L’uomo sin dalla sua apparizione sulla terra ha avuto il timore della morte, una delle ragioni principali è la non possibilità di sapere cosa ci aspetta dopo.
Questa paura, assieme alla percezione di onnipotenza che pervade la giovinezza, e una progressiva perdita di riferimenti certi e attendibili sta provocando un caos nei rapporti e nelle relazioni sociali.
Si assiste ogni giorno al non rispetto delle ormai arcinote tre norme per la prevenzione: distanziamento, igiene delle mani, mascherine protettive. Giornalmente si verificano episodi di disprezzo verso coloro che cercano di fare rilevare queste banali precauzioni, e nei casi peggiori anche aggressioni non solo verbali ma anche fisiche nei confronti di tutori dell’ordine. Le giustificazioni vanno dall’esigenza di voler essere finalmente liberi dopo qualche mese di “confinamento”, al non credere nella pandemia. E qui di nuovo fa capolino il negazionismo e il complottismo.
Il forzato confinamento, dovuto al Covid-19, ha avuto tra le poche positività il merito di poter leggere e riflettere. Cito due libri, che anche se teoricamente lontani, parlano di pandemie: I promessi sposi (Manzoni 1827) e La peste (Camus 1947).
Analogie e raffronti tra quanto scritto dal Manzoni in termini socio/economici e quanto iniziato nella stessa Lombardia non sono possibili direttamente: condizioni igieniche e organizzazione sanitaria sono incomparabili, ma anche se con qualche forzatura possiamo vedere nella volontà/necessità di trovare il paziente zero con il soldato lanzichenecco che doveva controllare i tumulti di Milano, con il cittadino tedesco contagiato a Shangai nel corso di un incontro aziendale e successivamente venuto a contatto con italiani. Più stringente è l’iniziale non credere agli iniziali allarmi e avvisi di enti mondiali ed esperti del settore alimentata da una scarsa coordinazione tra Governo, Regioni e Comuni che ha trovato un terreno fertile nel qualunquismo e nella falsa interpetrazione del concetto di libertà. Il contagio si è rapidamente diffuso perché era primaria la necessità di andare a sciare, trasporti affollati, non deprimere l’economia e ancora un sistema sanitario pubblico in ginocchio da tempo.
I promessi sposi (A.Manzoni 1827)
La paura di restare senza cibo determina assalti ingiustificati ai forni viene descritta in maniera verosimile, e qui il paragone con quanto accaduto nei supermercati è lampante “scaffali vuoti”, per poi riempire i rifiuti di prodotti non utilizzati. Altre analogie: la ricerca dell’untore-oggi paziente zero; la mancanza di un’informazione per evitare la diffusione-ragioni politiche/militari erano prevalenti e bisognava fare assegnamento sulla Provvidenza-oggi economia di mercato e rapporti tra Stati; zone rosse, nomine di commissari straordinari, etc,etc.
La peste (A.Camus 1947)
Orano, Algeria francese, un giorno d’aprile 1947, il medico Rieux scopre il cadavere di un topo sul suo pianerottolo. Il portinaio, il signor Michel, pensa che siano dei burloni che si divertono a mettere topi morti all’interno dell’edificio. A mezzogiorno, Rieux accompagna alla stazione la moglie che, malata, parte a farsi curare in una città vicina. Alcuni giorni più tardi, un’agenzia di stampa annuncia che più di sei mila ratti sono stati raccolti quel giorno. L’allarme aumenta. Alcune persone iniziano a prendersela col sindaco. Quando, improvvisamente, il numero di cadaveri diminuisce, le strade tornano pulite, la città si crede salva; ma dopo un breve pausa, l’epidemia dilaga e dopo molte incertezze e lungaggini amministrative, le autorità sono costrette a chiudere la città. Isolamento e paura modificano rapidamente comportamenti collettivi ed individuali: difficoltà a comunicare con genitori o amici, vita lavorativa e giornaliera.
Cosa ci sta o dovrebbe insegnare il Covid-19?
