempo e di opportunità – annota Bar’el. Il fisico ritenuto ‘il padre’ del programma nucleare iraniano e l’uomo che dirigeva il Centro iraniano per la preparazione delle tecnologie moderne, dove sono stati sviluppati anche i suoi piani nucleari militari, sapeva bene che il suo nome era sulla lista nera degli Stati Uniti e di Israele.

Già nel 2006, in un’apparizione davanti al Washington Press Club, Alireza Jafarzadeh, portavoce del gruppo di opposizione Mujahedin-e Khalq, ha rivelato una lista di 21 scienziati e fisici associati al programma nucleare, membri della facoltà dell’Università Imam Hossein, guidata dalle Guardie rivoluzionarie. Il nome di Fakhrizadeh era il secondo della lista. Al primo posto c’era Fereydoon Abbasi, che nel 2010 è stato gravemente ferito in un tentato omicidio attribuito a Israele.

Da allora sono stati assassinati altri scienziati iraniani, ma nell’ultimo decennio sono saliti a bordo altre centinaia di esperti nucleari: laureati, professori e professionisti che hanno istituzionalizzato l’infrastruttura della conoscenza e lo sviluppo dei piani nucleari iraniani, contando su uno sviluppo e un know-how indipendente impressionante, e componenti importati o rubati dalla Corea del Nord, dal Pakistan e persino dai Paesi occidentali. Si tratta di un sistema multi-filiale sotto il controllo delle Guardie Rivoluzionarie, che gode di finanziamenti governativi quasi illimitati e non si affida all’abilità o alla competenza di un singolo individuo.

L’uccisione di Fakhrizadeh è in linea di principio una dimostrazione di lodevole capacità di intelligence volta a far capire all’Iran che la spedizione di caccia ai suoi esperti nucleari attribuita a Israele continua senza sosta, ma è ben lungi dall’interrompere il programma nucleare iraniano”.

Messaggio a Biden

“La tempistica dell’assassinio, anche se determinata da considerazioni puramente operative, è un chiaro messaggio al presidente eletto Joe Biden, volto a mostrare le critiche di Israele all’intenzione di tornare all’accordo nucleare con l’Iran e ad altre questioni, come il congelamento del programma missilistico balistico iraniano in cambio della cooperazione economica – rimarca l’analista israeliano -.  In termini di diplomazia, come per gli attacchi agli obiettivi iraniani in Siria, la versione presentata è che Israele – se davvero Israele era dietro l’azione – sta guidando il proprio corso indipendente nella sua guerra contro l’Iran, anche se gli altri Paesi non fanno nulla. Questo va contro la visione israeliana secondo cui l’Iran è una minaccia globale, non solo per Israele, ma permette a Israele di mantenere la questione iraniana nell’agenda pubblica. A differenza di un assalto aereo diretto all’Iran, che potrebbe mandare la regione a palla di neve in una guerra internazionale, la serie di assassinii e di assalti mirati permette agli Stati Uniti, certamente mentre Donald Trump è ancora presidente, di chiudere gli occhi sulla questione. Lo stesso vale per la Russia, che ha dato il permesso a Israele di operare in Siria, purché non colpisca gli obiettivi strategici del regime siriano. Tuttavia, il margine di manovra di Israele potrebbe ridursi se Biden decidesse, in qualità di presidente, che qualsiasi azione israeliana contro l’Iran potrebbe danneggiare i suoi sforzi per tornare ad un accordo nucleare, che considererebbe una base adeguata per fermare il programma nucleare iraniano e bloccare la sua capacità di sviluppare armi nucleari. In uno scenario moderato, l’Iran potrebbe chiedere che la sua volontà di negoziare con gli Stati Uniti per un accordo sia legata alla cessazione degli attacchi da parte di Israele. In uno scenario più estremo, l’Iran potrebbe rinnovare i suoi attacchi, o quelli dei suoi delegati in Iraq e Yemen, contro obiettivi americani per dimostrare che Israele sta mettendo a rischio la politica degli Stati Uniti e la sua posizione nella regione, e minando l’affermazione che Israele sta agendo in modo indipendente, senza alcun collegamento o sostegno da parte degli Stati Uniti. L’Iran è già esperto nell’avviare attacchi contro obiettivi americani nel Golfo Persico e in Iraq, attacchi che hanno messo Trump in una posizione imbarazzante in cui si è astenuto dall’attaccare obiettivi iraniani o dal rispondere a un assalto a obiettivi sauditi, dimostrando così che le sue minacce contro l’Iran non si traducono in azione dal suo feed di Twitter. Gli Stati Uniti si sono anche resi conto che il costo degli omicidi mirati potrebbe essere molto più alto dei dividendi che potrebbe produrre. L’uccisione di Qassem Soleimani a gennaio ha portato alla decisione del parlamento iracheno di chiedere il ritiro delle forze americane dall’Iraq, una mossa che è andata contro la posizione degli alti ufficiali militari americani e anche quella di Biden, che ritiene che un ritiro delle truppe statunitensi dalla regione debba essere effettuato con cautela. Così, mentre Israele si prepara ad ogni possibile rappresaglia iraniana, potrebbe trovarsi in rotta di collisione con la politica prevista da Biden, in particolare su un tema che Israele considera la minaccia più strategica per la sua esistenza. Allo stesso tempo, l’Iran, nonostante le sue minacce e l’accusa diretta di Israele come responsabile dell’uccisione di Fakhrizadeh, non è entusiasta di aprire un nuovo canale di conflitto con gli Stati Uniti. Nelle dichiarazioni ufficiali di risposta iraniane, Israele è l’unico diretto responsabile dell’assassinio e l’Iran tende ad agire contro Israele. Gli Stati Uniti, almeno finora, non sono stati menzionati come un partner che deve anche assumersi le proprie responsabilità ed essere punito”.

