“Mio figlio è epilettico, gli vengono crisi continue e vive in un piccolissimo spazio stretto dove potrebbe farsi seriamente male. Gli manca anche l’aria, può morire ogni volta che ha una crisi”. È così, con questa angoscia nel cuore che mamma Carmela sta passando il Natale. Suo figlio, Ezio Prinno, è rinchiuso a Milano, nel carcere di Opera, lontano da casa, dagli affetti. È gravemente malato e da mesi Carmela Stefanoni chiede che sia semplicemente riavvicinato a casa, trasferito in un carcere napoletano.
Ezio ha 44 anni, è stato arrestato nel 2010 durante una retata anticamorra a Napoli, nel dedalo di viuzze della Rua Catalana.
Le sue condizioni di salute sono molto precarie. Sua madre è disperata: “Non ho soldi per andare a Milano a trovarlo e ho sue notizie confuse che mi vengono dette in maniera non ufficiale. So solo che è ricoverato e sta talmente male che al telefono non riesce a dire una parola”.
Carmela racconta che suo figlio soffre di crisi epilettiche da quando aveva 14 anni e ultimamente in carcere ha le crisi anche 7 volte al giorno. I tanti dottori che lo hanno visitato lo hanno dichiarato non idoneo al regime carcerario. Non è la prima volta che Carmela chiede l’avvicinamento a Napoli di suo figlio. Ma, nonostante il parere dei medici che hanno riconosciuto in più occasioni la precarietà delle sue condizioni di salute, i giudici hanno sempre rigettato la richiesta.
Quando è entrato in carcere aveva 24 anni, ma negli anni le sue condizioni sono gravemente peggiorate, tanto che è costretto a indossare sempre un casco per proteggersi durante le convulsioni delle crisi epilettiche che sono sempre più frequenti. “Una volta sono andata a trovarlo e con tutto il casco aveva tanto sangue che scorreva dalla testa – racconta Carmela – e buchi in testa. Mi avevano detto che il casco l’avrebbe protetto, invece gli toglie solo l’aria perché lo stringe sotto il mento”.
Ezio ha anche un nipotino di tre anni che non ha mai conosciuto perché nessuno della famiglia ha abbastanza soldi per andare a trovarlo a Milano. Ha quattro figli di cui una minorenne che ha ereditato da lui l’epilessia e non sta bene. “Noi non siamo un clan – dice Carmela – non abbiamo i soldi per fare nulla”.
Ezio in passato ha più volte fatto lo sciopero della fame per essere riavvicinato a casa e continua a rifiutare il cibo. “Non chiedo che torni a casa, ma che almeno sia portato in comunità o in un luogo adatto a curarlo – chiede Carmela – hanno aspettato che gli venisse la depressione per toglierselo davanti. Che se ne importano là dentro quando uno muore. Si è anche tagliato le vene e non l’hanno portato all’ospedale. Mi hanno raccontato che lo ha salvato il compagno di cella. Poi quando è andato l’avvocato a trovarlo, aveva preso una infezione alle ferite”.
(Il Riformista)