Sono stati 45 su 50 i repubblicani che hanno votato a favore dell'”incostituzionalità” del processo. Tra questi anche McConnell, ago della bilancia del processo
L’obiettivo dei democratici era arrivare a 67 senatori su 100 per far passare l’impeachment di Donald Trump.
Alla vigilia della seduta di ieri, dedicata al giuramento dei senatori, il numero dei voti potenziali si era già ridotto a 60. E appena la seduta è cominciata, è sceso a 55, dodici meno della soglia minima per incriminare l’ex presidente.
In attesa dell’apertura ufficiale della procedura, il 9 febbraio, è quindi arrivato il segnale politico più forte: neanche stavolta, come un anno fa, i democratici avranno i numeri per condannare Trump.
Sono stati 45 su 50 i repubblicani che hanno votato a favore dell'”incostituzionalità” del processo. “E’ stato un test politico”, ha commentato il repubblicano eletto in Arkansas, John Boozman. “Una buona indicazione di come finirà”, ha aggiunto un altro repubblicano, Mike Rounds, del South Dakota.
Tra quei 45 voti c’era, soprattutto, quello di Mitch McConnell, il vero ago della bilancia del processo. Il leader dei repubblicani nei giorni scorsi aveva lanciato un inatteso messaggio di apertura sull’impeachment: aveva detto di “considerare l’incriminazione”, accusato Trump di “aver provocato la rivolta” e lasciato i senatori del suo gruppo “liberi di votare secondo coscienza”.
I dem, quasi increduli, avevano quantificato in dieci i possibili voti repubblicani a favore dell’impeachment. Invece oggi McConnell ha votato per l’annullamento dell’impeachment. Segnale chiaro: il processo si concluderà con l’assoluzione di Trump dall’accusa di aver incitato la rivolta del Campidoglio del 6 gennaio.
In serata l’agenzia Axios ha rivelato l‘iniziativa bipartisan di due senatori, il democratico Tim Kaine e la repubblicana Susan Collins, che starebbero cercando di raccogliere adesioni su un’alternativa all’impeachment: la “censura”. I democratici, però, potrebbero prenderla in considerazione solo se almeno dieci senatori del Gop dichiarassero pubblicamente di appoggiarla. Ma non hanno molti margini di manovra. L’alternativa è portare di nuovo Trump a processo, bloccare il Congresso per settimane, per poi vedere The Donald uscire da vincitore.
(Agi)