Quattro imprese artigiane su cinque sono finite in profondo rosso nel 2020. Con picchi vicini alla totalità di imprese in perdita nei comparti che più hanno sofferto il confinamento, il distanziamento fisico, la drastica riduzione del commercio internazionale. Un autentico “annus horribilis” per i micro imprenditori. A rilevarlo, una indagine curata dal Centro Studi CNA, che analizza la contabilità di un campione di ben 12mila imprese con fatturato fino a cinque milioni di euro. E “che offre una fotografia precisa, settore per settore, dello stato di estrema difficoltà del comparto, confermando l’urgenza di una svolta nelle misure di sostegno. Tanto più di fronte a ulteriori restrizioni dettate dall’emergenza sanitaria”, come osserva Luigia Melaragni, segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia.
I dati raccolti evidenziano la necessità di una forte discontinuità nelle modalità di determinazione e nei tempi di erogazione degli aiuti rispetto agli interventi dello scorso anno. Ed è proprio questa la richiesta di CNA al governo: un nuovo sistema di aiuti pubblici.
In particolare, secondo la Confederazione, andrebbe evitata la tagliola del calo minimo di fatturato pari al 33%, che potrebbe escludere dagli indennizzi molte imprese che pure hanno subito un forte calo di giro d’affari, sostituendo tale strumento con un meccanismo a scalare che riduca il beneficio da una certa soglia fino ad annullarlo per i valori di perdita inferiori alla media.
In dettaglio, l’80,8% delle imprese artigiane della manifattura e dei servizi hanno registrato i conti 2020 in perdita, con un calo medio del fatturato pari al 27,2% rispetto al 2019.