Il partito del Presidente Conte stretto tra l’effetto Fini e lo svuotamento del bacino elettorale del M5S. Rischiano i pentastellati e meno il PD. Si conferma solida la coalizione del centrodestra.
La crisi conclamata del governo di Giuseppe Conte ha aperto la strada alle consultazioni dei gruppi parlamentari dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
L’esito incerto delle consultazioni fa aleggiare il fantasma delle elezioni sulla testa dell’esecutivo. La new entry alle prossime consultazioni elettorali potrebbe essere il partito del Presidente Conte che, secondo i sondaggi che ha realizzato Emg Acqua per il programma Cartabianca di Bianca Berlinguer, potrebbe attestarsi al 10%.
È sempre difficile stimare il potenziale reale di formazioni ipotetiche legate a singoli personaggi che in un dato momento storico politico godono di alta visibilità. Tali stime sono soggette a un elevato margine di errore basti pensare a quello che è successo alla Scelta Civica di Mario Monti, partita da una stima del 20% e arrivata solo all’8,4%. O l’insuccesso ancora più grande di Futuro e Libertà di Gianfranco Fini, doveva essere la spina nel fianco dell’allora Popolo delle Libertà, si limitò a raggranellare solo lo 0,47% dei consensi, non raggiungendo il quorum necessario per entrare in Parlamento e lasciando fuori lo stesso frontrunner Fini.
Partito di Conte: il rischio di un effetto Giuda
“Le operazioni che nel marketing si chiamano spin-off, cioè operazioni che prevedono che un nuovo brand si stacchi dal precedente, tendono a produrre una sovrastima iniziale e poi una forte delusione finale. Renzi docet – ci dice Alessandro Amadori dell’Istituto Piepoli -. La politica segue delle leggi ancestrali. Esiste un substrato profondo, antropologico che esercita il cosiddetto effetto Giuda: chi deve il suo successo a una certa area politica, se poi si stacca da quell’area a cui, per l’immaginario collettivo, deve molto, se non tutto, di solito viene punito e ne esce ridimensionato. Un altro caso di scuola è il caso Fini che dal punto di vista dell’immaginario collettivo fece come Bruto con Cesare”. Il rischio, per il presidente Giuseppe Conte, sarebbe quello di entrare Papa e uscire cardinale. “Il caso Conte è simile al caso Monti, solo che quest’ultimo non non aveva un partito, poi gli è venuta l’idea di dotarsi di un partito – continua il sondaggista -. La grande differenza è che Conte ha maturato all’interno del M5S una relazione ed è oggetto di un investimento emozionale che Monti non aveva, l’effetto spin-off in senso punitivo potrebbe avvenire. Le stime dicono 10% potrebbe fare dal 4% al 7%, se consideriamo che esiste un coefficiente riduttivo che va dallo 0,4 allo 0,7”.
L’importanza del timing
Sul cosiddetto “effetto Giuda” e dunque sul forte legame tra la figura di Conte e il M5Snon sono tutti concordi. “Conte, benché sia legato al M5S, non è considerato un 5 stelle, viene considerata una persona diversa, un uomo delle istituzioni, un uomo della mediazione – ci dice Carlo Buttaroni Presidente di Tecnè -. Fino a quando si è Presidente del Consiglio si sta sulla breccia e si gode dell’esposizione della popolarità che deriva dal ruolo, e anche della paura del cambiamento. Nel momento in cui non si è più Presidente del Consiglio si perdono queste prerogative e il consenso tende a erodersi. Pensiamo a quello che è successo a Renzi, consenso alto fino al referendum popolare e poi è stata una caduta, non un piano inclinato ma un crollo verticale” . Il consenso di un possibile partito di Conte dipende dunque anche dal timing, ovvero dal ruolo che rivestirà quando si andrà alle urne. “Se si andasse a elezioni con lui come Presidente del Consiglio potrebbe arrivare anche al 14% ma se si va alle elezioni – continuai Buttaroni – quando non è più Presidente del Consiglio allora anche una percentuale del 10% può essere tanto. I consensi personali di Conte variano dal 4% al 6%, e potrebbero sommarsi a quelli del M5S. Certo un po’ ne beneficerebbe ma non tantissimo perché Conte e il profilo degli elettori del M5S non sono così sovrapponibili. Paradossalmente Conte potrebbe essere più compatibile con il PD che con il M5S, è più una mediatore che un rivoluzionario”.
