È stato un gran giorno. Il primo in cui abbiamo messo in campo l’artiglieria pesante contro il virus dei pipistrelli e dei laboratori cinesi. Bene.
Grazie vaccino.
Grazie Europa che ha forse dato il primo segno unitario, tangibile, della propria esistenza.
Non dimenticheremo questo vaxday continentale. Del resto, come dimenticarlo con le migliaia di ore televisive da Istituto Luce, con la commozione in diretta dei governatori che saltabeccavano con le troupes di reparto in reparto, e l’emozione (vera) dei primi vaccinati. Un po’ cavie, un po’ «privilegiati» dal loro lavoro a rischio di medici, infermieri.
Un esempio per i colleghi (una minoranza?) e i cittadini che ancora nicchiano, che pensano di svolgere un’attività e una vita a contatto con gli altri esseri umani senza la cautela minima offerta da un puntura. Gente da tenere, loro sì, in quarantena. Oddio, tra gli eroi del primo giorno si è infilato anche qualche abusivo come il presidente della Campania De Luca, che ha saltato la fila, auto proclamandosi soggetto a rischio. Piccola sbavatura. Come il giovanile entusiasmo con cui il presidente Conte ha affermato che questa data dovrà essere “impressa nella storia”. Ora, come detto, siamo tutti convinti che ieri non sia stato un giorno qualunque. Ma senza nulla togliere a quanto accaduto, pensiamo che alla storia potrà e dovrà passare il giorno in cui anche l’ultimo dei 60 milioni e 254mila italiani sarà vaccinato o immune. O ancor meglio quando questa immunità si sarà estesa a tutto il gregge dell’umanità. Ieri abbiamo solo mosso la classifica.
Il problema è che esiste qualche fondato motivo di non fidarci del tutto della nostra squadra, e dunque di come e quando finirà il campionato. Perché, al di là della sbornia mediatica, ci sono parecchie cose che non tornano. A cominciare dal primo stock di vaccini: 150 mila in Germania, 350 mila in Spagna, 9750 in Italia. Dati che stridono talmente con le rispettive popolazioni, da non potercela prendere con le quote Ue, che sono state proporzionate. Solo che gli altri Paesi, nel frattempo, si sono approvvigionati per conto loro. E noi? Se non l’abbiamo fatto, male. Se ci siamo riforniti, ma le dosi non sono ancora nella nostra disponibilità, significa che il programma delle vaccinazioni scivola in avanti prima ancora di partire. Come in molte regioni già appare evidente. Allora, non sciupiamo la festa di ieri. Da oggi, però, finisce lo show e bisogna fare sul serio. Come? Semplice: meno telecamere e più siringhe.
(Quotidiano.net)