Sentenza-choc a Francoforte: respinto il ricorso della sorella del giudice antimafia assassinato. Nel locale le immagini dei due magistrati affiancate a quelle dei boss
Il nome di Giovanni Falcone assieme a quello di Paolo Borsellino può essere usato per una pizzeria di Francoforte sul Meno, perché “a causa del passare del tempo e dello sbiadimento della memoria del defunto, la protezione non può più essere garantita” e perché “il giudice ha operato principalmente in Italia e in Germania noto solo a una cerchia ristretta di addetti ai lavori e non alla gente comune che frequenta la pizzeria”.
È quanto scrive il tribunale della città tedesca che ha
respinto il ricorso di Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso dalla mafia, finalizzato a inibire l’uso dei nomi a un ristoratore tedesco che li aveva scelti per la sua pizzeria.
Nomi che nel locale sono circondati da fori di proiettile. All’interno anche la celebre foto di Tony Gentile che ritrae insieme i giudici e accanto l’immagine di don Vito Corleone del famoso film Il Padrino. Poi ancora tanti fori di proiettili e nel menù, ovviamente, la “Pizza Falcone” e la “Pizza Borsellino”.
Tutto questo è lecito, secondo il Tribunale, che lo giustifica in un modo incredibile. “La protezione post mortem della personalità diminuisce con l’aumentare della distanza dal momento della morte.
Essa termina quando la memoria del defunto è svanita in modo tale che il suo interesse per i diritti della personalità passa in secondo piano rispetto agli interessi contrastanti.
Giovanni Falcone è morto nel 1992, quindi sono passati circa 28 anni. Trenta anni fa, il tema lotta alla mafia era sotto gli occhi di tutti. Oggi non è più così per la collettività”.
Inoltre per i giudici giudici “il pubblico di riferimento è costituito da tutte le persone che visitano i ristoranti. A questo proposito, non è possibile fare affidamento sulla reputazione e sull’importanza di cui Giovanni Falcone gode ancora oggi nella cerchia dei procuratori e dei criminologi. Nella valutazione si deve anche tener conto del fatto che l’opera di Giovanni Falcone si svolse principalmente in Italia”.
A nulla sono valsi i documenti prodotti dalla Fondazione Falcone e dalla sorella del giudice assassinato a riprova della fama internazionale e in particolare della notorietà in Germania del magistrato palermitano.
Amaro il commento di Maria Falcone. “È una sentenza che ci addolora molto. Proprio nel momento in cui il valore del lavoro e dell’eredità umana e professionale di Giovanni Falcone viene riconosciuto a livello mondiale, un magistrato di un paese che soffre sulla sua carne il pesante ingombro della presenza delle mafie scrive un verdetto simile”.
Ricorda che “meno di due mesi fa al termine della Conferenza delle Parti sulla Convenzione Onu contro la criminalità transnazionale riunita a Vienna, è stata approvata all’unanimità da 190 Paesi una risoluzione che riconosce il contributo dato da Falcone alla lotta al crimine organizzato internazionale”.
Inoltre, aggiunge, “numerosi sono stati i riconoscimenti che alla figura di mio fratello sono stati tributati da istituzioni ed enti di un Paese come la Germania che, nel tempo, ha mostrato grande sensibilità ai temi della mafia e della legalità”.
E conclude annunciando il ricorso in appello “contro un provvedimento che riteniamo ingiusto anche alla luce del valore che assume in una città con una fortissima presenza di italiani che ben conoscono il significato della lotta alla mafia e il sacrificio di chi per la giustizia ha perso la vita”.
(Avvenire)