La lettera. Risponde il condirettore de ‘il Resto del Carino’, Beppe Boni
Bologna, 8 dicembre 2020 – Chi, come noi, ha attraversato tante emergenze resta sempre sgomento non solo davanti alle macerie, al fango o alla alluvione di oggi, ma alla perdita di memoria delle cause. La comunità tecnica e scientifica che opera sulla frontiera delle catastrofi è stata ed è straordinaria nell’identificare con precisione i rischi, le cure e le protezioni: attraverso la prevenzione. La politica, sempre impunita, e chi ha il dovere di decidere devono comprendere che questo è il momento di cambiare tutto e chiudere una pagina catastrofica della nostra storia. La sicurezza (anche quella idraulica) è un diritto sancito dalla Costituzione. Daniela Golinelli, San Prospero (Modena)
Risponde il condirettore de ‘il Resto del Carino’, Beppe Boni
Gli avvertimenti sulla presenza di una certa percentuale di rischio c’erano stati. Esiste un dossier del dipartimento di ingegneria dell’Università di Modena, di cui diamo conto oggi sul Carlino, che già cinque anni fa avvertiva di problemi agli argini sottoposti, secondo il documento, ad una erosione lenta e continua dall’interno. Il dossier è stato presentato pubblicamente e reso noto alle autorità anche nei tavoli tecnici di settore. E’ stato preso in considerazione? E’ stato sottoposto a verifiche? Pare di no. Se le cose stanno davvero così qualcuno ha davvero una colpa grave. Certo, si tratta di un evento eccezionale, ma l’incuria dell’uomo ha probabilmente accentuato e aggravato una situazione già in parte compromessa. In questi casi la politica, quando sente odore di responsabilità, tende a generalizzare per diluire le possibili colpe. Ma se dopo 6 anni un fiume come il Panaro ha fatto il bis del disastro non può essere solamente un evento naturale e basta. La prima falla è da individuare nella mancata manutenzione. Questo sospetto va verificato e non deve passare in cavalleria. Altrimenti alla prossima piena siamo daccapo.
(Il Resto del Carlino)