Le pandemie si sono sempre diffuse le vie commerciali, ma oggi con la velocità dei trasporti e la quantità delle merci viaggianti, i pericoli di veicolazione di agenti patogeni non ha confronti con i secoli scorsi. Questa prima causa dovrebbe avere come effetto un maggiore controllo sull’import/export, ma anche e sopra tutto una equivalenza delle normative vigenti: non è concepibile che non vi sia una corrispondenza sui controlli di qualità e produzione degli alimentari tra paesi produttori anche limitrofi, per non parlare di paesi lontani. Abbiamo potuto constatare come l’inquinamento delle nostre città, la distruzione sistematica dei territori abbia influenzato la diffusione del virus, quindi sarebbe necessario provvedere a un più avveduto e utilizzo delle risorse naturali e a un maggiore rispetto per l’ambiente. Ciò non può passare se non una redistribuzione della ricchezza, vedi anche i richiami del Papa “Fratelli Tutti”.
La pandemia potrebbe avere importanti ripercussioni politiche indebolendo la legittimità delle istituzioni, e allora bisognerebbe che queste parlino con voci univoche dimenticando personalismi e linguaggi astrusi. L’autorevolezza è fondamentale, comporta un rapporto basato soprattutto sulla fiducia e sulla stima del valore e delle capacità che vanno dimostrate a ogni passo, non autoreferenziazione. Il rapporto Comuni, Regioni e Stato centrale: occorre fare chiarezza sulle responsabilità di ciascuno. Non è perseguibile un modello di responsabilità divise e che possono legiferare anche in contrasto, serve solo a disorientare il cittadino.
Si verificano frequentemente effetti psicologici e culturali che associano credenze catastrofiche, pseudo-religioni, superstizioni tutte che inneggiano a punizioni divine: malattie e morte sono strumenti di punizione, con unica possibilità per la salvezza per i credenti.
In tutto questo baillame, s’innesta facilmente l’odio per il diverso: l’immigrato, colui che professa una religione diversa, o pelle di altro colore porta il contagio.
Eppure, nonostante il parere di eminenti scienziati con dimostrazioni scientifiche basate su fatti e evidenze non di parte esiste una sola razza: la razza umana. A. Einstein, quando arrivò negli Stati Uniti nel 1933, agli impiegati dell’ufficio immigrazione che gli chiesero di scrivere sul modulo a quale razza appartenesse, scrisse “umana”. L’appartenenza ad una società è il senso di inclusione, la percezione del proprio valore personale ed è da considerarsi quale imprescindibile per il benessere perché l’individuo si senta coinvolto appieno nella nucleo ospitante e appartenente al nuovo paese. Abbiamo secondo dati del Ministero dell’Istruzione, anno scolastico 2018/2019, su oltre 8 milioni e mezzo di studenti nelle scuole italiane circa 860.000 allievi con cittadinanza non italiana, circa il 10%, e circa il 64% di questi stranieri di seconda generazione. Domanda immediata: perché questi non devono essere considerati italiani a tutti gli effetti? Come possono sentirsi appartenenti alla popolazione italiana? E’ ovvio che questi ragazzi/e non si possano sentirsi appartenenti né al nuovo, né al teorico paese di origine.
Occorre anche instillare, specie tra i giovani, il rispetto per l’altro, e la libertà individuale non deve mai prevalere sulla libertà e i diritti altrui: il non rispettare le norme di prevenzione significa non rispettare i diritti altrui. Essere possibile veicolo d’infezione per i propri cari, amici, non conoscenti è non rispettare gli altri, quindi basta atteggiamenti superficiali o di incredulità.
Avremo a breve la possibilità di vaccinazione, ma la immunogenicità, ossia la capacità di stimolare nell’uomo una risposta anticorpale specifica e sufficiente e il periodo di efficacia non sono ancora certe: quindi attenzione a non sentirsi protetti appena eseguita la vaccinazione ma seguire scrupolosamente le indicazioni degli esperti.
Claudio Cappabianca