Passa all’Archivio federale tedesco l’enorme massa di documenti che fotografa quella che è stata forse la più colossale attività di spionaggio mai realizzata nei confronti di un’intera popolazione
C’erano milioni di schegge di verità – spesso inconfessabili, quasi sempre sconvolgenti – in quella massa infinita di documenti che fotografavano, pagina per pagina, forse la più colossale attività di spionaggio mai realizzata nei confronti di un’intera popolazione. Sono gli archivi che contengono la totalità degli “atti della Stasi”, la famigerata polizia segreta della Ddr, immensa mole di carte e registrazioni che oggi – a oltre trent’anni dalla caduta del muro di Berlino – passa di mano, per essere acquisita e conservata dall’Archivio federale tedesco.
In pratica, è documentazione che si fa definitivamente storia, passaggio di una Germania che ha finito – almeno simbolicamente – di fare i conti con la cortina di ferro. Milioni di documenti, decine di migliaia di foto e di registrazioni realizzate durante il regime prima di Ulbricht e poi di Honecker, annotazioni di informatori segreti, resoconti di pedinamenti, intercettazioni e sospetti redatti in linguaggio burocratico dagli zelanti agenti dell’Msf (il ministero per la sicurezza dello Stato, ossia la “Staatsicherheit”, da cui il diminutivo Stasi).
Un Paese di spie
I numeri fanno impressione: si calcola che i “collaboratori” della Stasi erano più di mezzo milione, in generale le spie che erano infiltrate finanche nei condomini, nelle scuole, nelle fabbriche, nelle università. Secondo alcune stime, il numero degli informatori rispetto alla popolazione di quello che si definiva “Scudo e Spada del Partito” era di uno a sei.
Un numero tanto esorbitante che è quasi difficile crederci. Da quando gli atti della “Staatsicherheit” sono stati resi disponibile al pubblico, oramai oltre trent’anni fa, sono stati circa 3,5 milioni i tedeschi che hanno potuto vedere con i propri occhi le carte che documentavano le notizie che lo Stato aveva raccolto su di loro.
Storie anche drammatiche: mariti (o mogli) che scoprivano di essere stati spiati per tutta la vita dal coniuge, ex studenti che si trovavano dinnanzi la rivelazione che il loro arresto, tanti anni prima, era stato causato dalle “rivelazioni” dell’insegnante tanto amato, altri che scoprirono di aver avuto per anni le cimici in casa e che forse l’incidente capitato allo zio non fu un caso. Storie di dissidenti messi all’indice per essere stati agenti al soldo del regime, salvo scoprire che era stata la soffiata di un insospettabile a pilotare le accuse.
Un emblematico passaggio di consegne
Ebbene, l’Autorità che in questi trent’anni ha amministrato tutto questo immenso materiale da oggi non esisterà più. Un passaggio di consegne emblematico celebrato la sera del 17 giugno presso il Deutsches Historisches Museum, alla presenza della ministra della Cultura Monika Gruetters, dal presidente dell’Archivio federale Michael Hollman e dall’ex capo dello Stato tedesco Joachim Gauck, che sulle macerie ancora calde del Muro venne nominato primo incaricato del governo per gli Atti della Stasi.
“Abbiamo reso giustizia alle vittime e abbiamo costruito il ponte verso la prossima generazione”, ha detto l’attuale – e ultimo – responsabile dell’Autorità, Roland Jahn. “La struttura che abbiamo creato fa sì che questo lavoro possa continuare, e che anche in futuro gli atti della Stasi rimangano il simbolo della rivoluzione pacifica che ha portato alla caduta del Muro e alla riunificazione delle due Germanie”.
Il riferimento è anche al fatto che la documentazione continuerà a essere accessibile al pubblico e al fatto che i circa 1.300 impiegati dell’autorità passeranno all’Archivio federale. L’immensa massa di documenti, carte, minute e registrazione materialmente rimangono dove sono, ossia nel palazzo che ai tempi della Ddr ospitava il quartier generale della Stasi a Berlino, nel quartiere di Lichtenberg, nonché in altre 13 località della Germania dell’est.
Schegge di verità
Non è certo un caso se come data del passaggio sia stato scelto il 17 giugno: si tratta infatti dell’anniversario della grande rivolta popolare del 1953, i cui moti operai furono brutalmente repressi nel sangue. Partendo da una miriade di scioperi convocati per la terribile situazione economica del Paese, il 17 giugno quasi un milione di persone si riversò nelle strade in decine e decine di diverse città della Ddr, portando al blocco del lavoro e a proteste in praticamente tutti i centri industriali del Paese.
La reazione fu pesantissima: la protesta fu strangolata con durezza con l’aiuto dei cingolati sovietici, oltre 10 mila persone furono arrestate, il numero esatto delle vittime in strada e delle esecuzioni successive a tutt’oggi non è conosciuto.
Anche su questo episodio è dagli atti della Stasi che sono emerse le più importanti schegge di verità: i leader della Sed, il partito unico socialista della Ddr, erano stati colti di sorpresa. Nella propaganda di regime le proteste diventarono ben presto “un colpo di Stato fascista pilotato dall’Occidente”. I carri armati dell’Armata rossa fecero il resto.
Solo Mikhail Gorbaciov, molti anni dopo, ebbe il coraggio di buttare in faccia la verità a Honecker e ai capi della Stasi: “Chi arriva in ritardo sarà punito dalla storia” disse, il 7 ottobre 1989. Un mese e due giorni dopo, il Muro che aveva spaccato in due Berlino ed il mondo intero era caduto. Per sempre.
(Agi)