L’annunciata rimozione dell’amianto dai capannoni di proprietà di Roma Capitale è un atto dovuto e tardivo: solo l’utilizzo sociale e l’avvio di progettualità aperte e inclusive potrà risarcire il danno causato da anni di abbandono.
È di questa settimana la notizia che il Municipio II sarebbe in procinto di avviare la bonifica dell’amianto in alcuni dei capannoni di via dei Corsi e via dei Peligni, nel quartiere romano di San Lorenzo. Tuttavia, non possiamo non notare che le belle promesse, gli impegni, gli “stiamo facendo” si susseguono da troppo tempo.
Senza scomodare i testimoni di più lungo corso (il comitato che riuniva i residenti di via dei Corsi e via dei Tizii, ad esempio) e senza star qui a ricordare le vicende di progetti mai realizzati in questi capannoni (asilo, piscina…), basterà riprendere la questione amianto a partire dall’aprile del 2013, quando uno degli edifici fu per breve tempo occupato da Communia che denunciò lo stato di grave deterioramento delle coperture in cemento-amianto.
Fu poi la volta della scuola Borsi (le cui finestre si affacciano sui tetti in eternit): nel marzo del 2014, i genitori sulla scia di un intervento del preside, posero la questione all’assessore municipale ai lavori pubblici che, pur rifugiandosi dietro un difetto di competenza (la gestione dell’area all’epoca spettava al Patrimonio di Roma Capitale) promise di fare tutto ciò che era nelle sue possibilità per sollecitare l’intervento dell’amministrazione capitolina.
Le cose sembravano indirizzarsi verso una rapida soluzione anche per via di un’ingiunzione a “smantellare a norma di legge le tettoie” che il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’allora Azienda Usl Roma A inviava in quei giorni a uno degli affittuari dell’area, il titolare della falegnameria di via dei Corsi.
Nulla si diceva sulle coperture degli altri fabbricati, uno assegnato a una cooperativa più o meno fantasma (con nome floreale e gravitante nell’orbita di “Mafia Capitale”), l’altro abbandonato dal suo legittimo proprietario (Roma Capitale, per l’appunto): in questi capannoni il Servizio Igiene non entrò nemmeno, forse perché li trovò chiusi e non seppe o non volle cercare le chiavi.
Ma continuiamo: nel dicembre del 2016 la Libera Repubblica di San Lorenzo segnalò che una bomba ecologica e sanitaria era non solamente innescata ma già attiva: le particelle dell’eternit eroso dagli anni e dall’incuria non stanno ferme, volano trasportate dal vento. In quell’occasione accompagnammo a respirare amianto l’assessora alla partecipazione del II Municipio, giovane promettente che, infatti, promise.
Incurante delle promesse, l’amianto negli anni seguenti continuò a polverizzarsi, nuovi alunni si sostituirono ai vecchi nei banchi della scuola e nel Parco dei Caduti il via vai dei bambini si fece addirittura più intenso a causa delle chiusure del Parco dei Galli prima e di Villa Mercede poi (ovviamente anche i residenti della zona continuarono l’aerosol).
Sul fronte bonifica, invece, nulla si muove nonostante la reiterata segnalazione dell’urgenza dell’intervento.
Anche l’ultima istanza, presentata nel marzo del 2019 dalla sezione “Valentino Parlato” di Sinistra Italiana, non ottenne risposta alcuna dal Municipio che, dopo essersi fatto assegnare area e edifici dal Comune, procrastinò ogni intervento perpetuando l’abbandono degli stessi. A giugno scorso, alla ricerca d’aria e di spazi di socialità per il post-lockdown, la Libera Repubblica di San Lorenzo è tornata a via dei Peligni e a via dei Corsi, per reclamare pedonalizzazioni e per segnalare (ancora) la questione eternit.
Corteo per Nuovo Cinema Palazzo (foto: Giordano Pennisi)
Infine eravamo là una settimana fa, mercoledì 25 novembre, col corteo che, subito dopo lo sgombero del Nuovo Cinema Palazzo, ha voluto aprire simbolicamente uno dei capannoni abbandonati, uno dei tanti spazi pubblici imprigionati, inutilizzati e inaccessibili del nostro quartiere e della nostra città.
Viene da pensare che proprio quel gesto di apertura abbia accelerato l’avvio (se davvero avvio sarà) della bonifica. Una bonifica parziale se, come sembra di capire, riguarderà solamente le coperture dell’ex falegnameria, l’area più “di pregio” tra quelle abbandonate e quella, forse, meno pericolosa perché in migliore stato di conservazione.
Di fronte a un decennale colpevole abbandono, solo i fatti potranno rassicurarci circa il superamento della condizione di pericolo in cui le amministrazioni di Roma continuano a mantenere chi vive il quartiere e, in particolare, i piccoli fruitori del parco e della scuola.
Il danno causato dagli anni di abbandono potrà essere risarcito solo dall’utilizzo sociale degli spazi di via dei Corsi-via dei Peligni e dall’avvio di progettualità aperte e inclusive che attivino in quest’area le funzioni comunitarie e pubbliche di cui la città è carente.
Dopo anni di sistematici interventi di sottrazione di spazi pubblici e beni comuni (il Parco dei Galli, Communia alla fonderia Bastianelli, l’Ex Dogana, la Particella 26, via dei Piceni e, ultimo in ordine di tempo, il Nuovo Cinema Palazzo) quello che vogliamo è l’apertura all’uso sociale, pubblico e civico di ciò che è chiuso. La messa in sicurezza dei tetti (di tutti i tetti) di via dei Corsi-via dei Peligni è poco più che un atto dovuto (e tardivo). Continueremo ad aprire e reclamare l’uso sociale e civico di tutti gli spazi pubblici sottratti alla città.
(Dinamopress)