La fiducia nella figura di Conte: questione di punti di vista
Le quotazioni sul mercato elettorale del presidente Conte dipendono, in larga parte, dalla fiducia che è riuscito a costruire intorno alla sua figura. “La fiducia incide moltissimo e resta molto, molto alta- dice al IlGiornale.it Roberto Weber presidente dell’Istituto Ixè -. Consideriamo anche che la maggior parte dei mezzi di comunicazione sono ostili a Conte. Per la prima volta abbiamo un’ostilità che si muove dall’estrema destra a quella che è la bandiera del progressismo italiano, La Repubblica. L’unico giornale che sostiene Conte è Il Fatto Quotidiano. Da un lato c’è l’establishment mediatico ostile, dall’altro uno spettro di opinione pubblica che supporta la ricandidatura o la durata in carico di Conte, questo ci fa capire quanto sia profondo il radicamento di quest’uomo. Però a questo aggiungo che, se si va al voto tra 1 anno e mezzo e se Conte non rimane in carica come Presidente del Consiglio, di lui resterà solo un ricordo. Poi sa, gli italiani dimenticano i fretta.…”. I dati sulla fiducia di cui gode il Presidente Conte sono però ondivaghi e variano dal 60% rilevato da Ixè e Istituto Piepoli al 38% rilevato da Tecné. “La fiducia nel Presidente Conte è bassa intorno al 38% – continua Carlo Buttaroni – eppure gode di un’attenzione che è diversa da quella degli altri partiti. È come se un candidato potesse andare più degli altri in tv e sui giornali. È un dato falsato che risente della fiducia della carica. In momenti di grande difficoltà, come quelli che sta vivendo l’Italia oggi, nell’opinione pubblica c’è la tendenza ad affidarsi alle istituzioni. Quindi il dato sulla fiducia in Giuseppe Conte è falsato perché è la persona interpreta il ruolo. A volte noi stiamo molto attenti a cercare le sfumature ma l’opinione pubblica è molto più semplice nell’effettuare le sue valutazioni. Questo è successo anche in casi precedenti, pensiamo a Monti, era dato al 20% poi la realtà è stata diversa”. Fare un partito però non basta, è necessario avere la forza economica per sostenerlo. “Nel 2006 il costo per voto nella campagna elettorale era di 2 euro a voto – aggiunge Roberto Weber -. Capisco che si possa fare con meno ma con quanto meno? Io non vedo Conte vicino a centri di potere che possono finanziare la sua campagna”.
Il risiko dei voti: il partito di Conte potrebbe rubare fino a 5 punti al M5S
Il partito più svantaggiato dall’ingresso in campo del Presidente Conte sarebbe il Movimento 5 Stelle. Su questo concordano tutti i sondaggisti contattati. “Un eventuale partito Conte pescherebbe nel bacino di maggioranza, sottraendo voti al M5S, al PD e poi in parte potrebbe prendere quel voto centrista che è sparso da Italia Viva e formazioni minori del centro destra – aggiunge Alessandro Amadori -. Ma l’effetto sottrattivo sarebbe soprattutto a danno del M5S perché sarebbe una scissione. È diventato in un qualche modo un mentore del M5S. Io direi che potrebbe rubare i 2/3 dei suoi voti al M5S e 1/3 al PD. Sebbene il Pd potrebbe anche essere anelastico, per alcuni aspetti, a un effetto Conte. Questo effetto di spostamenti dei voti verso Conte deriva anche da un indebolimento nella fiducia di tutti gli altri leader del M5S: Fico al 30%, ma è più una fiducia nel ruolo di Presidente della Camera, Di Maio 25%, Beppe Grillo 12%. Conte ha eroso gli altri personaggi del M5S e ha preso implicitamente in mano il futuro del M5S”. Nel caso in cui il M5S dovesse perdere il “bomber” Conte si ritroverebbe con un bottino elettorale abbastanza esiguo ben lontano dal 32,5% dell’ultima torna elettorale. “Dai nostri dati risulta che il M5S avrebbe una netta flessione – assicura Carlo Buttaroni -. Diciamo che circa la metà dei voti di un ipotetico partito di Conte arriverebbero dal M5S. Noi l’abbiamo stimato intorno al 14%, quindi perdendo circa 5 punti verso il partito di Conte scenderebbe intorno all’8-9%”.
La solidità del centro destra
Un altro aspetto sul quale i sondaggisti concordano è la solidità del campo del centro destra. “Il centro destra è molto solido, noi diamo Forza Italia al 7,5%, il che tenuto conto della poca comunicazione del Presidente Silvio Berlusconi è buon risultato. Fratelli d’Italia è al 16-16,5% mentre la Lega tra 23 e 24%. Siamo al 47 solo con questi tre partiti principali- ci dice Amadori -. Il tema del centro destra è l’alleanza e presentarsi con un progetto di paese made by centrodestra”. Certo è che molto difficilmente un possibile partito di Conte riuscirà ad erodere voti al centro destra. “C’è una linea di demarcazione netta – conclude Buttaroni -. Dopo che si è giocata una partita su campi opposti, e Conte ha definito un suo perimetro molto alternativo a quello del centro destra, non si può saccheggiare il territorio avversario. Le divisioni sono molto nette. Quello che abbiamo visto, analizzando i flussi elettorali, è che solo una quota insignificante degli elettori centristi arriverebbero a votare Conte. Tutto l’elettorato di Conte orbita nel bacino del centro-sinistra, forse può ottenere qualcosa dall’astensione”.
(Il Giornale)