L’appello degli insegnanti dell’istituto di via Sicilia: ” Basta proclami politici.
Impariamo dagli errori del passato Servono continuità didattica e rapporto diretto con gli studenti. Ma anche più bus”.
Il sostegno di alunni e genitori
“Sia i docenti che gli studenti vogliono rientrare, ma per rimanervi sino alla fine dell’anno scolastico. I tempi dell’apprendimento e della verifica necessitano di una programmazione di lungo periodo, che solo la turnazione in presenza limitata e prudente, ma continua, può assicurare. Gli “stop” allo 0% e i “go” al 75% non servono alla scuola, ma solo alla propaganda politica e ideologica ” .
Sono parole dure quelle che la quasi totalità del corpo docenti del liceo Torquato Tasso rivolge alle istituzioni in una lettera che inanella criticità e proposte per un ” nuovo inizio” delle attività scolastiche. Partendo da un assunto: per il Tasso ” less is more”.
Meno è di più. Secondo professori, studenti, genitori del prestigioso classico vicino a piazza Fiume, anche la presenza al 50% ( prevista dal 7 al 16 gennaio, per poi passare al 75%), nell’attuale situazione epidemiologica, è un azzardo, che rischia di riportare alle continue quarantene preventive che hanno segnato la didattica a singhiozzo nei primi mesi dell’autunno.
“Riapriamo, ma potenziamo il trasporto degli studenti con l’impiego di autobus dedicati – continua la lettera – . Riapriamo senza escogitare turni inapplicabili e controproducenti come quelli decretati dalle prefetture laziali, che ignorano anche il problema della refezione degli studenti adolescenti ( gli istituti superiori non sono dotati di mensa)”. Per farlo, il Tasso immagina un rientro con il 30% degli studenti: un paio di giorni a settimana a scuola, per fare verifiche, compiti in classe, attività laboratoriali, e soprattutto mantenerre vivo il contatto con i compagni e il dialogo con gli insegnanti e il resto a distanza. Per aumentare solo quando i contagi lo permetteranno.
“I mesi scorsi sono stati per tutti noi un bagno di realtà – spiega uno dei firmatari, il prof Massimo Pieggi, che insegna religione, 18 classi per 316 alunni e dunque uno dei più esposti al ” balletto” delle quarantene – . Mi sono ritrovato in quarantena fiduciaria a tenere lezione da casa, con alcuni studenti a loro volta a casa ed altri in classe, che mi guardavano attraverso uno schermo. Sembrava il Truman Show. E la prospettiva che ci viene offerta adesso non fa altro che ‘ violentare’ tutto l’aspetto umano legato alla scuola”.
Al centro c’è il nodo dei trasporti e degli orari stabiliti dalla Prefettura. Con un rafforzamento delle corse di Atac e Cotral e con lo scaglionamento degli ingressi in due fasce: il 40% degli studenti alle 8, il 60% alle 10. “Così ci ritroveremo a uscire alle 16. È impensabile – sbotta Gaia, 17 anni, una delle rappresentanti d’istituto – vuol dire annullare la nostra vita.
Il rientro graduale è la cosa più saggia. Ero arrabbiatissima quando ci hanno ridotto la presenza al 25%, ma ora mi rendo conto quanto siano preziosi anche due giorni a settimana, danno una routine. Vuol dire uscire di casa e incontrare i compagni ” . Le fa eco Juliet, anche lei rappresentante d’istituto. “Dove studieremo? In autobus? Il piano per la scuola va fatto da chi la scuola la vive – spiega la 18enne – E invece prevale una visione fredda, meccanica. Prima delle percentuali, facciamo i conti con la dad, che se le cose andranno avanti così tornerà ad essere al 100%”.
Per tutti, il rientro a scuola del 7 gennaio è costellato di retorica, più che di pragmatismo. ” Siamo stufi – dice Enzo Nesticò, presidente del consiglio d’istituto e del comitato genitori del Tasso – così verranno penalizzati gli studenti che abitano lontano, diventeranno la serie B. Noi genitori d’accordo con i prof. Se davvero la scuola riapre a queste condizioni, tra un mese gli studenti saranno di nuovo tutti a casa”.
(La Repubblica)