22 Novembre, 2024
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«Vacciniamoci»: la lezione delle centenarie che ricordano la Spagnola

Maria e Ilia, 208 anni in due, hanno visto gli orrori della guerra e ricordano anche l’altra grande pandemia del secolo scorso. Sono state tra le prime a sottoporsi al vaccino: con convinzione

Maria e Ilia hanno 208 anni in due. E hanno visto scorrere davanti ai loro occhi gli orrori della guerra e ogni altro tipo di disgrazia o tragedia, naturale o provocata dall’uomo, avvenuta nell’ultimo secolo, e anche qualcosa di più. Una di loro ha persino vissuto gli strascichi del primo conflitto mondiale e ha ricordi, seppur vaghi, di un’altra terribile pandemia: la Spagnola, conosciuta anche come “la grande influenza”, insolitamente mortale, che fra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo. Ma più che ai ricordi e alle rievocazioni di eventi lontani nel tempo, è al futuro che guardano con occhi ancora vispi e un mix di speranza e fiducia nella ricerca scientifica. E con questa forza, che accomuna entrambe, hanno affrontato anche un nemico subdolo, invisibile e malevolo come il Covid, accettando di buon grado di sottoporsi al vaccino, tra le prime persone residenti in Toscana. Due simboli della resistenza anche alle peggiori avversità; o della resilienza, come va di moda dire oggi.

Maria Martinelli, originaria di Grondola, una frazione del comune di Pontremoli, è la più anziana della coppia. Nata nel 1914, ha 106 anni, e da qualche tempo è ospite della Rsa della cittadina lunigianese. Era molto piccola quando è arrivata la Spagnola. Ma ricorda ancora la paura, le precauzioni di chi era più grande di lei, e quella specie di angoscia ricorrente, vissuta ogni volta, in inverno, all’arrivo dell’influenza. Mai avrebbe pensato di dover fare i conti con un’altra epidemia in vita sua. Invece è arrivato il Covid. Ma la cosa non l’ha turbata più di tanto. E non poteva essere diversamente, vista la sua storia. Donna concreta e abituata ad affrontare di petto le asperità della vita, Maria, che non si è mai sposata, grande fungaiola e grande appassionata delle tradizioni della sua terra, ha vissuto da sola fino a qualche anno fa nel paesino d’origine, prima trasferirsi nella Rsa Aurora Domus di Pontremoli. Dove il giorno di San Silvestro le è stato somministrato il vaccino. «Ha atteso il suo turno con tranquillità e compostezza – racconta una delle operatrici sanitarie della struttura – senza mostrare paura o apprensione, ma, anzi, solo tanta attenzione e curiosità verso quello che stava facendo l’équipe vaccinale».

L’altra “recordwoman” del vaccino è Ilia Brunetti, 102 anni compiuti ad aprile 2020, originaria di Bolgheri, anche lei ospite di una Rsa: la Phalesia di Piombino. Una vita ricca di emozioni, la sua: è stata infatti per molti anni la dama di compagnia di una benestante signora romana con interessi in ambito teatrale. Esperienza che l’ha portata ad abitare per un certo periodo a Roma e a spostarsi spesso in Italia al seguito delle varie tournée, prima di rientrare nella frazione del comune di Castagneto Carducci. Ilia, vedova e con una figlia, Giovanna, che la accudisce quasi quotidianamente, fino a pochi anni fa lavorava nei campi ed era una gran camminatrice. «È stata la sua grande passione: faceva una decina di chilometri al giorno – racconta la figlia – e forse è stato questo il segreto della sua longevità. Unito alla morigeratezza nel mangiare». Anche lei ha accettato con entusiasmo di sottoporsi al vaccino anti-Covid insieme altri ospiti della Rsa Phalesia, tra cui una parente (una zia del marito della figlia) di 97 anni.

Due begli esempi, quelli di Maria e Elia, testimoni di oltre un secolo della nostra storia, e simbolo entrambe di speranza, anche per gli anziani. Verso i quali, in questo periodo, si sono purtroppo manifestati sentimenti e azioni contrastanti. Se da una parte sono definiti come persone fragili da proteggere, dall’altra vengono vissuti come elementi non più “utili” al sistema; vittime di ageismo: una forma di pregiudizio e svalorizzazione ai danni di un individuo, in ragione dell’età avanzata. Basti pensare alle parole espresse tempo fa dal presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, che in un tweet aveva definito gli anziani «persone non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese», salvo poi provare a giustificarsi – dopo le condanne e le richieste di dimissioni arrivate da quasi tutto il mondo politico, oltre che dall’onda lunga di Facebook e Twitter – addebitando l’origine della frase a un errore del suo social media manager. Mettendo da parte ogni polemica, quel che è certo è che il messaggio che arriva da queste due longeve e lucide donne toscane è quello della fiducia nella scienza, della voglia di vivere, di raccontare le proprie esperienze – come continuano a fare Maria e Ilia – e di essere ancora di aiuto, coi loro insegnamenti, alle generazioni più “acerbe”.

(Il Tirreno)

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