Ci si aspetta che Teheran attenda prima che la famiglia Trump lasci la Casa Bianca, perché è consapevole della possibilità che Trump possa usare qualsiasi pretesto per una dimostrazione di forza contro l’Iran. L’elezione di Biden e le sue dichiarazioni sull’Iran hanno aumentato il livello di ottimismo, almeno di alcuni leader iraniani, per la possibilità che le sanzioni siano revocate. Il presidente Hassan Rohani e il ministro degli Esteri Javad Zarif hanno affermato la settimana scorsa che l’Iran sarebbe disposto a negoziare con gli Stati Uniti le condizioni per il ritorno all’accordo nucleare e che le dichiarazioni di Biden segnano un cambio di direzione. Sebbene le loro dichiarazioni abbiano suscitato critiche tra i conservatori iraniani, in particolare il comandante di Al Quds Esmail Qaani, il sostituto di Soleimani, il fatto stesso che si discuta sul ritorno all’accordo significa che non è più un tabù, soprattutto sullo sfondo della profonda crisi economica e della pandemia di coronavirus in Iran.

Un’altra questione politica riguarda l’impatto delle elezioni presidenziali di giugno sulla volontà dell’Iran di rinnovare i colloqui con gli Stati Uniti. L’accordo nucleare dovrebbe essere uno dei principali punti di contrasto tra i conservatori radicali e le Guardie rivoluzionarie da un lato, e i conservatori e riformisti moderati dall’altro.

La decisione spetterà, come al solito, al leader supremo Ali Khamenei, che finora non ha mostrato alcun segno di flessibilità nella sua posizione, anche dopo l’elezione di Biden. Ma ha già dimostrato di saper formulare le sue posizioni in modo da permettere all’Iran di firmare l’accordo nucleare, presentandolo come un interesse iraniano essenziale. La logica degli interessi dell’Iran potrebbe dettare la sua moderazione nei confronti di Israele e certamente degli Stati Uniti. Ma data l’impossibilità di giudicare l’elasticità della moderazione dell’Iran alla luce degli assalti israeliani al suo prestigio, la logica diplomatica e politica non è necessariamente l’unico fattore che detta la sua risposta”.

Il New York Times ha pubblicato informazioni che confermano l’illazione di venerdì, ovvero che a compiere l’eliminazione sia stato un commando del Mossad israeliano. Il giornale scrive che “c’è Israele dietro l’assassinio dello scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh: lo confermano un funzionario americano e altri due dirigenti dell’intelligence. Non è chiaro quanto gli Usa sapessero in anticipo dell’operazione. Ma i due paesi sono strettamente alleati e da molto tempo condividono informazioni di intelligence sull’Iran”.

