I numeri sono contenuti in una serie di slide allegate alla bozza del piano all’esame del Consiglio dei Ministri
Ammontano a 196 miliardi di euro le risorse che, stando a una serie di slide contenute nella bozza del Recovery Plan all’esame del Consiglio dei ministri, andrebbero a finanziare il piano di rilancio dell’economia italiana attraverso i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea.
I 196 miliardi saranno così ripartiti: 48,7 andranno alla digitalizzazione e innovazione, 74,3 alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica, 27,7 al settore infrastrutture per una mobilità sostenibile, 19,2 all’istruzione e ricerca, 17,1 alla parità di genere, 9 alla sanità.
La bozza all’esame del Cdm prevede che, sull’attuazione del Piano di Ripartenza e Resilienza vigilerà, “con compiti di indirizzo, coordinamento e controllo un Comitato esecutivo, composto da Presidente del Consiglio, Ministro dell’Economia e delle Finanze e Ministro dello Sviluppo Economico”. Viene inoltre individuato il Ministro degli Affari europei – di intesa con il Ministro degli affari esteri e delle cooperazione internazionale per quanto di competenza di quest’ultimo – “quale referente unico con la Commissione Europea per tutte le attività legate all’attuazione del Piano. il Comitato può delegare a uno dei propri componenti, senza formalità, lo svolgimento di specifiche attività. Esso in particolare: a) aggiorna periodicamente il Comitato interministeriale per gli affari europei sull’attuazione del Piano, incluso lo stato di implementazione delle riforme; b) sottopone al Comitato interministeriale per gli affari europei le questioni di maggior rilievo, tra cui le modifiche sostanziali dei progetti, nonché particolari difficoltà nell’esecuzione degli stessi; c) riferisce periodicamente alle Camere, trasmettendo, con cadenza trimestrale, una relazione; d) indirizza e coordina l’attività dei Responsabili di missione, i quali sono tenuti a conformare la propria attività alle indicazioni del Comitato, al quale riferiscono periodicamente; e) esamina ogni questione formulata dai singoli Ministri in relazione alla attuazione del PNRR, con facoltà di invitarli alle riunioni per quanto di competenza. I Ministri, infatti, oltre ad essere presenti all’interno del Comitato interministeriale per gli Affari Europei, esercitano in modo pieno le proprie ordinarie competenze e possono in ogni momento aprire una fase di confronto con il Comitato di gestione e con i Responsabili di missione anche attraverso le proprie strutture (e il proprio referente unico)”.
Riunione del Cdm a singhiozzo: la seduta è ora di nuovo sospesa. Il Consiglio dei ministri dovrà sciogliere una serie di nodi sorti all’interno della maggioranza. Dura la posizione di Italia viva che si oppone alla creazione della task force per la gestione delle risorse. Inequivocabili, in questo senso, le parole della ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova: “Ad una prima sommaria lettura – scrive su Facebook la capo-delegazione di Iv – la bozza sulla governance del Recovery inviata ai Ministri stanotte appare opaca, e presenta profili di incostituzionalità”.
L’ennesimo braccio di ferro all’interno del governo si consuma sulla forma da dare alla cabina di regia che si occuperà della messa a punto e della realizzazione dei progetti finanziati dal Recovery Fund o, per dirla con le istituzioni europee, dal Next Generation Eu. In altre parole, il governo deve indicare come e quando spenderà i 209 miliardi di euro messi a disposizione dall’Europa. Una torta importante che, da sola, fa capire le tensioni in seno alla maggioranza.
– Schema a tre
Lo schema che sembra prevalere in queste ore, infatti, prevede una governance a tre, con il presidente del Consiglio affiancato dai ministri dell’Economia e dello Sviluppo Economico, Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli. A questa triade si affiancherebbe, poi, una squadra di tecnici e manager che, inizialmente, appariva come un esercito di architetti, ingegneri e avvocati: trecento in tutto. Poi, questo numero è stato rivisto in difetto, scendendo dapprima a 90 e, ora, a sei professionisti indicati per le altrettante macro aree indicate dall’Unione Europea. Digitalizzazione, green, infrastrutture, istruzione, equità e salute. In una recente intervista, lo stesso Giuseppe Conte ha spiegato che “vi sarà, come anche ci chiede la Ue, un comitato ristretto deputato a vigilare con costanza tutta la fase attuativa. Ne faremo parte io, il ministro dell’Economia e il ministro dello Sviluppo economico, con la responsabilità di riferire periodicamente al Comitato interministeriale per gli Affari Europei e al Parlamento. La supervisione tecnica dell’attuazione sarà affidata a una struttura composta da sei manager, assistiti da uno staff dotato delle necessarie competenze professionali. In casi eccezionali i sei manager potranno essere chiamati a intervenire con poteri sostitutivi per evitare ritardi e perdite di risorse”.
– La governance in Consiglio dei ministri
Lo schema a tre, se da una parte ha il vantaggio di garantire velocità nelle decisioni da prendere, dall’altro non tiene permette di rappresentare tutte le forze politiche che sostengono il governo. A questo, Italia Viva aggiunge la sua contrarietà alla creazione di una nuova task force e invita a far lavorare sul tema il Consiglio dei Ministri e la pubblica amministrazione.
– Il nodo Pubblica Amministrazione
Proprio quello che vogliono evitare il Partito Democratico e il M5s. I dem, soprattutto con il vice segretario Andrea Orlando, hanno più volte sottolineato che il piano di resilienza nazionale è troppo importante per essere lasciato a una burocrazia che appare “impreparata” a questa sfida e che sarà oggetto di una profonda riforma proprio attraverso il Recovery Plan.
(Agi)