24 Novembre, 2024
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Critiche a Conte, Renzi ha ragione ma è inaffidabile…

Una mandria di bufali imbizzarriti attraversa di corsa un paesino travolgendo tutto quello che incontra nel suo passaggio. Un topo di campagna corre al loro fianco. Un amico lo vede e gli chiede: “Che stai a fa’?”. Il topo interpellato si ferma un attimo e col tono delle grandi occasioni risponde: “Stiamo a fa’ un casino!!!”. Questa storiella ci conduce direttamente al gran daffare di Matteo Renzi in queste ultime settimane e lascia immaginare quanto può succedere dopo la breve pausa festiva. Nello scenario dell’epopea della vaccinazione di massa, dell’utilizzo di ingenti risorse provenienti (ammesso e non concesso che sapremo spenderle per il rilancio dell’economia visto che non ce la daranno per continuare – come vorrebbe il governo – con la politica dei “ristori”) dal Next Generations Eu, Renzi ha intuito (al ragazzo non manca il fiuto politico) che si sono messe in movimento forze importanti intenzionate a consegnare tutto il pacchetto in mani più affidabili. Così il leader di Italia Viva sta tentando di prenotare un posto in prima fila, anche se non ha ancora ben chiaro quale saranno lo spettacolo, la trama; chi gli autori, i protagonisti e la regia.

Il senatore di Rignano però ha dei limiti: il suo partito rappresenta il pezzo più piccolo del puzzle della attuale maggioranza; se dovesse venire a mancare quel pezzetto la figura d’insieme si paleserebbe comunque (Iv non era presente tra i soci fondatori della maggioranza rosso-verde); in questo Parlamento, poi, verrebbero molto probabilmente allo scoperto forze (ora in posizione di chiaro-scuro) che potrebbero prendere il posto del suo gruppo e sostituire i suoi voti.

Il personaggio poi presenta talune caratteristiche particolari: è un accanito giocatore che, alla roulette, punta l’intera posta una volta sul rosso un’altra sul nero. E vince – lo dimostra l’esperienza – una volta sì e una no. Nel 2014 sembrava Napoleone ad Austerlitz (oltre il 40% alle elezioni europee grazie anche alla mossa degli 80 euro in busta paga). Poi la stagione delle riforme del lavoro: il jobs act imposto anche agli ex Pci ed ex Cgil, la disintermediazione sociale e quant’altro rendeva testimonianza di una linea di cambiamento. Poi, confidando nella sua buona stella il “giovane caudillo” osa prendere a calci la Costituzione e, nonostante l’appoggio di tanti corifei, perde clamorosamente il referendum confermativo. Rientrato tra le quinte, aspetta il momento buono che si presenta, diversi mesi dopo la sconfitta del 4 marzo 2018, quando Renzi riesce a prendere in contropiede un’azione sbagliata dell’altro Matteo (Salvini) e a portare un Pd riottoso a formare un governo con il M5S sotto la presidenza di quel Giuseppe Conte che, nel dibattito al Senato nell’agosto 2019, aveva disarcionato di sella il leader della Lega sicuro di aver già vinto la corsa verso i pieni poteri.

Dopo la mossa azzeccata viene il turno di quella sbagliata. Renzi esce dal Pd, fonda un partito con l’obiettivo del 10%, mentre lascia una parte dei suoi dentro la vecchia ditta col proposito di poter svolgere un ruolo anche in quel partito.

L’operazione fallisce: i sondaggi danno Iv intorno a 2% che è poi più o meno la percentuale che il partito riesce ad ottenere nelle consultazioni in cui si è presentato.

Che cosa intenda fare adesso lo vedremo sul campo. Le sue critiche al governo Conte 2 hanno un fondamento, ma chi, in politica, apre dei fronti in una situazione tanto delicata deve darsi degli obiettivi perseguibili. Col suo intervento al Senato, Renzi aveva usato i toni e gli argomenti giusti tanto da riprendersi il centro della scena e a mettere in riga il solipsismo del premier. Ma che senso ha avuto la conferenza stampa in cui ha presentato sulla bozza di Pnrr tanti rilevi quasi quanto quelli esposti da Martin Lutero nelle sue Tesi? Anche la forma in politica ha il suo valore: quando si eccede diventa sempre più difficile tornare indietro salvando la faccia.

Non si vede quale interesse possa avere Matteo Renzi a disfare tutto ciò di cui è stato protagonista nell’estate del 2019: evitare che la destra vinca nelle elezioni anticipate e fare eleggere il presidente della Repubblica dall’attuale Parlamento.

Quelle sfide stanno ancora al punto di prima; le cose non sono cambiate in modo stabile e rassicurante. Anzi la pandemia, con le sue conseguenze impreviste e positive sulla politica della Ue, ha evidenziato ancora di più la pervicacia di Matteo Salvini e Giorgia Meloni nell’insistere su di una linea sovranista e antieuropea, nonostante la clamorosa smentita dei fatti. È lecito chiedere, dunque, a Renzi di farci capire se ha un disegno in testa o se il suo è un caso di “rischio elettivo”. Si chiama così l’incorrere in un infortunio sul lavoro svolgendo attività che non c’entrano nulla con la mansione da svolgere. Nei manuali di diritto previdenziale si fa riferimento ai cosiddetti giochi di destrezza e si porta l’esempio dell’operaio che getta in alto, per gioco, delle chiavi inglesi che, prima o poi, gli cadono in testa. Il manuale si affretta a dire che in questi casi la prestazione non è dovuta. E il lavoratore. oltre al bernoccolo, va incontro a sanzioni disciplinari.

(Giuliano Cazzola, Il Riformista)

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