I 500 Paperoni del mondo nel 2020 hanno aumentato le loro fortune del 31% Bezos di Amazon è primo anche nella filantropia. Ma la beneficenza è in discesa
Il 2020 è stato l’annus horribilis per quasi tutti gli abitanti del pianeta, con 150 milioni di persone destinate allo scarto della povertà estrema nel 2021 e un ulteriore incremento della diseguaglianza. Quasi, appunto. Il tradizionale indice di Bloomberg sottolinea una vistosa eccezione. Le cinquecento persone più ricche del mondo – lo 0,001% della popolazione – hanno visto crescere le già cospicue fortune di un totale di 1.770 miliardi di dollari negli ultimi dodici mesi. Il 31% in più rispetto all’anno precedente. Era dal 2012 che non si registrava un aumento simile. E a conferma delle parole di papa Francesco nella Giornata dei poveri del 2018, «Pochi ricchi che sono sempre di meno e sempre più ricchi», le punte d’eccellenza si concentrano nella “top twenty”, il ristretto club di quanti hanno patrimoni superiori ai 50 miliardi. Se per l’economia reale è stato un disastro, il Covid ha creato micro-bolle estremamente remunerative, legate al commercio e alla comunicazione digitale. Per il capolista Jeff Bezos, il gran capo di Amazon, ad esempio, la pandemia ha rappresentato l’opportunità per far lievitare il suo patrimonio di oltre il 69%, ritrovandosi in cassa ben 78,9 miliardi di dollari in più.
Il fatto non sorprende. Tra chiusure dei negozi e lockdown, le vendite online sono decollate. Quello appena trascorso, dunque, è stato l’anno d’oro di Amazon, i cui titoli in Borsa sono aumentati del 75%, e del suo patron, la cui ricchezza ha raggiunto quota 193,7 miliardi. È andata ancora meglio a Elon Musk, fondatore e direttore generale di SpaceX e Tesla, le cui sostanze sono lievitate del 482%. L’imprenditore statunitense di origine sudafricana ha guadagnato la cifra record di 133 miliardi, entrando a pieno titolo nella top 20, da cui finora era escluso. E si è piazzato direttamente al secondo posto, seguito dal “solito” Bill Gates. Merito anche, secondo vari analisti, dell’apertura di una rotta spaziale per i privati. Un risultato considerevole. Non paragonabile, però, all’ascesa fulminante di Zhon Shanshan.
Un nome semi-sconosciuto fino al 2020 quando la sua fortuna si è moltiplicata per undici, portando l’ex giornalista in 13esima posizione nella classifica mondiale. E facendogli tagliare, contemporaneamente, il traguardo di uomo più ricco della Cina. Tra gennaio e dicembre 2020, quest’ultimo ha incassato 68 miliardi, il 997% in più rispetto allo stesso periodo del 2019. La svolta è arri- vata con la decisione di quotare in Borsa la sua Nongfu, azienda che imbottiglia l’acqua minerale più venduta a Pechino e dintorni. Anche fra i venti super-paperoni, però, qualcuno ha visto gli affari andare male. Tante in termini assolute e, al contempo, minime dal punto di vista relativo. Lo spagnolo Amancio Ortega, che nel 2019 era al sesto posto dell’indice Bloomberg, è passato al 14esimo, con perdite da 7,3 miliardi a causa dell’obbligo per la sua Inditex di chiudere i propri punti vendita. È andata male anche al messicano Carlos Slim, crollato di dieci posizioni.
