In Francia il coprifuoco dalle 21 sospeso in via eccezionale per le sere del 24 e 31 dicembre
Nel tentativo di arrivare a un approccio coordinato fra Paesi Ue, la Commissione europea ha adottato una strategia comune su spostamenti e regole in vista delle feste natalizie in tempo di Covid. L’appuntamento preoccupa a vari livelli a seconda delle abitudini nazionali, e alcuni Paesi hanno già dato indicazioni ai propri cittadini che si chiedono se potranno partire, se si potranno fare le feste in famiglia e le cerimonie religiose.
Austria
Per tutto il periodo natalizio in Austria è vietato il turismo. Hotel e bar rimarranno chiusi ma gli impianti sciistici saranno aperti dal 24 dicembre. Sarà quindi consentita la pratica «giornaliera» dello sport. Rafforzati i controlli ai confini con i Paesi considerati ad alto rischio contagio, tra cui Italia, Balcani e Turchia.
Francia
A Natale e Capodanno i francesi potranno festeggiare con i propri cari, limitando, però, il numero di ospiti e rispettando raccomandazioni concrete che saranno illustrate prima delle feste. Potranno anche spostarsi da una regione all’altra e andare all’estero, ma «con prudenza» ha precisato il governo. Il nuovo coprifuoco dalle 21, in vigore dal 15 dicembre, sarà sospeso in via eccezionale per le sere del 24 e 31 dicembre. Gli impianti sciistici restano chiusi e per scoraggiare la frequentazione di quelli all’estero, per chi rientra c’e’ una quarantena di 7 giorni.
Spagna
Nel suo piano per le feste di fine anno, il governo spagnolo raccomanda incontri con non più di sei persone, un numero che può aumentare a 10 durante Natale e Capodanno, ma limitando comunque la partecipazione ai conviventi negli incontri familiari. Nei giorni della vigilia di Natale e di Capodanno, il 24 e il 31 dicembre, sarà in vigore il coprifuoco notturno, ma dalle 1,30 alle 6.
Germania
In Germania il lockdown «soft», in vigore dal 2 novembre, dovrebbe essere prorogato almeno fino ad inizio gennaio. Prevede le chiusure dei ristoranti, teatri, palestre oltre al rafforzamento delle restrizioni per quello che riguarda gli incontri privati tra conoscenti e familiari a sole cinque persone, esclusi i minori di 14 anni, regola che si allarga esclusivamente nel periodo natalizio a 10 persone di due nuclei familiari. Il governo tedesco punta al divieto Ue di vacanze invernali nelle Alpi almeno fino al 10 gennaio. Niente fuochi d’artificio pubblici.
Gran Bretagna
Anche in Gran Bretagna sarà un Natale all’insegna delle restrizioni e della cautela, come annunciato dal premier Boris Johnson, per poter riaprire tutto a Pasqua, periodo entro il quale si punta alla vaccinazione della maggior parte delle persone bisognose di protezione. Ci saranno limitazioni al numero di partecipanti ad incontri sia pubblici che privati, ma le misure ad hoc devono ancora essere presentate nel dettaglio.
Norvegia
La Norvegia allenterà le restrizioni anti-Covid durante Natale e Capodanno, portando a 10 il numero massimo di persone ammesse in casa rispetto agli attuali cinque. La deroga sarà permessa solo durante le festività, ma bisognerà sempre rispettare il distanziamento sociale. Sconsigliati i viaggi sia in patria che all’estero, e chi partirà dovrà sottoporsi alla quarantena al ritorno.
Polonia
I polacchi dovranno trascorrere il Natale solo con i familiari più stretti e non potranno spostarsi tra le città né andare all’estero. Se i negozi saranno aperti per preparare le feste di fine anno, teatri, bar e ristoranti rimarranno invece chiusi fino a dopo Natale. Le scuole continueranno con la didattica a distanza.
(La Stampa)
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Covid. Migrantes: nel 2020 richieste d’asilo nella Ue calate del 30 per cento
Le rotte, gli effetti della pandemia sulle migrazioni in Italia e in Europa. Tutti i dati del rapporto Migrantes. Monsignor Russo: dalla politica risposta solo emergenziale
La pandemia ha chiuso i confini tra Stati anche in Italia e nell’Unione Europea in un momento storico che vede aumentare al massimo la domanda di protezione a livello globale. A farne le spese sono stati soprattutto profughi, richiedenti asilo e rifugiati. È quanto emerge dal report 2020 “Il diritto d’asilo” della Fondazione Migrantes, presentato oggi on line.