Quello del coordinamento o della decisione comune fra Israele e Stati Uniti è un punto cruciale nel futuro del confronto politico fra Iran da una parte e i due paesi occidentali dall’altra. L’assassinio di Fakhrizadeh avviene in un momento di passaggio tra due amministrazioni americane, con il presidente entrante Joe Biden che aveva annunciato di voler tornare a verificare la possibilità di tornare all’accordo sul nucleare con l’Iran. L’esecuzione dello scienziato se fosse stata pienamente coordinata fra Israele e Trump sarebbe considerata un sabotaggio nei confronti del presidente entrante. Se invece fosse stata decisa in totale autonomia da Netanyahu creerebbe anche un problema per il futuro dei rapporti fra l’amministrazione Biden e il governo di Israele.

D’altro canto, nel recente incontro “segreto” di Neom con Netanyahu, il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman ha rifiutato di normalizzare i rapporti prima della fine della presidenza Trump, e frenato su operazioni militari contro l’Iran tipo l’uccisione di Mohsen Fakhrizadeh, per non parlare dei fantasmi di guerra agitati dall’arrivo nel Golfo della Nimitz. A rivelarlo è  il Wall Street Journal.

  La parola agli esperti

“La ragione per assassinare Fakhrizadeh – spiega su Twitter Mark Fitzpatrick, ex responsabile per la non proliferazione nucleare del Dipartimento di Stato Usa non era quella di bloccare il potenziale bellico dell’Iran bensì di impedire la diplomazia”.

Durissimo è il commento dell’ex capo della Cia John Brennan che ha parlato di un atto criminale e altamente avventato”, che porta al rischio di una rappresaglia letale e ad un nuovo conflitto regionale”.  Brennan ha suggerito ai leader iraniani “di attendere il ritorno sul palcoscenico globale di una leadership americana responsabile e di resistere all’urgenza di rispondere contro chi viene percepito come colpevole”.

Gli Stati Uniti sapevano delle intenzioni di Israele di colpire Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi, lo scienziato a capo del programma nucleare iraniano e Brigadier generale dei Guardiani della Rivoluzione islamica, ucciso il 27 novembre mentre era a bordo di un’auto a circa 70 chilometri da Teheran. Lo dice all’Agi Richard J. Stoll, docente di Scienze Politiche della Rice University, esperto di geopolitica, terrorismo e conflitti internazionali. Per alcuni, l’eliminazione di Fakhrizadeh-Mahabadi ” è coerente” con l’obiettivo del presidente Donald Trump di impedire al successore Joe Biden di riportare gli Usa nell’intesa sul nucleare iraniano (Jcpoa). “È coerente con la volontà di Trump di impedire il ripristino del Jcpoa, ma come ho detto – rimarca Stoll – penso che l’uccisione sia opera di Israele. Certamente Israele era contraria al Jcpoa, ma intendeva uccidere Fakhrizadeh-Mahabadi indipendentemente da chi fosse il vincitore delle presidenziali americane. Quindi, sebbene complichi la strategia di Biden sul Jcpoa, non credo che questo sia il principale motivo per cui Israele l’abbia fatto”. In ogni caso per il nuovo inquilino della Casa Bianca, avverte Stoll, “non sarebbe stato facile riportare gli Usa nell’accordo sul nucleare iraniano. Per l’Iran, tornare a rispettare i termini dell’intesa significherebbe eliminare l’uranio arricchito (che è attualmente 12 volte superiore alla quantità consentita dall’intesa) consentendo appropriate verifiche. L’Iran pretenderebbe l’allentamento delle sanzioni, possibilmente di quelle non collegate al suo programma nucleare. Dunque di sicuro questo complica le cose per Biden, ma non sarebbe stata una passeggiata anche senza l’assassinio di Fakhrizadeh-Mahabadi”.

Ma quell’assassinio di certo renderà più impervia la “passeggiata”.

(Globalist)

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