L’Organismo Congressuale Forense, organo che esercita la rappresentanza politica dell’intera Avvocatura Italiana, chiede al Presidente incaricato Draghi un incontro urgente per discutere di Giustizia e di riforme in vista della formazione del nuovo Governo.
“La mole gigantesca dell’arretrato civile e penale, fenomeno aggravato dalla pandemia, sono il punto da cui partire, nel merito, per affrontare una riforma organica della Giustizia che finalmente metta seduti intorno a un tavolo tutti gli attori del processo, perché ciascuno, sia esso avvocato o magistrato, possa fornire il doveroso contributo alla soluzione dei problemi, affinché in Italia sia recuperata la civiltà della tutela dei diritti, soprattutto rispetto alle esigenze delle fasce più deboli della società, in questo momento storica di grande sofferenza”.
Così Giovanni Malinconico, Coordinatore dell’OCF, in una nota. “Lungi dal voler innescare una polemica sterile – spiega Malinconico – non possiamo non tenere a mente il fatto che ad esempio, in tutti i ministeri, non solo in quello della Giustizia, sono oltre 200 i magistrati distaccati. Un fenomeno questo che, inevitabilmente, condiziona da un punto di vista tecnico le scelte della Politica. Ci piacerebbe dunque che, nella fase della programmazione, la voce dell’Avvocatura fosse parimenti ascoltata nelle sedi in cui si decidono gli indirizzi politici da imprimere alla macchina dello Stato”.
“Non possiamo non far notare – prosegue poi la nota dell’OCF – che a proposito di programmazione, il modo in cui vengono affrontati i temi della Giustizia nella bozza di recovery plan circolata nelle settimane scorse è gravemente inadeguato. Eppure ben sappiamo, per averlo ascoltato da sempre ogni anno durante le Inaugurazioni dell’Anno Giudiziario, che i ritardi dei processi sono uno degli elementi che allontanano gli investimenti dal nostro Paese, tanto per dirne una”.
Eppure, continua Malinconico, “si continua ad andare avanti con interventi tampone che non risolvono nulla o magari con provvedimenti estremamente divisivi come la riforma della prescrizione. Ben altre sono le strade da intraprendere con assoluta urgenza, per l’adeguamento della Giustizia alle esigenze del nostro Paese. Faccio un esempio: la digitalizzazione della Giustizia, resa necessaria dalla pandemia, avrebbe potuto rappresentare un elemento di svolta del sistema in chiave positiva, capace di snellire una burocrazia lenta e farraginosa, se non fosse stata invece l’ennesima opportunità sprecata. La pandemia, infatti, è stata colta solamente come un’occasione per allontanare avvocati ed utenti dagli uffici giudiziari, divenuti così ancor più inaccessibili”.
E a proposito di uffici, “come dimenticare le condizioni pietose dei palazzi della Giustizia, con aule fuori norma, fatiscenti e talvolta addirittura pericolose? Né d’altra parte c’è solo la sconcertante – e ben nota – vicenda del Palagiustizia di Bari, in materia di edilizia giudiziaria, ma mille scandali relegati alle cronache locali e che solo gli operatori conoscono”.
Infine, ma non ultima, vi è la condizione di grande difficoltà economica dell’Avvocatura Italiana, la cui indipendenza e autonomia, anche economica, sono un baluardo imprescindibile della democraticità del nostro sistema di tutele.
“Di argomenti di cui parlare insomma ce ne sono molti – conclude Malinconico – ma siamo certi che il professor Draghi saprà porre mano ad essi ascoltando le voci delle varie anime che compongono il pianeta Giustizia, ormai da lungo tempo abbandonato a se stesso”.