Oggi, lunedì 18, rientrano a scuola 840mila studenti di cinque regioni. In Lombardia, Sicilia e provincia di Bolzano, dichiarate zone “rosse” resteranno in Dad anche i ragazzi di seconda e terza media
Continua la scuola dalle “porte girevoli”, dove c’è chi può rientrare in presenza e chi, invece, dovrà continuare a seguire le lezioni a distanza. Emblematica di questo procedere “a strappi” è la situazione di Lombardia ed Emilia Romagna. Pur avendo i Tar di Milano e Bologna, a cui alcuni comitati di genitori avevano presentato ricorso, annullato le ordinanze delle due Regioni sulla proroga della didattica a distanza, alle superiori, fino al 25 gennaio, soltanto gli alunni emiliano-romagnoli potranno rientrare in presenza, al 50%, da lunedì.
I lombardi, che hanno simbolicamente occupato i cortili delle scuole al grido «Vogliamo rientrare», dovranno invece avere ancora un po’ di pazienza, perché, nel frattempo, la loro regione è entrata in zona “rossa”. E da lunedì, insieme agli alunni più grandi, anche i ragazzi di seconda e terza media riprenderanno con le lezioni online.
Situazione analoga in Sicilia e Provincia autonoma di Bolzano, anch’esse rientrate nella massima fascia di rischio. In questi territori, ricorda il ministero dell’Istruzione, «restano in presenza i servizi educativi per l’infanzia, la scuola dell’infanzia, la primaria e il primo anno della scuola secondaria di primo grado».
Sempre in Emilia Romagna, la Conferenza episcopale regionale invita le parrocchie «a mettere a disposizione spazi in cui gli studenti possano seguire le attività curricolari, affrontare lo studio personale, e insegnanti fuori servizio o in pensione per integrare gli apprendimenti».
Nelle regioni “arancioni” (Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Umbria, Valle d’Aosta, Calabria, Emilia-Romagna e Veneto), le lezioni in presenza potranno riprendere fin da lunedì, almeno al 50% degli studenti e fino a un massimo del 75%. Complessivamente, saranno 840mila gli alunni che faranno ritorno in classe, ma soltanto in cinque regioni (256mila nel Lazio, 13mila in Molise, 197mila in Emilia Romagna, 176mila in Piemonte e 199mila in Puglia).
In altri territori “arancioni” si continuerà, invece, con la Dad perché le Regioni hanno adottato ordinanze più restrittive del Dpcm del governo. È il caso di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Marche, dove la telescuola proseguirà fino al 31 gennaio. Anche in Liguria superiori a casa almeno per un’altra settimana, ha annunciato il governatore Giovanni Toti, così come in Umbria, sempre a seguito di un’ordinanza regionale. Didattica a distanza fino a fine mese anche in Calabria, così come stabilito dall’ordinanza del governatore facente funzioni Antonino Spirlì.
Ci sono, poi, le regioni “gialle” (Campania, Sardegna, Basilicata, Toscana, Molise e provincia autonoma di Trento), quelle più virtuose per il contenimento dei contagi, dove la scuola superiore può riprendere in presenza al 50% e fino al 75% degli studenti. Anche qui, però, non mancano le eccezioni. In Campania, per esempio, sarà valutata la possibilità del ritorno in presenza per l’intera scuola primaria a partire da lunedì e soltanto dal 25 gennaio, per la secondaria di primo e secondo grado. Anche in Basilicata e Sardegna superiori in Dad fino al 1° febbraio, come disposto dalle due Regioni.
Il nuovo Dpcm autorizza, inoltre, lo svolgimento dei concorsi pubblici, compreso quindi quello straordinario per 32mila cattedre di scuola media e superiore, interrotto a novembre. «Le prove saranno ricalendarizzate con un numero di candidati non superiore a 30 per ciascuna sessione o sede di prova», annuncia il ministero. Che ricorda l’obbligo di indossare la mascherina in classe, dai sei anni in su.
A questo proposito, è stata licenziata ieri una maestra di scuola elementare di Treviso contraria all’uso della mascherina protettiva in aula, posizione che aveva sostenuto partecipando anche a manifestazioni negazioniste, e che aveva sollevato le proteste dei genitori, con tanto di sit-in nel dicembre scorso. Il contratto è stato semplicemente non rinnovato dalla stessa scuola, che l’aveva assunta con un contratto-Covid a termine, previsto proprio dalle misure legate all’emergenza pandemia. La condotta dell’insegnante, era emersa dalle segnalazioni degli alunni ai propri genitori, che dopo una serie di segnalazioni avevano deciso di scegliere la via della protesta eclatante. Fino all’allontanamento della docente negazionista.
(Paolo Ferrario , Avvenire)