Proteste in 25 città per chiedere la scarcerazione del dissidente rientrato nel Paese alcuni giorni fa e subito arrestato
Manifestazioni in sostegno dell’oppositore Aleksei Navalny si sono svolte in decine di città in tutta la Russia, sfidando non solo temperature gelide (come i -50 gradi di Yakutsk), ma anche i divieti e le intimidazioni delle autorita’.
Almeno mille gli arresti, secondo la ong Ovd-Info, che monitora le proteste a livello nazionale.
A Mosca, la polizia ha utilizzato i manganelli per disperdere i manifestanti. Sotto lo slogan “Navalny libero”, i cortei – tutti non autorizzati – sono partiti nelle regioni più orientali, come Vladivostok e Khabarovsk, per poi continuare verso Ovest, mano a mano che passavano le ore, fino a Mosca e San Pietroburgo.
Qui sono puntati i riflettori per capire la reazione del Cremlino: solo nella capitale, a piazza Pushkinskaya, secondo fonti indipendenti, sono state fermate 100 persone e altrettante a Pietroburgo.
La polizia ha agito con forza, strattonando donne e anche alcuni ragazzini; i manifestanti a Mosca (per il ministero dell’Interno finora 4mila) sembra siano stati portati via, quasi a caso, spesso solo perche’ avevano in mano cartelli con scritte come “Non ho paura”, popolarissimo tra gli slogan della protesta. Tra i fermi risulta anche una delle piu’ strette collaboratrici dell’oppositore, Lyubov Sobol, e la moglie di Navalny, Yulia.
Secondo i sostenitori di Navalny – arrestato al suo arrivo a Mosca il 17 gennaio scorso per aver violato i termini della liberta’ vigilata, nei suoi cinque mesi di cure in Germania seguite al suo avvelenamento – dall’affluenza alle proteste dipenderà il destino di quello che è stato ribattezzato “il prigioniero politico n 1 in Russia”.
Per gli analisti, è da osservare anche l’estensione delle manifestazioni per capire se il consenso messo in piedi in questi anni da Navalny possa aspirare a diventare un movimento nazionale.
Manifestanti sono scesi in strada, anche se in numeri esigui, anche in città tradizionalmente poco inclini alle proteste e c’è chi ha parlato già della più ampia mobilitazione dalle proteste del 2017, quando sempre Navalny – dopo una inchiesta sulle ricchezze dell’allora premier Dmitri Medvedev – aveva portato in piazza per mesi migliaia di persone in tutto il Paese contro la corruzione.
Anche questa volta, l’oppositore ha fatto leva sul tema corruzione, ma puntando diritto al presidente Vladimir Putin con una video-inchiesta, che ne ha rivelato un presunto palazzo sul Mar Nero dal valore di 1,1 miliardi di euro costruito con soldi di tangenti. Il Cremlino ha respinto la notizia come “fake news” e ormai è sempre più convinto che Navalny sia strumento dei servizi segreti occidentali, intenzionati a realizzare scenari in stile Bielorussia.
Per questo, secondo quanto rivelato da alcune fonti a Bloomberg, è possibile che Navalny venga condannato a una detenzione prolungata, fino anche a 13 anni: per tenerlo lontano dai prossimi appuntamenti elettorali e soprattutto provare a fiaccare il suo movimento, nato e cresciuto intorno al suo carisma.
(Agi)