La crisi economica innescata dal coronavirus non sembra volersi arrestare, soprattutto per le piccole e medie imprese, che rappresentano la stragrande maggioranza delle realtà italiane, e per i professionisti. Sono questi gli attori che, spesso, risultano essere i più vulnerabili, con una minor disponibilità di cassa.
Le difficoltà che stanno investendo tutti i settori economici, stanno provocando un ritardo diffuso dei pagamenti che genera un effetto domino di mancati saldi.
A evidenziare la problematica è il Gruppo IREC, azienda specializzata nella gestione e nel recupero del credito, che ha somministrato un questionario a 1.200 dei loro assistiti tra imprese e professionisti, per un volume di affari totali di 1 miliardo di euro. Per la rilevazione è stato utilizzato un campione eterogeneo a livello sia territoriale (tutte le regioni), sia settoriale (alimentare, edile, servizi, studi professionali, settore tecnologico ecc.).
Il primo dato allarmante che salta all’occhio è che il 72% delle aziende e dei professionisti intervistati ha dichiarato di aver riscontrato enormi difficoltà nel recupero dei propri crediti da marzo ad oggi, e il 14% non ha più riaperto dopo il lockdown, per una chiusura che in molti casi si preannuncia come definitiva.
Con l’entrata in vigore del nuovo DPCM del 26 ottobre 2020, che impone nuove chiusure per intere categorie (parchi divertimento, palestre, centri benessere) e pesanti limitazioni per altre (ristoranti, pizzerie, bar, pasticcerie, gelaterie), si teme un peggioramento dell’incidenza di questi fenomeni, che da qui alla fine dell’anno potrebbero crescere di un ulteriore 11%, rendendo la ripartenza per moltissime realtà estremamente difficoltosa, se non impossibile.
“Le aziende nella situazione post covid19, hanno registrato un calo del fatturato medio del 20%, ma a preoccupare maggiormente è il calo dell’utile medio che si attesta addirittura a – 37%”, spiega il presidente del Gruppo IREC, Victor Khaireddin. “Quando parliamo di utile, parliamo del dato più delicato, e cioè del guadagno vero e proprio che si riesce a generare. In questo caso, quindi, ci troviamo a dover affrontare un mercato in cui un’azienda dalla propria attività non riesce quasi più a metter da parte danaro, con il quale dovrebbe fare investimenti, nuove assunzioni, pagare tasse ecc. Se poi a questo calo aggiungiamo il calo del fatturato e il non incassare più le fatture in tempi accettabili o non riuscire ad incassarle poiché, magari, il cliente ha chiuso, questo dato dipinge uno scenario ancora più drammatico”.
Per fare un esempio, mentre nella provincia di Roma il 43% delle fatture viene pagato a scadenza, e il 10% delle fatture emesse viene pagato con un ritardo maggiore di 90 giorni, addirittura a Latina, solamente il 32% delle fatture vengono pagate a scadenza e il 16% di esse vengono saldate con un ritardo che va oltre i 90 giorni.
Il lockdown di marzo e aprile, dunque, ha segnato profondamente molti settori e moltissime realtà imprenditoriali che, ancora oggi a distanza di mesi, non riescono a ripartire concretamente, proprio per una mancanza di liquidità, per questo è fondamentale scongiurare in ogni modo la possibilità di una seconda chiusura generalizzata.
“Il governo da subito si è mosso per evitare un flusso di licenziamenti che sarebbe stato insostenibile per le casse dello Stato, con la successiva richiesta di ammortizzatori sociali, per i quali tutti avrebbero inoltrato domanda. È anche vero, però, che gran parte dell’incombenza è stata lasciata sulle spalle delle imprese che, non avendo più richieste da parte dei propri clienti, si sono ritrovati a dover mantenere il proprio personale e spesso a dover anticipare la cassa integrazione, che abbiamo visto essere arrivata con grande ritardo. In questo, il tema dei mancati incassi impatta notevolmente, azzerando completamente le casse già in difficoltà della maggior parte delle aziende”.
In questo scenario, da metà settembre il Gruppo IREC ha registrato una piccola ripresa sui volumi di incassi dei clienti, facendo quindi sperare in un ritorno alla normalità.
“Ma con l’ombra di un imminente un nuovo lockdown, questo ritorno alla normalità si allontana definitivamente. Un secondo lockdown equivarrebbe a un ‘Omicidio Settoriale’ da cui solo le grandi multinazionali e i grossi gruppi ne uscirebbero. Per il piccolo imprenditore sarebbe la fine del proprio sogno. Quello che ci si aspetta ora dal governo è che ogni misura presa sia chirurgica, sia ristretta al solo territorio in cui c’è bisogno di un intervento e solo per il breve lasso di tempo in cui tale intervento è necessario. Se a marzo c’era bisogno di una ‘Chiusura Totale’, ora invece c’è bisogno di una ‘Chiusura di Precisione’. Solo così si darà respiro alle imprese e, fattore a mio avviso fondamentale, si continuerà con quel clima di coraggio e speranza di cui i professionisti e i piccoli imprenditori hanno bisogno” conclude Khaireddin.