A fine settembre il totale di migranti, richiedenti asilo e rifugiati presenti nei servizi di accoglienza italiani era di circa 82.100 persone, il minimo degli ultimi sei anni. Rispetto al valore massimo di fine 2017 (quasi 184.000 persone), oggi l’accoglienza è più che dimezzata. Ai minimi anche le domande di asilo. Il lockdown primaverile ha paralizzato infatti per mesi le procedure e al 30 settembre sono stati registrati circa 16.855 richiedenti, i due terzi rispetto allo stesso periodo nel 2019. Quest’anno fra i 10 Paesi d’origine con il maggior numero di richiedenti asilo in Italia, 4 sono tra i Paesi più insicuri al mondo: Pakistan, Nigeria, Venezuela e Somalia. La pandemia ha ridotto le richieste d’asilo in tutta l’Ue, con 196.620 mila domande fra gennaio e giugno con un calo del 31% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Il rapporto dedica diversi approfondimenti alle rotte migratorie che conducono all’Ue. Fra gennaio e settembre 2020 sulle quali si sono contati almeno 672 morti o dispersi in mare e 76 in percorsi via terra. La rotta del Mediterraneo centrale verso l’Italia continua ad essere la più pericolosa, con il 70% di tutti i morti e dispersi stimabili per difetto. Tra gennaio e settembre 2020, secondo il rapporto, sono stati 9.000 (poco meno di tutto il 2019) i rifugiati e migranti riportati in Libia dalla cosiddetta Guardia costiera libica. Sono stati 23.720 gli arrivi nel nostro Paese a fine settembre 2020, contro i 132.043 nello stesso periodo del 2016 e i 105.417 del 2017. Meno di un migrante su 5 è stato soccorso dalle navi delle Ong.
La pandemia di Covid-19, denuncia il report, ha fornito “i pretesti per una serie di misure ‘difensive’”. Anche nel nuovo progetto di “Patto europeo per la migrazione e l’asilo”, ad esempio, uno dei pochi obiettivi condivisi “non è tanto proteggere le persone costrette a fuggire o agire sulle cause che le obbligano alla partenza – si legge nel rapporto – ma farne entrare nel continente (e nel nostro Paese) il minor numero possibile”.
“Non vogliamo vedere sempre più l’Unione Europea e l’Italia come una sorta di fortezza che si deve proteggere da chi è stato più sfortunato ed è nato in un Paese diverso”, ha dichiarato monsignor Guerino Di Tora, presidente della Fondazione Migrantes. Ha invitato perciò a “rimuovere alcune delle arbitrarie e ingiuste barriere che abbiamo posto. Bisogna dare a chi è in fuga canali legali di ingresso”. L’esempio viene dai corridoi umanitari promossi dal privato sociale e dalle Chiese, che li finanziano con fondi dell’otto per mille, in collaborazione con i governi che hanno permesso di accogliere in Europa a partire dal 2016 quasi 3.100 rifugiati, di cui 2.500 solo in Italia.
Monsignor Russo: dalla politica risposte emergenziali
“Sul tema delle migrazioni e dei rifugiati, la Chiesa italiana continua a tenere alta l’attenzione convinta dell’importanza di non cedere ai toni sensazionalistici – ha dichiarato il segretario della Cei monsignor Stefano Russo durante la presentazione del rapporto – ma mettendo a fuoco le questioni dotandosi di strumenti adeguati e ascoltando le diverse voci. Per anni specialmente in Italia, ma anche nell’Ue, l’informazione riguardo i richiedenti asilo e i rifugiati è stata caratterizzata da sensazionalismo e le politiche hanno dato risposte soprattutto emergenziali. Eppure la realtà è diversa: nel 2015 quando arrivarono in tutta l’Unione Europea poco più di un milione e mezzo di richieste di protezione da parte di persone in fuga soprattutto dal conflitto siriano, un continente come il nostro avrebbe potuto accogliere molto di più. Quando nel 2016 si è raggiunto il picco massimo degli sbarchi con 180mila persone, avremmo avuto come Paese tutti gli strumenti necessari per dare una risposta dignitosa. E’ inutile nasconderlo, le persone in cerca di protezione sono state lasciate più sole”.
(Avvenire)