La riforma del sistema giudiziario e il tema del blocco dei licenziamenti sono i due fronti che animano il confronto  tra i partiti che sostengono il governo Draghi

Lo scontro sulle riaperture e sul Pnrr è alle spalle. C’è da decidere sulla ripartenza delle discoteche con l’orientamento del governo di allargare le maglie a luglio, c’è da stabilizzare la campagna vaccinale e decidere al meglio le modalità per somministrare le dosi ai ragazzi, ma i fronti aperti nella maggioranza sono la giustizia e il lavoro.

In settimana dovrebbe esserci un Consiglio dei ministri. Fonti parlamentari parlano di un provvedimento sulle infrastrutture, ma non dovrebbero arrivate novità sui nodi più scottanti. Sulla giustizia sono attesi gli emendamenti del governo sulla  riforma del processo penale (alla Camera si va in Aula dal 25 giugno), sul processo civile (al Senato) e sul Csm (ci potrebbe essere uno slittamento) ma la fibrillazione cresce ogni giorno di più soprattutto dopo l’accelerazione di Matteo Salvini sul referendum e il possibile coordinamento tra le forze politiche del centrodestra sulla raccolta firme. I tempi delle riforme della giustizia e dei referendum della Lega e dei Radicali non sono strettamente legati uno con l’altro ma è chiaro che lo scontro in atto rischia di scaricare ulteriori tensioni sull’esecutivo. Ma in questo contesto sia Mario Draghi che il ministro Marta Cartabia sono considerati dalle forze politiche delle figure di terzietà.

La riforma della giustizia

Martedì il segretario dem Enrico Letta ha incontrato il Guardasigilli. Hanno convenuto che questo è il momento prezioso per portare avanti le riforme attese dai cittadini e dall’Europa. Il responsabile di via Arenula prosegue il giro di ricognizione per arrivare a una sintesi politica. E quella di oggi è stata l’occasione per fare il punto sui principali nodi sul tavolo. Letta punta a far si’ che si concluda una guerra trentennale tra politica e magistratura, con il principio ben saldo che riformare l’ordinamento giudiziario non significa ledere l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Al Nazareno c’è fastidio su come viene utilizzato il tema del garantismo: è di tutti, non si deve declinare a corrente alternata, il ‘refrain’. Il riferimento è soprattutto legato a chi appoggia i referendum della Lega e dei Radicali, concepito dal Pd come uno strumento per buttare la palla in tribuna e che cela anche una impropria – questa la tesi – caccia al magistrato. Il tema della giustizia va affrontato, a detta del segretario dem, senza partigianeria. Detto questo Letta si fida del ministro, ne riconosce il profilo di garanzia, è consapevole che le riforme che ha in mente Cartabia sono ambiziose. Nei gruppi parlamentari dem c’è fermento, soprattutto dopo la posizione personale di Goffredo Bettini. “Dobbiamo sbrigarci, non si può lasciare in mano a Salvini la visibilità sulla giustizia”, rimarca un ‘big’ dem. Ma è lo stesso Letta a stringere sui tempi: “Noi ci siamo. Aspettare e rinviare non è quello che ci vuole per una Giustizia più efficiente, rapida e giusta”.

In ogni caso il responsabile della Giustizia non è preoccupato per i referendum, soprattutto dopo la presa di posizione di Salvini che ha premesso di non voler muoversi contro l’operato dell’esecutivo. La convinzione nei gruppi parlamentari della maggioranza è che l’esecutivo sta prendendo tempo per mediare con i Cinque stelle sul tema della prescrizione.

Il blocco dei licenziamenti

Altra mediazione in corso nel governo e nella maggioranza è sul blocco dei licenziamenti. “Il rischio è che rimanga tutto com’è adesso. La Lega cambia posizione ogni minuto”, osserva un big dem. Pd e M5s premono per estendere il blocco dei licenziamenti ad alcuni settori. Non si sarebbe trovata ancora una soluzione ma probabilmente ci sarà qualche aggiustamento, riferiscono fonti informate al dossier. Una delle ipotesi è agire con un ulteriore decreto ma è probabile che sia il Parlamento ad assumersi la responsabilità. “Credo che ci siano note di eccessivo ottimismo, ci sono settori che soffrono e soffriranno, ecco perche’ è importante che ci sia piu’ cautela e piu’ strumenti”, afferma Andrea Orlando. “Se maturerà una volontà politica di costruire strumenti in più, credo sia un fatto positivo, altrimenti gestiremo questo passaggio con gli strumenti di cui disponiamo”, aggiunge il ministro del Lavoro sottolineando come anche il premier sia preoccupato per le possibili tensioni sociali a luglio. E attaccando Salvini che a suo dire “ha cambiato idee tante volte”.

Draghi-Landini

Il presidente del Consiglio Draghi martedì è tornato a vedere il leader della Cgil Maurizio Landini. Per il premier il faccia a faccia è stata l’occasione di estendere le condoglianze al mondo sindacale per la scomparsa di Epifani, figura apprezzata da tutte le forze dell’arco parlamentare. Ma è chiaro che il tema del blocco dei licenziamenti resta un argomento ‘caldo’. La posizione di Draghi è nota, ma non è solo il Pd a chiedere uno sblocco graduale e selettivo (ieri Letta ha incontrato i segretari di Cgil, Cisl e Uil che chiedono una proroga del blocco dei licenziamenti a fine ottobre). E’ pure il Movimento 5 stelle a invocare “una breve proroga del blocco dei licenziamenti”. I pentastellati oggi hanno visto Confindustria, auspichiamo un’accelerazione da parte del Governo sulla riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive. “Dal blocco dei licenziamenti si deve uscire con un sistema di ammortizzatori sociali che permetta a chi esce dal circuito produttivo di avere comunque un reddito ed essere assistito e riaccompagnato all’ingresso del mondo del lavoro non appena questo lo permetterà”, la posizione del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti.

Il governo Draghi punta tra l’altro a una estensione dei contratti di espansione per favorire le uscite in cambio delle assunzioni e gestire la situazione una volta che avrà termine il blocco dei licenziamenti e le aziende si troveranno a dover ristrutturare gli organici. Il contratto consente uno scivolo ai lavoratori più anziani per essere sostituiti con nuove leve e potrebbe essere utilizzato anche da aziende con almeno 100 dipendenti e non più 250.

(AGI)

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