I Paesi membri accusano Bruxelles di essere troppo burocratica e non all’altezza della celerità che sarebbe richiesta dall’emergenza
Doveva essere l’emblema della condivisione e della solidarietà europea, la campagna vaccinale contro il Covid-19. Al momento per sembra arrancare e, soprattutto, dividere gli Stati membri che accusano Bruxelles di essere troppo burocratica e non all’altezza della celerità che vorrebbe la risposta all’emergenza.
“La Commissione europea ha probabilmente pianificato in modo troppo burocratico: troppo pochi dei vaccini giusti sono stati ordinati e il dibattito sui prezzi è andato avanti per troppo tempo”, ha giudicato Markus Soder, governatore della Baviera e leader della Csu locale.
Kirsi Varhila, dirigente del ministero finlandese per gli Affari sociali e la salute, si è lamentata del fatto che il suo Paese abbia ricevuto solo circa 40 mila dosi a dicembre, mentre se ne aspettava fino a 300 mila. “Ciò che era stato promesso all’Ue non è arrivato e invece i vaccini sono andati altrove”, ha detto Varhila, citata da Yle e ripresa da Politico Eu. “Si parlava di centinaia di migliaia di dosi, invece siamo a decine di migliaia. Molto meno del previsto”, ha insistito. “Sembra che gli Stati Uniti siano un acquirente più veloce dell’Europa”, ha accusato in un ulteriore attacco alla politica di approvvigionamento di Bruxelles.
E se la prende con Bruxelles anche l’amministratore delegato della BioNTech, Ugur Sahin. Parlando con Der Spiegel, ha evidenziato che il processo in Europa “non è stato così rapido e diretto come in altri Paesi”. Ha quindi incolpato la decisione dell’Ue di diversificare gli ordini tra vari produttori nell’aspettativa che più vaccini sarebbero stati rapidamente approvati. “Si presumeva che molte altre aziende sarebbero arrivate con i vaccini. ‘Ne avremo abbastanza, non sarà poi così male, e abbiamo tutto sotto controllo’, apparentemente è stata questa l’impressione. Sono rimasto sbalordito”, ha confessato Sahin.
Gli Stati Uniti hanno piazzato il loro ordine iniziale di vaccini prima dell’Ue, riservando 100 milioni di dosi a luglio. Tuttavia, l’Ue ha ottenuto 200 milioni di dosi a novembre. E a dicembre, entrambi hanno ordinato 100 milioni di dosi extra, portando il totale degli Stati Uniti a 200 milioni e dell’Ue a 300 milioni.
Sulla tempistica, gli Stati Uniti dovrebbero ottenere il tutto entro luglio, mentre l’Ue entro settembre. Ma, in ogni caso, la scadenza per contratto è per fine anno.
La commissaria europea per la Salute, Stella Kyriakides, ha tuttavia puntato il dito contro l’accumulo di ordini sulla capacità di produzione globale e ha assicurato che altri vaccini sono “sul punto di essere approvati”.
L’ok dell’Ema (l’Agenzia europea per la farmaco) al siero di Moderna dovrebbe arrivare mercoledì. Quello di AstraZeneca sembra invece più lontano.
Inoltre la Commissione è pronta ad aiutare le aziende a incrementare la capacità, oltre ai 100 milioni di euro che la Banca europea per gli investimenti ha già prestato a BioNTech a giugno per test e produzione.
A complicare il quadro è la possibile – e temuta – fuga in avanti della Germania che può fare affidamento sulle dosi della BioNTech, azienda tedesca. Ma il ministro della Salute, Jens Spahn, finito nel mirino nei giorni scorsi per aver annunciato un ordine di trenta milioni di dosi fatto da Berlino direttamente in casa (lasciando fuori l’Ue) difende Bruxelles e giustifica i ritardi con “difficoltà nella produzione” e “un inizio prevedibilmente lento dato il focus sulle case di cura”.
Il vice presidente della Commissione Ue per la promozione dello stile di vita europeo, Margaritis Schinas, ringrazia proprio la Germania per il suo “aiuto” e parla di un successo Ue. “L’approvvigionamento di vaccini dell’Ue è un successo. Il contributo della Germania è stato quindi enormemente importante. L’Ue è grata. Anche la Germania uscirà rapidamente da questa crisi solo se tutta l’Europa potrà essere vaccinata. Più forti insieme!”, ha twittato.
Nel frattempo però il malcontento si diffonde per la lentezza della macchina. E non è solo un problema di ordini. In diversi Stati membri non si riescono a somministrare le dosi ricevute. Tra questi la Francia dove il presidente Emmanuel Macron si è lamentato, in privato, del ritmo definito – secondo Le Journal du Dimanche – “da passeggiata in famiglia, non all’altezza nè del momento né dei francesi”. “Mi batto al mattino, a mezzogiorno, la sera e la notte”, ha insistito il capo dell’Eliseo in alcuni colloquio telefonici. “Bisogna cambiare subito e con forza. E cambierà subito e con forza”, ha assicurato.
Non va meglio altrove nell’Unione. Ad esempio nei Paesi Bassi la campagna vaccinale dovrebbe iniziare solo l’8 gennaio. Allo stato attuale, la Danimarca ha il piu’ alto tasso di vaccinazioni tra gli Stati membri. Più di 45.800 dei 5,8 milioni di abitanti del Paese avevano ricevuto la prima dose alla data del 2 gennaio portando il tasso di vaccinazione per 100 persone a 0,78.
Ma in termini assoluti, la Germania è in testa con oltre 188.500 dosi somministrate al primo gennaio. Il tasso di vaccinazione tedesco per 100 abitanti è attualmente di 0,23. Seguono Croazia e Portogallo con tassi rispettivamente di 0,19 e 0,16. E poi Italia e Polonia che attualmente hanno tassi di circa 0,13. Al 31 dicembre la Francia aveva vaccinato solo 351 persone dei 67 milioni di abitanti. Intanto la Gran Bretagna serve la sua “vendetta” post Brexit con l’approvazione – e la somministrazione – del vaccino di AstraZeneca.
(Agi)