Da fine dicembre vaccinate oltre 2,5 milioni di persone, il premier ha chiamato l’ad del colosso farmaceutico per garantire la fornitura dei vaccini. L’operazione preoccupa le organizzazioni che lottano per la protezione della privacy
GERUSALEMME — Nell’ufficio del primo ministro — dove ormai risiede da quasi dodici anni — Benjamin Netanyahu tiene i memorabilia da mostrare ai leader stranieri in visita a Gerusalemme. Sotto la teca di cristallo, assieme al modellino del sistema anti-missile Arrow, da qualche settimana il primo ministro ha collocato un’altra freccia: la siringa con cui gli è stata somministrata la prima dose di vaccino. La campagna di immunizzazione coincide con la campagna elettorale — il 23 marzo gli israeliani tornano a votare per la quarta volta in due anni — e il capo del governo vuole restare tale ripetendo ai comizi e nei corridoi degli ospedali che «Israele sarà il primo Paese a sconfiggere il Coronavirus».
Dal 20 di dicembre oltre 2 milioni e mezzo di persone sono stati inoculati e da ieri possono ricevere il vaccino anche i ragazzi tra i 16 e i 18 anni, l’obiettivo è coprire entro la fine di marzo i due terzi della popolazione (in totale 9,2 milioni) senza contare i più giovani. Le fiale che scarseggiano in Europa non sono mai mancate in Israele. In settembre il premier Netanyahu ha contattato di persona Albert Bourla, l’amministratore delegato di Pfizer, per farsi garantire la fornitura. Secondo alcune fonti, lo Stato ebraico ha pagato molto di più per accaparrarsi le dosi, fino al doppio di americani ed europei.
Soprattutto è emerso che il ministero della Sanità ha firmato con la casa farmaceutica un accordo di venti pagine e ha garantito di fornire tutti i risultati delle vaccinazioni, compresi i dettagli di ogni singola puntura fino al braccio di inoculazione. Un’intesa simile sarebbe stata finalizzata anche con Moderna. Aver trasformato Israele in un laboratorio su scala nazionale preoccupa le organizzazioni che lottano per la protezione della privacy: il governo assicura che a Pfizer vengono fornite solo statistiche generali, senza dati personali. «Questa enorme quantità di informazioni può essere hackerata. A quel punto nessuno potrebbe controllare nelle mani di chi finirebbe e potrebbe essere sfruttata in futuro dalle assicurazioni o dai datori di lavoro», spiega Tehilla Shwartz Altshuler, esperta dell’Israel Democracy Institute.
Una petizione presentata in tribunale da queste associazioni ha costretto il ministero della Sanità a rendere pubblico l’accordo con Pfizer, seppure con alcuni passaggi secretati: «L’obiettivo è analizzare i dati epidemiologici per determinare se l’immunità di gregge viene raggiunta dopo una certa percentuale di vaccinati». Per velocizzare le operazioni il documento è stato approvato senza il parere della commissione Helsinki deputata a definire le regole per le sperimentazioni mediche sugli esseri umani.
«Quello che sta avvenendo non è uno studio clinico — spiega il presidente Eytan Friedman alla rivista Calcalist —. Questi vaccini hanno superato quella fase e sono stati approvati. Avremmo però preferito essere consultati per valutare che l’intesa con Pfizer rispettasse tutti gli aspetti etici». Il Paese resta in lockdown totale per un’altra settimana e il governo ha deciso di sigillare completamente i confini: niente voli in entrata o in uscita — salvo casi eccezionali — dall’aeroporto di Ben Gurion fino alla fine del mese. Preoccupano le varianti del Covid-19 che hanno innalzato il numero di nuovi contagiati nelle scorse settimane: i dati hanno cominciato a migliorare solo sabato.
(Corriere della Sera)