L’associazione di Mestre calcola i danni legati alle chiusure delle attività e chiede un contributo aggiuntivo anche per gli autonomi ricordando che con la legge di Bilancio 2021 è salita a 3,8 miliardi la dote del fondo per il nuovo contratto degli statali
Se gli autonomi fossero trattati come i lavoratori del pubblico impiego lo Stato dovrebbe conferirgli, sia per le perdite registrate a causa delle chiusure per decreto o per Dpcm sia in forma di contributo aggiuntivo del 26%, poco più di 250 miliardi di euro, “un importo che sfiora la somma degli stanziamenti previsti dal Recovery plan e dalla legge di Bilancio per il 2021“. E’ la provocazione lanciata dalla Cgia di Mestre.
Il fondo per il rinnovo dei contratti della P.a
Nella manovra 2021, ricorda l’associazione, “è salito a 3,8 miliardi l’importo a disposizione del fondo per il nuovo contratto di lavoro degli statali. Considerando gli effetti che questa decisione avrà anche sui dipendenti delle amministrazioni periferiche – osserva – si raggiunge una disponibilità di spesa complessiva pari a 6,7 miliardi di euro: il 26 per cento in più di quanto erogato a tutti i lavoratori del pubblico impiego nell’ultimo rinnovo firmato nel 2018″.
L’Ufficio studi della Cgia segnala inoltre che “l’ultimo contratto siglato dai dipendenti pubblici è stato firmato nel 2018 e ha interessato il triennio 2016-2018. L’accordo è arrivato dopo quasi un decennio di blocco degli stipendi imposto per legge. Analizzando l’andamento della retribuzione lorda media nel pubblico impiego, si evince, che tra il 2010 e il 2019 l’incremento è stato del 4 per cento (l’inflazione, invece, nello stesso periodo è salita del 10,5 per cento). Se in questo decennio gli aumenti contrattuali a causa del blocco non hanno subito aumenti significativi, nel quindicennio precedente (1995-2009) l’innalzamento della spesa fu esponenziale: +72 per cento contro una crescita media dell’inflazione del 40 per cento”.
Solo 29 miliardi di aiuti ad autonomi e commercianti
Secondo la Cgia, “fino ad oggi, a causa della pandemia, tutte le attività economiche hanno ottenuto dall’esecutivo – al netto delle agevolazioni in materia di credito e dell’effetto dello slittamento di alcune scadenze fiscali – solo 29 miliardi di euro di aiuti diretti“.
Il fatturato annuo delle imprese italiane, ricorda ancora l’associazione, “è pari a circa 3.100 miliardi di euro. Secondo alcune ipotesi molto prudenziali, le chiusure imposte per decreto dal Governo a causa del Covid hanno provocato alle attività interessate una perdita di fatturato di circa 200 miliardi di euro. Se a questo risultato si somma il 26%, si raggiunge un dato complessivo di poco superiore ai 250 mil iardi di euro.Secondo l’ultima bozza in circolazione, il Recovery plan ammonterebbe a poco più di 220 miliardi, mentre la legge di Bilancio 2021 ha una dimensione economica attorno ai 40 miliardi di euro”.
Il confronto tra statali e autonomi
Con questo confronto, spiega l’associazione, “vogliamo mettere in luce come una parte importante dell’economia italiana – costituita da almeno 5 milioni di artigiani, commercianti, esercenti, albergatori e lavoratori autonomi – abbia subito perdite consistenti a causa delle chiusure imposte per decreto dal governo, non abbia beneficiato di indennizzi adeguati, sebbene da sempre non possono contare su alcun ammortizzatore sociale. A differenza dei lavoratori del pubblico impiego che, invece, di fronte a questa crisi economica senza precedenti non hanno corso alcun pericolo di perdere né il posto di lavoro né una parte del proprio reddito”.
Senza contare, sottolinea ancora la Cgia, “che tra i lavoratori della Pubblica amministrazione è stata molto elevata la quota di coloro che in questi mesi di Covid ha potuto sperimentare lo smart working, riuscendo a conciliare meglio il lavoro con gli impegni familiari e il tempo libero, beneficiando anche dell’azzeramento dei costi di trasporto e di quelli legati alla pausa pranzo”.
“Le crisi economiche – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – non sono mai democratiche. Anche questa volta, infatti, a pagare il conto più salato saranno le persone più fragili, come le donne e i giovani. E se questi ultimi sono anche titolari di una partita Iva, i disagi aumentano esponenzialmente. Per questo motivo è giunto il momento di creare una rete di protezione sociale finalmente universale che coinvolga tutti: lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti sia del pubblico che del privato”.
Questa strada, prosegue Zabeo, “va perseguita senza togliere le garanzie già acquisite dai lavoratori subordinati, ma allargando le tutele anche a coloro che ne sono attualmente sprovvisti, utilizzando, in prima battuta, le risorse che spenderemo per il cashback. Un provvedimento, questo, che assume sempre più i contorni di una vera iattura. Nei prossimi 2 anni, infatti, costerà alle casse dello Stato quasi 5 miliardi di euro che scandalosamente regaleremo alle persone più ricche. Risorse, invece, che sarebbero da utilizzare per sostenere le tante partite Iva che a causa del Covid e delle chiusure imposte per decreto rischiano di abbassare definitivamente la saracinesca”.
(Agi)