Il governatore sull’ultimo dpcm: “La musica è stata la stessa di sempre: il governo ci convoca, arriva un testo preconfezionato, lo approvano. La nostra voce, non c’è”
Questo è un decreto topico, entra nel periodo delle festività, del picco influenzale in arrivo a gennaio, della campagna vaccinale più grande di sempre. Per nessun governo sarebbe facile da scrivere. Senza le Regioni, è ancora più difficile”. In un’intervista al Corriere il governatore del Veneto Luca Zaia lamenta che anche in occasione di quest’ultimo dpcm “la musica è stata la stessa di sempre: il governo ci convoca, arriva un testo preconfezionato, lo approvano. La nostra voce, non c’è”.
Pertanto, gli spiace dover “constatare che anche questa volta non siamo riusciti a costruire un provvedimento con il governo”, per aggiungere: “Pensavo che si sarebbe potuto lavorare insieme”.
Quanto poi al fato che il ministro Boccia si stupisca dello stupore delle Regioni, il governatore veneto ribatte: “Non è vero che sapevano le modalità con cui sarebbero stati chiusi i comuni. Se tutti i presidenti di Regione, con firma di Bonaccini, hanno avuto da ridire, una ragione ci sarà. Per me, il sistema migliore è il lavorare su bozze. Io la bozza l’ho ricevuta ieri alle 2.30 del mattino con la richiesta di un parere entro ieri a mezzogiorno”.
Per Zaia “va riscritto un grande patto sociale. E occorre una campagna di informazione importante” perché “a marzo andavamo sui balconi a cantare “andrà tutto bene”, avevamo paura di morire. Ora, sembra ormai che il Covid sia un problema di chi è in ospedale”.
E sull’ultimo Dpcm conclude che quel che non va è “il divieto di uscita dai comuni il 25, il 26 e il primo gennaio senza deroghe. Penso agli anziani: sono da tutelare al massimo, ma nei comuni piccoli saranno in casa da soli a vedere in televisione gli assembramenti nelle città. Se il presupposto è la sanità pubblica, il confronto tra un comune di poche centinaia di abitanti e uno da tre milioni come Roma, non regge: chiudi tutto, ma ci sono recinti da tre milioni di persone”.
In sostanza, per Zaia, quel che manca nel decreto è “una dichiarazione di guerra agli assembramenti di ogni genere e specie. In maniera sistematica, cosa che di certo non facciamo chiudendo i confini comunali tre giorni”.
(Agi)