Nuovi elementi interessanti emergono incrociando l’indice di Bloomberg con l’ultima classifica del Chronicicle of philantropy. Gli incassi record non hanno provocato un parallelo slancio filantropico dei super-ricchi. Anzi. La somma totale delle dieci più importanti donazioni pubbliche e annunciate ammonta a 2,6 miliardi di dollari, la cifra più bassa dal 2011. Tale quota non include gli assegni staccati dal “top dei top” Bezos. In controtendenza, il manager di Albuquerque da solo ha dato 10 miliardi. Una parte è finita nel Bezos Earth Fund, il fondo, appena creato, che sostiene decine di organizzazioni impe- gnate per contrastare il cambiamento climatico. Oltre a Bezos, l’altra eccezione è la sua ex moglie, MacKenzie Scott. Nell’accordo di divorzio, la scrittrice ha ottenuto il 4% delle azioni dell’azienda del marito, per un valore di circa 40 miliardi di dollari. Fin da subito, “Lady Amazon” aveva promesso di condividere la sua fortuna. Ha cominciato con 4 miliardi spesi in soli quattro mesi per aiutare le vittime della crisi da Covid. «Donne, minoranze, esclusi sono stati i più colpiti – ha scritto sul suo blog –. Mentre i miliardari hanno visto aumentare le loro ricchezze ».
Elon Musk ha guadagnato il 482% in più, ora secondo prima del solito Bill Gates. La somma totale delle dieci più grandi elargizioni è scesa ai minimi dal 2011 Spesso donare diventa una «valvola di sfogo» per i profitti accumulati grazie all’evasione o all’elusione
Qualcuno l’ha interpretata come una stoccata all’ex marito. A differenza di quest’ultimo, comunque, MacKenzie Scott non figura fra i super donatori perché ha scelto il sistema di donazione a pioggia: piccoli finanziamenti a centinaia di enti e associazioni. La lista di Chronicicle, invece, considera l’ammontare delle singole offerte. Forse per questo l’unico altro nome della top 20 di Bloomberg presente anche in essa è quello di Mark Zuckerberg, la quinta persona più ricca del mondo. Insieme alla moglie, Priscilla Chan, il creatore di Facebook ha dato 250 milioni al Center for tech e civil life, ente impegnato nella sicurezza delle ultime presidenziali Usa. Scelta che molti analisti hanno visto come un intento di placare le polemiche per la controversa gestione delle fake news da parte del social durante la campagna.
Bezos e Zuckerberg sono due habituè lista Chronicle nonché due e- sempi di quello che l’esperta Nicoletta Dentico definisce “filantrocapitalismo”, insieme ad altri nomi noti, da Bill Gates ai coniugi Clinton. Un’abile strategia il cui «liquido amniotico è la disuguaglianza», scrive in ‘Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo’ (Emi): con la beneficenza una classe ristretta di vincitori sulla scena della globalizzazione punta, secondo l’autrice, ad acquisire influenza e potere. Spesso, inoltre, le donazioni diventano una valvola di sfogo su cui investire i profitti accumulati grazie all’evasione o all’elusione fiscale. Il già citato benefattore Gates è stato accusato dal Senato Usa, nel 2012, di avere sottratto al fisco 21 milioni di dollari, nascondendoli nei cosiddetti paradisi offshore. Una prassi purtroppo comune come sostiene l’ultimo rapporto sullo Stato della giustizia fiscale: ogni anno, ben 427 miliardi di dollari spariscono nel buco nero dell’abuso tributario. Uno scandalo ancor più inaccettabile in tempi di pandemia, quando i cittadini hanno toccato tragicamente con mano il suo costo sociale in termini di tagli al sistema sanitario.
Alla luce di queste contraddizioni possono essere letti i ripetuti appelli del Papa a costruire un’economia dal volto nuovo. Basata non sulla «sulla ricerca di palliativi nel Terzo settore o in modelli filantropici », ha detto il Pontefice ai giovani riuniti virtualmente ad Assisi il 21 novembre scorso. «Benché la loro opera sia cruciale, non sempre sono capaci di affrontare strutturalmente gli attuali squilibri che colpiscono i più esclusi e, senza volerlo, perpetuano le ingiustizie che intendono contrastare», ha aggiunto. E ha proposto come chiave quella di lavorare non “per” ma “con” i poveri. «La solidarietà non è condividere le briciole della nostra tavola, bensì fare posto a tavola per tutti – scrive Francesco nel libro con Austen Iveright ‘Ritorniamo a sognare’ (Piemme) –. La dignità dei popoli è un appello alla comunione: condivisione e moltiplicazione dei beni e partecipazione di tutti e per tutti».
(Avvenire)